2020-06-07
I politici Peter Pan campano sulle menzogne
Il primo ministro norvegese, Erna Solberg (Ansa)
Il premier norvegese fa autocritica e ammette di aver ecceduto nelle pratiche di contenimento del virus. Ma da noi nessuno segue il suo esempio: si preferisce non guardare in faccia la realtà, come faceva l'eterno ragazzino sull'Isola che non c'è.Proviamo a semplificare la questione che assilla i gestori della politica di oggi e traspare nei discorsi dei vari imbonitori e professionisti del potere. Eccola: «Sarà meglio dire le cose come stanno, col rischio che la gente si arrabbi, o continuare a raccontare frottole, e intanto guadagnare tempo?» E concludono: «Meglio soprattutto non perdere lo stipendio da deputato, sperando che lo scorrere delle settimane e gli impegni quotidiani sistemino tutto». Chi è oggi al potere in Italia, dove è arrivato con le elezioni di due anni fa, prima che il mondo cambiasse, non ha nessun dubbio: meglio la frottola, anche se arrugginita dal tempo, accompagnata dallo stipendio. La verità è un lusso che pochi di essi osano permettersi. Nessuno, per dire, che faccia come la gentile e spontanea Erna Solberg, primo ministro norvegese, che è andata in televisione e ha ammesso tranquillamente: «Probabilmente ho preso troppe decisioni suggestionata dalla paura». Continuando: «Era davvero necessario chiudere le scuole? Forse no». E così via. L'Istituto norvegese per la sanità (Niph) ha precisato poi con franchezza: «Probabilmente avremmo raggiunto gli stessi effetti rimanendo aperti, senza i gravi e sfortunati problemi della chiusura, e rafforzando invece gli strumenti e misure di controllo». Vi immaginate un politico italiano, o i nostri scienziati-reginetti dello schermo dire qualcosa del genere? Certo i numeri italiani erano più alti di quelli della Norvegia. Però l'autocritica, e soprattutto la franchezza e l'anteporre la verità all'interesse o «bella figura» personale, mostrati dalla Solberg non sono il forte della nostra classe politica. Chi ne dubiti, dia un'occhiata ai discorsi di Giuseppi, quello che sta «scrivendo la storia» con Angela Merkel. Del resto, non c'è solo Erna Solberg a dichiarare tranquillamente verità ormai risapute. A parte la Svezia, che proprio per queste ragioni il lockdown non l'ha mai adottato, anche l'opinione pubblica inglese ha avuto forti ripensamenti sulla questione, anche se il sistema sanitario del Paese aveva tali carenze da rendere difficile un'azione diversa. Ormai però si alzano voci molto ascoltate, a denunciare lo «scandalo». Come fa l'impavida Sherelle Jacobs, editorialista del Daily Telegraph, che qualche giorno fa ha scritto: «Abbiamo fatto saltare in aria l'economia mondiale per perseguire un modello di lockdown che a quanto adesso appare sembra non aver funzionato affatto. Rivelarlo sarebbe un scandalo mondiale». Ma, aggiunge «questa rivelazione potrebbe però fornirci un momento di risanante illuminazione, mentre cerchiamo di salvare la nostra economia e di imparare a proteggere meglio chi ne ha bisogno». Ecco, questa capacità di autocritica e di mettersi in discussione è indispensabile quando si è nei guai fino al collo. E (non per fare propaganda al nostro giornale) questa è oggi la grande nostalgia di tutti: la Verità. Vivere tra versioni di comodo, mezze verità, finzioni esplicite (come quelle che si raccontavano i magistrati del Consiglio superiore nei loro messaggi) e numeri da circo, non è più possibile, soprattutto con una crisi economica senza precedenti (che come sempre è anche di civiltà e di cultura). La crisi, come la malattia, non ha bisogno di discorsi consolatori, ma della scoperta e denuncia del male, indispensabile alla cura. Sono quindi ormai tempi duri per le tirate delle retoriche politiche, di ogni parte: c'è un grande e condiviso bisogno di andare al sodo. È vero che - come sostengono i commentatori moderati - i ribellisti dovranno misurare atti e parole. Non solo perché lo Stato ha fatto in questi mesi passi da gigante verso il rafforzamento di controlli e punizioni (grazie agli strumenti autoritari messi in atto per la gestione dell'epidemia); ma anche perché quando manca il lavoro, e in prospettiva anche il cibo, la rabbia può suscitare nuove prudenze, magari provvisorie, che però qualche effetto lì per lì ce l'hanno. Anche i moderati comunque, dovranno fare attenzione a ciò che dicono e fanno. Riferire, ad esempio, ai valori dell'«Unità» una classe politica che da mesi (in realtà da anni) è divisa su tutto: quando chiudersi in casa, quando e come riaprire, cosa fare dei bambini (mandarli a scuola o no, blindarli in casa o farli giocare e studiare) - per non citare che alcune delle ultime e più recenti divisioni - ha sull'opinione pubblica un effetto straniante. E la gente, che si trova ad ascoltare cose che sono il contrario di ciò che tocca e vede ogni giorno, potrebbe perdere la pazienza.La disunione dell'Italia unita, soprattutto dalla Repubblica in poi è ormai narrata e documentata perfino sui libri degli storici più accreditati (anche se accuratamente evitata dai manuali scolastici), ed è inutile fingere di nulla. Anche su questa questione dunque, il declamatore retorico della realtà da promuovere al momento, qualsiasi età e posizione abbia, finisce col fare come Peter Pan che si ostina passare il suo tempo su Neverland, il paese-isola che non c'è, in un eterno infantilismo, con altri tipi infantilizzati e fumosi come lui, a parlare di cose inesistenti e fare perdere tempo agli altri, che invece vorrebbero studiare, lavorare, fare l'amore, anche andare in Chiesa. Insomma fare le cose della vita senza perdere tempo con fiabe, neppure di grande spessore. Ma allora perché lo fanno? Come mai vecchi e giovani retori non si annoiano e non gli viene da ridere, ad ascoltare le proprie usurate parole? Il problema della menzogna è stato studiato a fondo nel Novecento (secolo di colossali bugiardi e retori) da Joseph Gabel, psichiatra e filosofo marxista ostile al «socialismo reale» del regime sovietico. Il bugiardo - spiega Gabel - a parte l'evidente vena di schizofrenia, è in fondo un superficiale, uno che rimane nei ruoli e nelle forme senza interessarsi ai contenuti e strutture profonde della realtà. È il burocrate (lo segnalava già Max Weber), perenne difensore dell'esistente per mancanza di intensità morale e di capacità di immaginare un futuro diverso. In questo modo il bugiardo ferma l'evoluzione della storia e del tempo perché è sempre un difensore dell'esistente con tutte le sue storture. Come fu la classe dirigente sovietica e chi tra i comunisti europei la difese fino alla fine, come Giorgio Napolitano, poi nostro presidente della Repubblica e grande imbalsamatore della storia e dello sviluppo italiano. Ecco, tutto ciò non è più possibile con un milione di posti di lavoro distrutti dalla gestione confusa e opaca di un'epidemia. Aggravata da un fenomeno: l'inquinamento industriale dell'aria delle grandi aree e pianure del nord Italia, che procura da molti decenni più di 65.000 morti all'anno (più quelli del Covid-19 quest'anno) e di cui si conoscono da tempo le dimensioni e anche i possibili rimedi: ma non si fa nulla. I retori, e i bugiardi preferiscono parlare (e naturalmente incassare), che impegnarsi in un cambiamento. È più comodo e meno faticoso. Adesso però la musica è finita e gli amici se ne vanno. La gente vuole lavorare e vivere.
Nucleare sì, nucleare no? Ne parliamo con Giovanni Brussato, ingegnere esperto di energia e materiali critici che ci spiega come il nucleare risolverebbe tutti i problemi dell'approvvigionamento energetico. Ma adesso serve la volontà politica per ripartire.