2021-05-16
I giardini del castello della principessa Sissi
A Merano, il verde della magione che ospitò Elisabetta di Baviera rappresenta un curioso ibrido che unisce le più rigorose selezioni botaniche a una miscela di mari e monti, arbusti locali ed esotici. E in fondo è proprio questo a creare la magia che circonda il luogo.Cosa pensate quando vi trovate davanti agli occhi la parola Merano? A me viene sempre da pensare anzitutto a dove si trovi: lassù, ma è in Italia o in Austria? O in Svizzera? No, è in Italia, ma in Trentino o in Alto Adige? Chi ci è stato o ci va ogni tanto lo sa benissimo ma gli altri potrebbero in effetti nutrire più di un dubbio. Molti, quando pensano a Merano pensano alla principessa Sissi, la celebrata splendida principessa austriaca che venne interpretata al cinema da Romy Schneider. Qui la vera principessa venne in vacanza per quattro volte ed esiste un sentiero, la Sissi Weg, che attraversa la cittadina e ripercorre il suo cammino, fra il centro e il castello di Trauttmansdorff dove alloggiò. Il cercatore d'alberi monumentali invece conosce Merano anzitutto per l'incredibile concentrazione di sequoie secolari che qui decorano giardini pubblici e privati, con esemplari che sono stati messi a dimora sul finire del XIX secolo. La maggiore di queste trionfava negli spazi dei giardini di Villa Mathilda che è in fase di restauro, ma nel 2013 essa venne abbattuta a causa di una avanzato stato di degenerazione. La sua circonferenza a petto d'uomo toccava i nove metri, una delle maggiori della regione. Ovviamente c'è chi viene a Merano per le terme, chi viene per la birra, chi viene per il vino, chi viene semplicemente perché piace ed è una cittadina circondata da molti luoghi da visitare. Alla fine degli anni Ottanta dello scorso secolo inizia a circolare l'idea di realizzare nuovi giardini per rilanciare il castello di Trauttmansdorff, coinvolgendo alcune delle personalità culturali e politiche della regione, quali il futuro presidente della provincia, il sindaco e vari progettisti. Nel 1994 iniziano i lavori di realizzazione che ovviamente prevedono un budget consistente, primo ostacolo al progetto. Nel 2001 i giardini aprono al pubblico e in 20 anni diventano la maggiore attrazione turistica della città. Una scommessa vinta, prima dell'era covid si era raggiunta l'impressionante soglia dei 2.000 visitatori al giorno. Dodici ettari, sette chilometri di sentieri, quattro aree tematiche: i boschi del mondo, i giardini del sole, i giardini acquatici e infine paesaggi dell'Alto Adige. Una ottantina di ambienti e 5.800 varietà di specie vegetali, giochi per bambini e adulti e stazioni multisensoriali. Tutto viene adeguatamente curato e d'altronde nella struttura lavorano molte persone, tutte specializzate, dai tecnici a coloro che accolgono i visitatori agli uffici stampa. Non proprio il modello in voga nel nostro Paese, ma d'altronde, lo sappiamo l'Alto Adige segue una via distinta. Dovremmo prendere spunto? Ma certo.Ogni visitatore può seguire la propria indole e conoscere un puzzle di giardini a propria misura. Quel che andrò a riportare è il frutto di una visita di alcuni anni fa che il lettore di questa rubrica potrebbe tentare di seguire, o comunque di mantenere come una sorta di canovaccio, una semplice indicazione di opportunità.Le tabelle sono un punto di forza: ciascuna è stata accuratamente documentata, i testi non sono come altrove la mera e scontata ripetizione di quel che si deve in qualche modo a malapena sapere. Le informazioni sono elaborate e questo di certo appaga il visitatore curioso e attento.Costante richiamo per l'intero cammino è un laghetto in miniatura al centro dei giardini, la Vasca della Ninfa che indica i giardini detti del sole. Qui in primavera fioriscono 400.000 tulipani, che scritto fa impressione, immaginateli davanti ai vostri occhi. Un ulivo indica la vocazione di quest'area, l'hanno stimato in 700 anni ma mi pare una cifra esagerata, anche perché il suo tronco misura appena 340 cm a petto d'uomo. Venne esportato nel 2006 dalla Sardegna, un peso globale pari a 5,8 tonnellate. A naso forse questa era una spesa evitabile…Il padiglione accanto al lago in estate viene aperto ma nei mesi più rigidi ospita una collezione notevole di piante grasse, fra le quali alcune agavi gigantesche che ricordano i paesaggi mediterranei della Costa Azzurra o della Spagna. Un labirinto di siepi di tasso, ovviamente non è paragonabile a quelli delle ville venete ma col tempo assumerà il suo fascino.Il bosco asiatico è rappresentato da ippocastani nipponici e boschetti di bambù; il bosco nordamericano da tassodi o cipressi delle paludi e sequoie californiane. Le serre accolgono e proteggono molte piante esotiche, dai ficus alla Ravenala madagascariensis, detta palma del viaggiatore, con le sue larghe foglie disposte a raggiera, presenza tipica delle collezioni da orto botanico; quindi piante di semi e frutti che noi usiamo in cucina, come zenzero, vaniglia, cannella, cacao. Un centinaio di diverse varietà di orchidee e felci. Alberi che si credevano estinti ed invece sono ancora fra noi: la metasequoia cinese, la wollemia nobilis australiana, il gingko asiatico, ovvero le specie che qualcuno indica con la curiosa dicotomia di «fossile vivente». Una voliera, teche di insetti, ciliegi giapponesi per ammirare anche a queste latitudini il fenomeno oramai globale dell'hanami, ovvero dell'ammirazione delle fioriture primaverili. Alcune trovate interessanti riguardano i paesaggi locali: una tabella illustra chi e cosa facesse il «saltner», ovvero il custode dei vigneti. Stazionava in vigna da luglio a fine vendemmia, quindi almeno fino a settembre, c'erano delle norme che ne definivano le caratteristiche: almeno ventiquattro anni, e doveva essere, così recita, «incorrotto», che potremmo intendere vergine, da un punto di vista sessuale, ma anche onesto. La tradizione del saltner ha operato fino agli inizi del Novecento. Vengono mostrati ai visitatori tre vinaccioli - i semi dell'uva - appartenenti a tre esemplari fuori dell'ordinario: la più antica vite del mondo conosciuta, ritrovata in Georgia, risalente a circa settemila anni fa, un seme di un ritrovamento nel sud della regione, in Tirolo, di 2400 anni, e infine semi della più annosa vite vivente al mondo, la celebre vite del castello di Prissiano, coi suoi 350 anni.Insomma, i giardini del castello di Trauttmansdorff sono un curioso ibrido che unisce la spettacolarizzazione della natura tipica delle istituzioni naturalistiche e turistiche dei nostri anni, ad una selezione scientifica e botanica, e a quel gusto quasi obbligato del mischiare mari e monti, continenti remoti e specificità alloctone, ma una cosa è certa: c'è molto da imparare e da divertirsi.