2022-03-10
I teorici del «non si tratta con Putin» ci hanno consegnato all’asse del male
Aver respinto ogni dialogo per fermare il conflitto ci porta a negoziare tra le macerie. Affidandoci a gente come Recep Tayyip Erdogan e Xi Jinping, che sono identici al nostro attuale nemico. E sono pronti a sfruttare la situazione.«Non si tratta con la pistola alla tempia». Parole di Giampiero Massolo, per cinque anni segretario generale del ministero degli Esteri e per quattro capo del Dis, ovvero del dipartimento che coordina i nostri servizi segreti. Massolo è un ex ambasciatore di rango, che conosce le armi della diplomazia e gli equilibri internazionali, così dall’alto della sua competenza esclude che si potesse trovare un’intesa con Vladimir Putin che consentisse di evitare l’invasione dell’Ucraina. «Le sue richieste erano inaccettabili», ha spiegato in un’intervista a Dagospia, «Voleva che gli ex Stati dell’Unione sovietica confinanti con la Russia non avessero sovranità nelle scelte internazionali e voleva riconosciuta l’annessione della Crimea e degli pseudo-staterelli di etnia russa che lui stesso ha creato». L’ambasciatore ha ragione: come si fa a sedersi al tavolo delle trattative con un tipo del genere, che pretende di imporre le sue decisioni con l’arroganza delle armi? Invece, aprire un negoziato con un tizio che ha invaso un Paese e bombardato decine di città, provocando la fuga di milioni di persone, si può. Perché è questo ciò che sta succedendo. Dopo che le anime belle hanno respinto qualsiasi patteggiamento che scongiurasse la guerra, ora che i carrarmati sono a pochi chilometri da Kiev e la popolazione è allo stremo, ora si tratta. Quello che fino a ieri, prima che le truppe di Mosca varcassero il confine, era inaccettabile - perché «non si tratta con la pistola alla tempia» - adesso non solo diventa possibile, ma lo stesso presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, apre uno spiraglio che consente di discutere di Crimea e degli staterelli.Eh sì, care anime candide, pronte a imbracciare la stilografica per combattere contro un dittatore che vuole dominare con la forza: ora è il momento della Realpolitik, ossia della concretezza. E se un nemico non lo puoi abbattere, perché il danno che ne deriverebbe sarebbe superiore ai vantaggi, occorre trovare una soluzione che eviti il peggio. E così eccoci qui, a trattare con la pistola alla tempia. Anzi, con il cannone puntato. Il brutto è che la negoziazione non la si avvia soltanto mentre abbiamo sotto gli occhi le città sventrate dalle bombe e i cadaveri dei civili per le strade, ma la affidiamo a tipi che non sono migliori dell’uomo che pretendiamo di combattere. Già: oggi siamo costretti a registrare un tentativo di mediazione affidato alle mani amorevoli di Recep Tayyip Erdogan, noto campione del rispetto dei diritti civili. Uno che incarcera gli avversari, tappa la bocca ai giornalisti, manda a bombardare i villaggi curdi, invade un pezzo di Siria per creare un’area cuscinetto attorno alla Turchia, cioè fa esattamente le stesse cose che fa Putin, ebbene sì, un tipo del genere, oggi è l’uomo a cui sono affidate le speranze di pace in Ucraina. Non so se i guerrafondai ipocriti, quelli che sono disposti a far morire gli altri per difendere i nostri principi, si rendono conto del vicolo cieco in cui si sono infilati e in cui, oltre all’Ucraina, hanno infilato anche l’Occidente e ogni Paese democratico. Siamo al paradosso che per fermare un dittatore ci affidiamo a un altro dittatore. Ma se per caso quest’ultimo fallisse, tranquilli, è già pronto un altro autocrate a cercare di mettere d’accordo i due litiganti. Infatti, sullo sfondo già si scalda i muscoli Xi Jinping, il quale non solo non vede l’ora di assumere un ruolo di potenza internazionale a tutto tondo, ma ha le mani che gli prudono dalla voglia di prendersi Taiwan e fare ciò che Putin ha fatto con la Crimea.La follia di quelli che dicono «non si poteva trattare con la pistola alla tempia» non è soltanto di aver spedito l’Ucraina a trattare con il cannone alla tempia, ma di aver unificato il fronte dei peggiori, i quali sognano di sconvolgere l’ordine mondiale dominato dall’Occidente e dall’America. Sì, care anime belle. Aver fornito armi all’Ucraina, illudendola di essere al suo fianco; aver chiuso il rubinetto delle transazioni finanziarie (senza pensare che il rubinetto del gas con cui ci riscaldiamo è nelle mani di Putin); aver minacciato di bloccare l’export del petrolio e anche nuove sanzioni, non ha fermato l’aggressione russa: sta solo portando alla nascita di un nuovo asse del Male, dove ognuno dei protagonisti pensa di ritagliarsi un proprio vantaggio, usando e sfruttando, se necessario, anche il Medioriente e l’Africa dove cinesi, turchi e russi sono ben presenti, al punto da aver finanziato altri dittatori e sostenuto altre guerre.Sì, questa è l’operazione di alta diplomazia che si sta compiendo davanti ai nostri occhi. Invece di capire anni fa, ma anche mesi fa, che bisognava evitare una nuova guerra fredda, siamo entrati senza esitazione in una guerra calda. E adesso uscirci non sarà facile, perché la pistola alla tempia, oltre all’Ucraina, ce l’abbiamo puntata anche noi.