2025-01-18
I pm: inseguimento a Ramy impeccabile
Per i pm non ci sarebbero state violazioni nel tentativo di bloccare lo scooter. E nel video diffuso da «Dritto e rovescio» i militari assistono i giovani dopo la caduta e allertano i soccorsi. Insomma: fanno il loro dovere.Le immagini non mentono mai. È impossibile: scene e parole impresse in un video restituiscono il film di una vicenda, le danno una profondità che un racconto orale non può avere: da questo possono nascere congetture, teorie più o meno strampalate che allontanano una vicenda dalla realtà. Ed è proprio questa profondità che le nuove immagini sulla morte di Ramy Elgaml, trasmesse giovedì sera in esclusiva da Paolo Del Debbio a Dritto e rovescio, riescono a fornire: si vede tutto quello che è successo dopo il terribile schianto, in via Ripamonti angolo via Quaranta a Milano, dello scooter su cui viaggiava Ramy e guidato dall’amico Fares Bouzidi.Per capire l’intera vicenda, però, bisogna partire dalla fine del filmato ripreso da una body cam indossata da uno dei carabinieri che ha inseguito per 20 minuti i due giovani tra le strade di Milano. Bouzidi è stato caricato sull’ambulanza arrivata nove minuti dopo l’incidente. La dottoressa a bordo del mezzo chiede: «Tu guidavi? Ti ricordi cosa è successo?», «Sentivo solo i carabinieri dietro e poi mi hanno sbattuto», risponde Fares che, alla domanda «Indossavi il casco?», risponde: «È volato mentre scappavo dai carabinieri». A questo punto si avvicina ancora il militare che gli chiede perché non si era fermato all’alt e lui risponde: «Non ho la patente». «Se ti fossi fermato, i carabinieri non ti avrebbero preso», sentenza la dottoressa.La folle fuga che ha causato la morte di Ramy è nata, dunque, per la paura del guidatore dello scooter di essere pizzicato senza documento. Ora, però, è bene tornare all’inizio del video. I carabinieri scendono dall’auto di servizio, si capisce che sono preoccupati per la sorte dei due ragazzi. Altro che «Per loro, la vita di chi inseguono non vale niente», per citare una delle tante accuse mosse negli ultimi giorni agli agenti. I carabinieri si chinano a prestare i primi soccorsi, un agente effettua il massaggio cardiaco su Ramy cercando di rianimarlo, altri si sono immediatamente occupati di stabilizzare Fares, cosciente. Vengono allertati i soccorsi, sono passati appena 57 secondi dall’impatto dello scooter: gli agenti esortano più volte l’arrivo dell’ambulanza, che giungerà sul posto dopo nove minuti. Fares chiede lumi le condizioni di Ramy ma i carabinieri, probabilmente per evitare di farlo agitare troppo, gli pongono altre domande. Il ventiduenne chiede agli agenti cos’è successo: «Sei caduto con lo scooter, siete caduti», spiega un militare.Le immagini riprendono poi in ospedale, dove arriva la notizia della morte di Ramy. Il carabiniere conclude: «La vita non è un gioco, non è la Playstation che scappi, poi se sbatti non paghi nulla. Quelli che hanno fatto l’inseguimento comunque sono traumatizzati. Una condotta del genere…». Il video diffuso da Dritto e rovescio racconta, dunque, un’altra verità rispetto a quella immaginata da un mese a questa parte da quanti (sinistra in testa, da Beppe Sala in su) hanno cercato di sfruttare la tragedia per dare contro alle forze dell’ordine, per sminuirle, per delegittimarle soffiando sulle violenze che sono scaturite nelle manifestazioni che si sono tenute in diverse città. Nessun carabiniere ha cercato di cancellare i video di quanto accaduto; i soccorsi sono stati allertati immediatamente; i militari si danno da fare per cercare di stabilizzare Fares e rianimare Ramy. «Fanno il loro mestiere», commenta il direttore della Verità, Maurizio Belpietro, ospite della trasmissione di Rete 4, «per quanto quelle persone a terra siano fuggite. Li hanno assistiti».Le immagini, dunque, sembrano gettare una luce del tutto diversa su quanto avvenuto la sera del 24 novembre scorso a Milano. «Io non giudico il pensiero di altri, su questa vicenda giudicherà l’autorità giudiziaria, segnalo che l’Arma ha consegnato tutti i video che riguardavano l’episodio», ha detto il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, ospite della trasmissione di Del Debbio. «La mia preoccupazione si fonda non solo sull’ultima vicenda, la tragedia che ha riguardato il giovane Ramy, ma anche su tutte le altre rivendicazioni che avevano preceduto le manifestazioni di piazza degli scorsi mesi dove, al variare delle motivazioni, si era registrata una tendenza dei manifestanti a essere molto aggressivi soprattutto nei confronti delle forze di polizia», ha concluso il titolare del Viminale. Nella stessa trasmissione Marta Collot di Potere al popolo ha affermato più volte che quello di Ramy è stato un «omicidio, è stato ammazzato chiaramente dai poliziotti», confondesi addirittura sulle forze dell’ordine in servizio. Ieri proprio la sinistra è scesa in piazza contro il ddl Sicurezza in diverse piazze italiane: a parte i soliti slogan sul «pericolo fascismo» e sulle «restrizioni dei diritti di libertà», tutto è filato liscio.Il vicepremier Matteo Salvini, ieri, ha commentato: «I carabinieri si preoccupano subito delle condizioni dei due ragazzi, accompagnano entrambi in ospedale. Insomma, agiscono in maniera esemplare». A certificarlo è giunta, ieri sera, anche la Procura di Milano, dalle cui indagini non è risultato che i carabinieri abbiano commesso violazioni o illeciti nel compiere l’inseguimento. In particolare, riferiscono le agenzie, non esistono protocolli operativi con prescrizione su quando e come mettersi all’inseguimento di un persona ritenuta sospetta. L’unica norma giuridica di riferimento è quella all’articolo 55 del Codice di procedura penale: «La polizia giudiziaria deve, anche di propria iniziativa, prendere notizia dei reati, impedire che vengano portati a conseguenze ulteriori, ricercarne gli autori, compiere gli atti necessari per assicurare le fonti di prova e raccogliere quant’altro possa servire per l’applicazione della legge penale». L’inseguimento messo in atto dai militari dell’Arma quella notte, riporta ancora l’agenzia, con tre pattuglie e sei uomini, rientrerebbe in questa attività prevista per la polizia giudiziaria.Intanto, sul fronte delle indagini, I pm Marco Cirigliano e Giancarla Serafini hanno sentito come persona informata sui fatti il carabiniere proprietario della bodycam da cui provengono i filmati trasmessi. L’audizione, da quanto si è appreso, si è concentrata sulla diffusione del video ai media. Gli inquirenti hanno delegato gli investigatori del nucleo investigativo ad acquisire il servizio andato in onda sulla rete Mediaset.
Giorgia Meloni ad Ancona per la campagna di Acquaroli (Ansa)
«Nessuno in Italia è oggetto di un discorso di odio come la sottoscritta e difficilmente mi posso odiare da sola. L'ultimo è un consigliere comunale di Genova, credo del Pd, che ha detto alla capogruppo di Fdi «Vi abbiamo appeso a testa in giù già una volta». «Calmiamoci, riportiamo il dibattito dove deve stare». Lo ha detto la premier Giorgia Meloni nel comizio di chiusura della campagna elettorale di Francesco Acquaroli ad Ancona. «C'é un business dell'odio» ha affermato Giorgia Meloni. «Riportiamo il dibattito dove deve stare. Per alcuni è difficile, perché non sanno che dire». «Alcuni lo fanno per strategia politica perché sono senza argomenti, altri per tornaconto personale perché c'e' un business dell'odio. Le lezioni di morale da questi qua non me le faccio fare».
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