
Amco, società del Tesoro per il recupero dei crediti deteriorati, rifiuta una grossa offerta per un complesso edilizio del gruppo Pessina. L’affare avrebbe sanato una forte esposizione verso Mps, ma gli «spazzini» preferiscono diventare immobiliaristi.Con la scusa del Covid e della crisi economica, dopo lo Stato banchiere e lo Stato industriale, ecco che arriva lo Stato immobiliarista. Nei giorni scorsi Amco, la società controllata dal ministero dell’Economia e delle finanze specializzata nella gestione dei crediti deteriorati, ha respinto l’offerta di un grosso investitore istituzionale nei settori del real estate e del credito per un complesso immobiliare a Roma Sud. Si tratta di una novantina di appartamenti da completare e di un terreno dove doveva sorgere un centro commerciale, di proprietà del gruppo Pessina. Un investimento bloccato dalla crisi e da controversie con il Comune. Pessina si era fatta finanziare, una decina di anni fa, dal Monte dei Paschi di Siena e ora si ritrova come creditore Amco, per una cifra di oltre 15 milioni di euro. Ebbene, la società del Tesoro, che si finanzia con i soldi dei contribuenti ed è guidata da Marina Natale, ha respinto la soluzione trovata da Pessina con una Sgr e ha deciso di tenersi immobili e terreni. Provvederà direttamente Amco a finire le case, venderle e definire con il Campidoglio la questione del centro commerciale. Insomma, da semplice «ripulitore» pubblico dei crediti marci delle banche, Amco passa all’azione anche come immobiliarista. le tappe della vicendaLa storia, raccontata alla Verità da chi ha partecipato a mesi di trattative (infruttuose), riguarda una lottizzazione ad Acilia, tra l’Eur e il mare di Ostia, iniziata una decina di anni fa. Il gruppo milanese Pessina, uno dei maggiori in Italia, aveva iniziato a costruire una novantina di appartamenti e aveva in mano anche un progetto, non ancora esecutivo, per l’edificazione di un centro commerciale. Su questo secondo progetto è aperto da tempo un contenzioso con il Comune di Roma, ora guidato da Roberto Gualtieri (Pd), che per ironia della sorte fino all’anno scorso è stato ministro del Tesoro e quindi conosce bene come opera (o dovrebbe operare) Amco. Per l’operazione su Acilia, la Pessina (tra l’altro ex editore dell’Unità) si era finanziata con il Monte dei Paschi, la «banca dei compagni». Ma ora si trova come creditore Amco, che ha salvato l’istituto di Rocca Salimbeni rilevando gran parte delle sue sofferenze. Il debito residuo con Amco oggi vale poco più di 16 milioni e per chiudere questa partita la Pessina aveva sondato il mercato dei grandi investitori professionali e istituzionali nei settori della proprietà immobiliare e del credito. L’ultimo che si era fatto avanti, un big privato, ha trattato per cinque mesi con Amco e alla fine aveva presentato la propria offerta per il compendio di Acilia: nove milioni di euro, ovvero più della metà del credito. Nel progetto, si prevedeva di ultimare gli appartamenti al costo di 2,5 milioni e con una remunerazione del capitale pari al 10%, nell’ambito di un accordo di ristrutturazione. E poi, con l’obiettivo di ricavare circa 10 milioni di euro dalle vendite degli immobili, era previsto un’ulteriore «premio» per il creditore. Il tutto, appunto, per un introito finale a favore di Amco pari a circa nove milioni, nel giro di quattro anni. Quando gli studi legali avevano già pronti tutti i contratti, Amco ha chiamato il gruppo Pessina e ha detto che invece preferisce la «datio in solutum», ovvero che il debitore venda gl’immobili al creditore in cambio della rinuncia al debito. Opzione legittima, naturalmente, se non fosse che questo nuovo cappello di Amco, per la sua natura di soggetto pubblico che si rifornisce di liquidità a costo zero, è decisamente distorsivo del mercato. Non avendo particolare fretta e non avendo azionisti che le chiedono di «performare» in tempi rapidi, come è emerso finora in decine di tavoli di crisi, Amco finirà per metterci una decina di anni per chiudere l’operazione e chissà se alla fine incasserà più di quei nove milioni che oggi rifiuta. Ma soprattutto, dovrà fare un mestiere non suo, ultimando gl’immobili, mettendo in regola tutte le pratiche e vendendoli uno a uno. Se lo farà male, sarà una diseconomia per lo Stato. Se lo farà bene, sarà comunque concorrenza sleale ai privati. Specialmente se riuscisse anche a sbloccare l’autorizzazione per il centro commerciale con un Comune guidato da Gualtieri, ovvero dal suo ex ministro vigilante.competizione distortaInsomma, a valle del già poco edificante film dello Stato che salva il Monte dei Paschi di Siena con i soldi dei contribuenti (mentre fa fallire altre banche), ecco che la sua società veicolo continua ad alterare la competizione in un mercato come quello delle grandi cartolarizzazioni, dal quale, non a caso, i big stranieri sono già scappati. E così, con operazioni come quella di Acilia, si usano soldi pubblici per comprare appartamenti da ristrutturare e rivendere, anziché investirli negli ospedali, nella rete di medicina territoriale, nelle scuole che cadono a pezzi e nei servizi pubblici essenziali. Poi c’è il fattore tempo, che per Amco sembra non contare mai nonostante sia una variabile decisiva nella valutazione di un credito. E lo si capirà nel corso dell’anno appena iniziato, quando bisognerà adeguare il valore reale dei miliardi di crediti che Amco ha rilevato dalle banche negli ultimi anni, a partire dalle popolari venete. La vendetta del mercato sarà proprio nell’adeguamento di questi valori di carico alla realtà circostante.
Bill Emmott (Ansa)
Giannini su «Rep» favoleggia di un mondo parallelo di complotti neri, mentre sulla «Stampa» Emmott minimizza il video manipolato di The Donald. Quando giova ai loro obiettivi, indulgono su bavagli e odio.
S’avanza la Cosa Nera. Un orrore primordiale simile all’It evocato da Stephen King, entità oscura che stringe la città di Derry nelle sue maligne grinfie. Allo stesso modo agiscono le «tenebre della destra mondiale» descritte ieri su Repubblica da Massimo Giannini, che si è preso una vacanza dal giornalismo per dedicarsi alla narrativa horror. E ci è riuscito molto bene, sceneggiando una nuova serie televisiva: dopo Stranger Things ecco Populist Things. Una narrazione ambientata in un mondo parallelo e totalmente immaginario in cui «populisti e estremisti deridono le istituzioni democratiche, avvelenano i nostri dibattiti, traggono profitto dalla paura». Un universo alternativo e contorto in cui «gli autocrati possono spacciare le loro verità alternative a community scientemente addestrate a un analfabetismo funzionale coerente con lo spirito del tempo».
Maurizio Landini (Ansa)
- Aumentano gli scontenti dopo il divorzio dalla Uil. Ma il leader insiste sulla linea movimentista e anti Meloni In vista di elezioni e referendum è pronto a imporre il fedelissimo Gesmundo come segretario organizzativo.
- Proteste contro l’emendamento che chiede di comunicare 7 giorni prima l’adesione.
Lo speciale contiene due articoli.
Da mesi, chi segue da vicino le vicende del sindacato e della politica economica del Paese si pone una domanda, se vogliamo banale: ma è possibile che di fronte alla trasformazione della Cgil in una sorta di movimento d’opposizione al governo, ai continui no rispetto a qualsiasi accordo o contratto di lavoro che possa coinvolgere la Meloni e a cospetto di un isolamento sempre più profondo, non ci sia nessuno che dall’interno critichi o comunque ponga qualche domanda a Maurizio Landini?
2025-11-16
Borghi: «Tassare le banche? Sostenibile e utile. Pur con i conti a posto l’Ue non ci premierà»
Claudio Borghi (Ansa)
Il senatore della Lega: «Legge di bilancio da modificare in Aula, servono più denari per la sicurezza. E bisogna uscire dal Mes».
«Due punti in più di Irap sulle banche? È un prelievo sostenibilissimo e utile a creare risorse da destinare alla sicurezza. Le pensioni? È passato inosservato un emendamento che diminuisce di un mese l’età pensionabile invece di aumentarla. La rottamazione? Alla fine, anche gli alleati si sono accodati». Claudio Borghi, capogruppo della Lega in commissione Bilancio del Senato e relatore alla legge di bilancio, sciorina a raffica gli emendamenti di «bandiera» del suo partito con una premessa: «Indicano una intenzione politica che va, poi, approfondita». E aggiunge: «Certo, la manovra avrebbe potuto essere più sfidante ma il premier Giorgia Meloni non ha fatto mistero di volerci presentare nella Ue come i primi della classe, come coloro che anticipano il traguardo di un deficit sotto il 3% del Pil. Io, però, temo che alla fine non ci daranno alcun premio, anche perché, ad esempio, la Bce ha già premiato la Francia che ha un deficit superiore al nostro. Quindi, attenti a non farsi illusioni».
Roberto Fico (Ansa)
Dopo il gozzo «scortato», l’ex presidente della Camera inciampa nel box divenuto casa.
Nella campagna elettorale campana c’è un personaggio che, senza volerlo, sembra vivere in una sorta di commedia politica degli equivoci. È Roberto Fico, l’ex presidente della Camera, candidato governatore. Storico volto «anticasta» che si muoveva in autobus mentre Montecitorio lo aspettava, dopo essere stato beccato con il gozzo ormeggiato a Nisida, oggi scaglia anatemi contro i condoni edilizi, accusando il centrodestra di voler «ingannare i cittadini». «Serve garantire il diritto alla casa, non fare condoni», ha scritto Fico sui social, accusando il centrodestra di «disperazione elettorale». Ma mentre tuona contro le sanatorie, il suo passato «amministrativo» ci racconta una storia molto meno lineare: una casa di famiglia (dove è comproprietario con la sorella Gabriella) è stata regolarizzata proprio grazie a una sanatoria chiusa nel 2017, un anno prima di diventare presidente della Camera.






