2020-08-11
I partiti diffamati si ribellano e Conte corre a cambiare la norma
Dopo le minacce di querela, i «colpevoli» diventano tre. Ettore Rosato (Iv): «Noi estranei».I consiglieri danno il via alle autodenunce. Anita Pirovano, sinistra milanese: «Il gettone non basta». Altri casi a Trento e Ancona. Spunta un forzista gestore di alberghi.Lo speciale contiene due articoli.In cinque lo avrebbero richiesto ma sembrano solo tre i deputati che avrebbero incassato il bonus per le partite Iva messo a disposizione dal governo per fronteggiare la crisi innescata dal coronavirus. Tra i beneficiari, ci sarebbero due parlamentari della Lega e uno del M5s. E mentre all'Inps è stato avviato un audit interno per scoprire chi abbia fatto uscire la notizia, i renziani di Italia viva (inizialmente additati) si chiamano fuori. «Ho sentito Pasquale Tridico e mi ha rassicurato che non c'è nessun parlamentare di Iv che ha ricevuto il bonus. E comunque ho verificato con tutti: nessuno ha incassato nulla», ha dichiarato ieri Ettore Rosato, deputato e coordinatore nazionale del partito di Matteo Renzi, che però, in mattinata su Facebook era stato critico anche con l'Istituto di previdenza: «Questo modo di fare servizio pubblico da parte dell'Inps è barbaro. Invitiamo formalmente l'Inps a smentire la notizia del nostro coinvolgimento o a rendere pubblici i nomi». Le norme sulla privacy non consentono la diffusione degli elenchi dei beneficiari delle prestazioni dell'Inps, una regola che vale in questo, come in altri casi, hanno sottolineato fonti vicine all'Istituto di previdenza, che ne conoscono bene normative e regole interne, anche se sono usciti gli elenchi dei politici ma non quelli di altre categorie, dai notai agli architetti. Nel frattempo però il governo corre ai ripari e con il decreto Agosto metterà mano al bonus che non sarà più destinato ai liberi professionisti con partita Iva, bensì a una più ampia platea di lavoratori: dipendenti stagionali, intermittenti, dipendenti porta a porta, settore marittimo e autonomi privi di partita Iva. Il bonus da 1.000 euro invece non andrà solo ai lavoratori stagionali del settore turistico, degli stabilimenti termali e dello spettacolo ma anche ad altre categorie di lavoratori che fino a ora non hanno potuto percepire alcuna indennità economica. L'ex parlamentare Guido Crosetto, esponente di spicco di Fdi, pur considerando i cinque furbetti dei «cialtroni che fanno pena», ieri ha sottolineato su Twitter che però «avevano diritto a quel bonus perché la legge del governo presieduto da Giuseppe Conte era scritta con i piedi, non prevedendo un tetto». Sul provvedimento la difesa di Antonio Misiani, viceministro dem dell'Economia è debole: «C'è stata una discussione e si è scelta la strada più rapida, evitando di chiedere ulteriori documentazioni ai contribuenti».A chiedere invece i nomi dei cinque, diventati ormai tre, è Luigi Di Maio, che si è detto pronto ad aderire «all'idea lanciata da Vito Crimi sulla rinuncia alla privacy, così da autorizzare l'Inps a pubblicare i nomi». Il reggente del M5s infatti vorrebbe invitare tutti i parlamentari pentastellati a sottoscrivere una dichiarazione per autorizzare l'Inps a fornire i dati, perché «un fatto così grave non può passare senza conseguenze». Secondo Di Maio i nomi vanno resi pubblici perché gli italiani hanno il diritto di sapere chi ha tradito la loro fiducia. «Questa gente non deve più avere l'occasione di rivestire una carica pubblica. Deve essere allontanata dallo Stato, deve essere punita». «Il sentiment è pesante, i cittadini dicono fuori i nomi. E penso che i cittadini debbano essere ascoltati», ha affermato il presidente del Veneto, Luca Zaia, il quale fa «appello a tutte le forze politiche: è fondamentale chiarire la vicenda, perché viene meno la credibilità di tutta la classe dirigente. Se iniziamo a trincerarsi dietro alla privacy non ne veniamo più fuori. Nel mio partito il segretario, Salvini, è stato chiaro indicando la sospensione che apre uno scenario peggiore. La sospensione è già un atto importante: si chiede di fare un passo a lato. E visto il fronte delle candidature, vuol dire perdere quel treno. Se fosse per me quella persona non la candiderei». Dopo i rumors, sul fronte Lega è il deputato Mario Lolini a smentire di essere uno dei due leghisti che hanno percepito il bonus e aggiunge che neppure le sue aziende hanno mai fatto richiesta del bonus da 1.000 euro, che spettava alle imprese agricole. <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/i-partiti-diffamati-si-ribellano-e-conte-corre-a-cambiare-la-norma-2646942602.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="nei-comuni-ce-chi-ci-mette-la-faccia" data-post-id="2646942602" data-published-at="1597092613" data-use-pagination="False"> Nei Comuni c’è chi ci mette la faccia Non ci stanno a essere considerati «furbetti del bonus» e iniziano ad autodenunciarsi. Anche perché, tra gli amministratori locali che hanno chiesto il bonus, ci sono anche quelli di Comuni piccoli e piccolissimi, dove la politica non può essere un lavoro. La prima a uscire allo scoperto è stata Anita Pirovano, consigliere comunale di Milano per la lista di sinistra Milano progressista, che ha scritto su Facebook: «Mi autodenuncio. Non vivo di politica perché non voglio e non potrei... Qualcuno mi spiega perché da lavoratrice, e la politica non è un lavoro per definizione, non avrei dovuto fare richiesta di una misura di sostegno ai lavoratori perché faccio anche politica?». La Pirovano, che ha spiegato anche di avere un mutuo e una figlia da mantenere, ha anche provato a spiegare la differenza tra la situazione di un parlamentare e quella di chi fa politica nel territorio: «Fra i coinvolti ci sarà anche il sindaco di qualche piccolo Comune che con una grandissima responsabilità pubblica e un'indennità di poche centinaia di euro annue, accomunato ai parlamentari o ai consiglieri regionali dal comune impegno politico ma non dal conto in banca». A ringraziare, sempre via social, la collega è Jacopo Zannini, consigliere comunale di Trento, che ha fatto richiesta del bonus: «L'indennità mensile del primo cittadino di un piccolo Comune non è nemmeno lontanamente paragonabile a quella di un deputato. Si tratta di cifre modeste che variano in base al numero degli abitanti. Anche io non vivo di sola politica, pago l'affitto ogni mese e per marzo e aprile sono rimasto senza lavoro e ho chiesto i 600 euro visto che con i gettoni di presenza non sarei arrivato a fine mese... ed è giusto rivendicarlo». Non meno indignato Francesco Rubini, consigliere di Ancona, che attacca: «Sono un giovane avvocato precario. Percepisco gettoni di presenza per una media di 600/700 euro al mese per gestire commissioni, sedute del consiglio, rapporto con i cittadini, incontri sul territorio e tutto ciò che concerne il ruolo. Adesso, cari populisti da strapazzo, odiatori di professione, leoni da tastiera e buffoni vari, venite a prendermi per processarmi in pubblica piazza nella vostra ridicola guerra contro “i politici ladri". Vi aspetto a braccia aperte». «No all'antipolitica che passa su tutto», ha rincarato la dose Marco Bussone, presidente dell'Uncem, Unione nazionale dei Comuni, delle comunità e degli Enti montani, nonché consigliere di Vallo Torinese (750 abitanti), che reputa «assurdo e grave equiparare parlamentari e sindaci di piccoli centri. Nei piccoli Comuni, ma anche in enti fino a 15.000 abitanti, i sindaci sono poco più che volontari. Carichi di responsabilità e di impegni, con indennità che coprono a malapena le spese di viaggi e spostamenti sul territorio». Anche tra i consiglieri regionali spuntano le prime ammissioni. In Friuli, il forzista Franco Mattiussi, imprenditore del settore alberghiero, non si tira indietro: «Ho usato il bonus per far quadrare i conti aziendali, che comunque andavano saldati».