
Alcuni attivisti hanno lanciato su Twitter la campagna «Io cambio», che chiede di posizionare il fasciatoio anche nei bagni degli uomini. Servirebbe soprattutto ai genitori maschi etero, ma se ne parla soltanto come diritto delle coppie omosessuali.I padri eterosessuali? Ci si può tranquillamente sputare sopra. I padri omosessuali? Benché siano una percentuale letteralmente microscopica della genitorialità, meritano tutti gli onori. Almeno, questo è il messaggio della campagna #Iocambio, ripresa con toni baldanzosi da varie testate progressiste tra cui Huffington post e Repubblica. Lanciata dal blog Onalim - Milano al contrario, è stata presentata come «una campagna per chiedere i fasciatoi anche nei bagni degli uomini». Giusto. È da tempo superata la triste e vecchia concezione del padre ridotto soltanto a lavorare come un mulo tutto il giorno per mantenere la moglie e una prole che poi gli risulta sconosciuta dal punto di vista emotivo.Oggi il papà è un punto di riferimento affettivo pari alla madre. Frequenta il corso preparto, assiste al parto, allatta il neonato col biberon, gli racconta le fiabe, lo spinge a passeggio nel passeggino e gli cambia i pannolini. È quindi sensato che i fasciatoi nei locali pubblici vengano inseriti anche nei bagni maschili e si superi definitivamente la convenzione che li vuole solo nei bagni femminili. Peccato, però, che questa lotta non sia mai stata combattuta per le coppie eterosessuali, che nell'ultimo censimento Istat (2011) risultavano essere il 99,95%. E che sia invece diventata una «battaglia di civiltà» solo nel momento in cui all'oceano dei padri etero si è affiancata la goccia delle coppie gay maschili, che per lo più hanno procreato in affitto altrove e poi hanno trasportato il figlio qui. Sono decenni che il processo di parità di diritti e doveri tra uomini e donne eterosessuali è in corso nel nostro Paese. Ma gli attivisti di sinistra si sono resi conto che al papà poteva far comodo il fasciatoio nei bagni solo quando la figura del papà ha assunto la connotazione «arcobaleno». La campagna #Iocambio è nata il giorno in cui Isabella Musacchia di Onalim ha scoperto che un locale di Milano non distante dalla fermata metropolitana di Porta Venezia (quella che resterà addobbata con l'arcobaleno dipinto in occasione del Gay pride), ha il fasciatoio «solo» nel bagno degli uomini.«Mi si è accesa una lampadina quando ho visto che ad Hug, un bar nel quartiere Nolo di Milano, il fasciatoio era stato messo solo nel bagno degli uomini», ha spiegato la Musacchia. «Le ragazze che lo gestiscono avevano fatto il contrario di quello che si trova altrove. Da allora ho fatto caso che, quando c'è, lo spazio per cambiare il pannolino è quasi sempre nel bagno delle donne, al massimo nello spazio comune. Mi è sembrato un bel punto di partenza per parlare di parità di genere e diritti delle famiglie arcobaleno».In realtà, un fasciatoio posizionato solo nel bagno degli uomini non è parità di genere. Se il pannolino vuol cambiarlo la mamma, nel locale Hug non può farlo: può solo il papà. Questa cosa è discriminatoria anche nei confronti delle coppie rainbow composte da due donne, perché solo la coppia di genitori arcobaleno maschi può cambiare il pannolino al piccolino. I progressisti si atteggiano a giudici supremi capaci di rimodellare il mondo in chiave inclusiva.Ma, ogni volta, i loro interventi non eliminano le discriminazioni. Semplicemente, le ribaltano contro la maggioranza. La cronaca politica di questi anni è piena di esempi: il movimento Me Too si fregia di esistere a nome di tutte le donne e poi denuncia solo le molestie Vip capitate ad attrici ed attricette morte di fama. Sulla povera anziana italiana stuprata dall'immigrato che ha cinquant'anni meno di lei o sulla giovane italiana che si è dovuta difendere da un tentativo di stupro con lo spray al peperoncino (e di cui tutti abbiamo visto il drammatico video delle telecamere di sorveglianza), invece, non una sillaba. Perché la balla che il patriarcato sia una pregnante questione occidentale - mentre è eccezione e non regola da un pezzo - non si deve smentire. Identico discorso per il femminicidio: tiene banco come tema femminista, ma sull'assassinio per motivi passionali perpetrato da musulmani o da donne o da gay e lesbiche ai danni dei propri partner ed ex partner non si dice una parola, altrimenti si demistifica la narrazione che solo il maschio eterosessuale bianco si tramuti in orco in nome di un amore insano.Non poteva essere altrimenti: nel momento in cui i Pappagone della politica (Pappagone era l'aiutante del commendator De Filippo, interpretato da Peppino de Filippo: ogni volta che faceva qualcosa combinava un disastro) si premurano di riformare in chiave paritaria la disposizione del fasciatoio, ecco che i padri eterosessuali (la stragrande maggioranza dei padri italiani) diventano Calimero.Mentre il padre gay, (percentualmente raro come il Gronchi rosa) si trasforma nel motivo della battaglia. I padri etero ringraziano per la solita discriminazione. Forse davvero c'è da fare qualche intervento sui bagni, ma riguarda senz'altro i prodi attivisti di casa nostra. Più che di un fasciatoio nella toilette, costoro avrebbero bisogno di un lungo e corroborante bagno nell'autocritica.
Antonio Scoppetta (Ansa)
- Nell’inchiesta spunta Alberto Marchesi, dal passato turbolento e gran frequentatore di sale da gioco con toghe e carabinieri
- Ora i loro legali meditano di denunciare la Procura per possibile falso ideologico.
Lo speciale contiene due articoli
92 giorni di cella insieme con Cleo Stefanescu, nipote di uno dei personaggi tornati di moda intorno all’omicidio di Garlasco: Flavius Savu, il rumeno che avrebbe ricattato il vicerettore del santuario della Bozzola accusato di molestie.
Marchesi ha vissuto in bilico tra l’abisso e la resurrezione, tra campi agricoli e casinò, dove, tra un processo e l’altro, si recava con magistrati e carabinieri. Sostiene di essere in cura per ludopatia dal 1987, ma resta un gran frequentatore di case da gioco, a partire da quella di Campione d’Italia, dove l’ex procuratore aggiunto di Pavia Mario Venditti è stato presidente fino a settembre.
Dopo i problemi con la droga si è reinventato agricoltore, ha creato un’azienda ed è diventato presidente del Consorzio forestale di Pavia, un mondo su cui vegliano i carabinieri della Forestale, quelli da cui provenivano alcuni dei militari finiti sotto inchiesta per svariati reati, come il maresciallo Antonio Scoppetta (Marchesi lo conosce da almeno vent’anni).
Mucche (iStock)
In Danimarca è obbligatorio per legge un additivo al mangime che riduce la CO2. Allevatori furiosi perché si munge di meno, la qualità cala e i capi stanno morendo.
«L’errore? Il delirio di onnipotenza per avere tutto e subito: lo dico mentre a Belém aprono la Cop30, ma gli effetti sul clima partendo dalle stalle non si bloccano per decreto». Chi parla è il professor Giuseppe Pulina, uno dei massimi scienziati sulle produzioni animali, presidente di Carni sostenibili. Il caso scoppia in Danimarca; gli allevatori sono sul piede di guerra - per dirla con la famosissima lettera di Totò e Peppino - «specie quest’anno che c’è stata la grande moria delle vacche». Come voi ben sapete, hanno aggiunto al loro governo (primo al mondo a inventarsi una tassa sui «peti» di bovini e maiali), che gli impone per legge di alimentare le vacche con un additivo, il Bovaer del colosso chimico svizzero-olandese Dsm-Firmenich (13 miliardi di fatturato 30.000 dipendenti), capace di ridurre le flatulenze animali del 40%.
Matteo Bassetti (Imagoeconomica)
L’infettivologo Matteo Bassetti «premiato» dal governo che lui aveva contestato dopo la cancellazione delle multe ai non vaccinati. Presiederà un gruppo che gestirà i bandi sui finanziamenti alla ricerca, supportando il ministro Anna Maria Bernini. Sarà aperto al confronto?
L’avversione per chi non si vaccinava contro il Covid ha dato i suoi frutti. L’infettivologo Matteo Bassetti è stato nominato presidente del nuovo gruppo di lavoro istituito presso il ministero dell’Università e della Ricerca, con la funzione di offrire un supporto nella «individuazione ed elaborazione di procedure di gestione e valutazione dei bandi pubblici di ricerca competitivi».
Sigfrido Ranucci (Imagoeconomica)
- La trasmissione lancia nuove accuse: «Agostino Ghiglia avvisò Giorgia Meloni della bocciatura del dl Riaperture». Ma l’attuale premier non ebbe alcun vantaggio. Giovanni Donzelli: «Il cronista spiava l’allora leader dell’opposizione?». La replica: «Sms diffusi dal capo dell’autorità».
- Federica Corsini: «Contro di me il programma ha compiuto un atto di violenza che non riconosce. Per difendersi usa la Rai».






