2020-09-25
I grillini dissidenti a rischio purga minacciano la causa al Movimento
Luigi Di Maio e Alessandro Di Batttista (Alessandra Benedetti - Corbis:Corbis via Getty Images)
Gli otto ribelli del No accusati di aver violato il codice etico. E nel caos del partito spunta l'idea della cabina di regia. Tanto tuonò che non piovve: la tanto attesa assemblea congiunta dei parlamentari del M5s si rivela più che altro una seduta di psicoterapia di gruppo. Assenti i big o presunti tali (non hanno partecipato, tra gli altri, Luigi Di Maio, Alfonso Bonafede, Stefano Patuanelli, Laura Castelli, Stefano Buffagni e Riccardo Fraccaro, convocati a palazzo Chigi dal premier Giuseppi Conte per una riunione sul 5G. Forfait anche da parte del presidente della camera, Roberto Fico. Tiene banco intanto la «grana» degli otto parlamentari, sei deputati (Andrea Colletti, Rina Valeria De Lorenzo, Mara Lapia, Elisa Siragusa, Andrea Vallascas e uno di cui non si conosce l'identità) e due senatori (Matteo Mantero e Marinella Pacifico) che rischiano l'espulsione dopo essere stati raggiunti dalla notifica di un procedimento disciplinare da parte del Collegio probiviri del M5s, composto da Raffaella Andreola, Jacopo Berti e dal ministro della Pubblica amministrazione Fabiana Dadone. La ragione della diffida piombata sul groppone di questi parlamentari è il loro sostegno al «No» al referendum sul taglio dei parlamentari. La vicenda sta diventando assai spinosa, per diverse ragioni. La prima è puramente aritmetica: Mantero e la Pacifico sono senatori, e a Palazzo Madama la maggioranza è già assai risicata. Due espulsioni metterebbero in difficoltà la sopravvivenza stessa del governo. La seconda, che la Verità è in grado di rivelare, è che gli 8 diffidati starebbero valutando di ricorrere contro il procedimento disciplinare in sede civile, chiedendo un risarcimento simbolico di un euro. Un manipolo di deputati grillini che trascina in tribunale il M5s e la Casaleggio Associati sarebbe un vero e proprio boomerang politico e mediatico, che affosserebbe ancora di più, se possibile, i pentastellati.Quanto accaduto ha dell'inverosimile. I provvedimenti dei probiviri sono stati inviati ai parlamentari diffidati ai sensi dell'articolo 11, comma A, dello Statuto, che recita così: «Gli iscritti al Movimento 5 Stelle possono essere sottoposti a sanzioni disciplinari per il venir meno dei requisiti di iscrizione e per la violazione dei doveri stabiliti dal presente Statuto e dal Codice Etico». «Risultano note a questo Collegio», recita il provvedimento indirizzato agli otto parlamentari, «Sue pubbliche esternazioni volte a dissociarsi dalle politiche del Movimento 5 Stelle. In particolare si evidenzia la promozione del voto contrario nell'ambito del referendum costituzionale tenutosi il 20/21 settembre 2020 inerente alla riduzione del numero dei parlamentari, tema che ha fatto parte del programma elettorale, condiviso e votato, del Movimento 5 Stelle. In considerazione di quanto premesso», si legge ancora, «questo Collegio non può esimersi dal chiederle spiegazioni e la avverte che è in sua facoltà far pervenire memorie scritte ed eventuale documentazione a sostegno delle sue ragioni entro il termine perentorio di 10 (dieci) giorni naturali consecutivi dalla data di invio della presente delibera di avvio del procedimento disciplinare».I dissidenti sono orientati a inviare la memoria difensiva, nella quale faranno notare che, incredibile ma vero, al contrario di quanto affermano i probiviri, il taglio dei parlamentari non compare nel programma del M5s, depositato e consultabile sul sito del ministero dell'Interno, neanche al punto 5, «Tagli agli sprechi e ai costi della politica»; fa parte invece nel programma della Lega, al capitolo 9, «Più autonomie territoriali, migliore governo centrale». Gli 8 diffidati, dunque, non solo con ogni probabilità faranno causa al M5s, ma risponderanno punto su punto ai rilievi mossi dai probiviri, si appelleranno al Capo dello Stato Sergio Mattarella e al premier Giuseppe Conte, e faranno notare come, oltretutto, uno dei probiviri sia un ministro, la Dadone, che firmando questo atto andrebbe a rendersi protagonista, secondo loro, di una indebita pressione da parte del potere esecutivo su quello legislativo. Un bel pasticcio.Tornando alla riunione di ieri, il reggente Vito Crimi ha presentato tre proposte ai parlamentari pentastellati: la votazione, su Rousseau, di un capo politico unico; una leadership collegiale, da votare sempre online ma dopo il cambio dello Statuto; un percorso, che parte dai territori, per gli Stati generali. La riunione è andata avanti per le lunghe, fino a tarda sera, ma l'orientamento della maggioranza dei parlamentari sarebbe quello di accettare la proposta di una leadership collegiale. Si tratterebbe di un «Comitato centrale» composto da dieci persone: due deputati, due senatori, due parlamentari europei, due consiglieri regionali e due rappresentanti dei Comuni, che valuterebbe la strategia politica del M5s in attesa della convocazione degli Stati generali, che slitterebbero di alcuni mesi.Prima che iniziasse la riunione, la corrente interna di «Parole guerriere», composta da circa 30 parlamentari tra i quali la deputata Danila Nesci, il presidente della Commissione Affari costituzionali Giuseppe Brescia e il sottosegretario agli Interni Carlo Sibilia, hanno chiesto a Vito Crimi di «evitare ulteriori improvvise votazioni sulla piattaforma Rousseau e abbandonare definitivamente la stagione dei caminetti, che, senza trasparenza ed in luoghi non consoni, determinano la vita o la morte del M5s». I parolai guerrieri ritengono che i tempi siano «maturi per un confronto interno palese e senza infingimenti».