2020-12-29
«I familiari delle vittime di Covid avrebbero diritto ai risarcimenti»
Felice Casson (Barbara Zanon/Getty Images)
L'ex magistrato Felice Casson: «Si configurano i reati di omicidio colposo plurimo ed epidemia colposa. Doveroso verificare la mancata redazione del piano di prevenzione. Ma per i pm non è facile dimostrare responsabilità politiche».Ai familiari delle circa 70.000 vittime ufficiali del Covid in Italia, uno o più posti vuoti nelle tavole delle festività evocano una dolorosa assenza e un evento irrimediabile. Tuttavia, i congiunti dei caduti in questa guerra persino surreale hanno diritto a non essere dimenticati, a esigere spiegazioni, a ricorrere agli strumenti previsti dalla legge in materia penale e civile. Come pubblico ministero, giudice per le indagini preliminari e magistrato, Felice Casson, classe 1953, nato a Chioggia e residente a Venezia, si è sovente occupato della tutela giuridica delle vittime di reati nei confronti della salute individuale e collettiva, come la vicenda amianto al Petrolchimico di Porto Marghera, oltre che di crimini legati alle stragi politico-terroristiche e all'eversione. E come senatore, fino al 2018, dopo essere fuoriuscito dal Pd e passato nelle file del gruppo misto fino alla fine della precedente legislatura, quando è finito il suo mandato, ha sostenuto iniziative legislative, anche con obiettivi di riforma costituzionale, per il riconoscimento di tutele alle persone colpite.In Italia, nel corso di questa pandemia, si è registrato un bilancio in termini di vittime che, per la sua entità, è imparagonabile a quello di disastri civili come il Vajont e la Moby Prince, o a quello degli attentati durante il periodo storico degli anni di piombo. Se è vero che a varie persone colpite dal virus è stata salvata la vita, è altrettanto vero che molte altre l'hanno perduta a causa dell'impreparazione del sistema sanitario pubblico. Si possono individuare precise responsabilità politiche in questa sciagura?«Dal punto di vista giuridico, è configurabile sia il reato di omicidio colposo plurimo sia quello di epidemia colposa. Sappiamo che su questa vicenda sta indagando la Procura di Bergamo ma anche altre Procure. La questione più complicata è circoscrivere responsabilità individuali, dal decisore politico fino al responsabile sanitario a livello territoriale-locale e nazionale. La responsabilità penale, infatti, è sempre personale. E si basa sul principio della probatio diabolica. Devono essere individuate prove, dimostrati nessi causali, anche per le responsabilità politiche. E questa è sempre stata la questione più complicata per pubblici ministeri e giudici». È emerso che l'Italia, dal 2006, ha fatto soltanto un copia-incolla del piano di contrasto a una pandemia che d'altra parte era stata paventata già da molti anni dalla stessa Oms, senza dunque mettere in atto misure pratiche adeguate di preparazione delle strutture sanitarie e lasciando le cose, fatalmente, all'improvvisazione. Questo è un fatto pagato in termini di vite umane. I familiari delle vittime possono avvalersi della facoltà di chiedere un riconoscimento alla giustizia dei danni subiti causa incuria?«Si evidenzia una responsabilità politica grave. Da un punto di vista processuale la necessità è quella di dimostrare la sostanza dei fatti nelle comunicazioni circa l'aggiornamento del piano antipandemico tra Ranieri Guerra, il ministro o i grandi capi del ministero. Il primo passaggio è quello di verificare se hanno fatto qualcosa, se hanno cercato chiarimenti e fatto verifiche. Se non hanno fatto nulla, questa è già una prova generica. Non è semplice dimostrare che il mancato aggiornamento del piano avrebbe evitato il disastro. Ma questa è una cosa che va fatta, è doverosa. Ci sono esposti e denunce dei familiari delle vittime. E se un giudice per le indagini preliminari decide di aprire un'inchiesta non è che se lo sogna di notte».Infatti il Procuratore capo di Bergamo, Antonio Chiappani, sulla base degli esposti dei familiari delle vittime associate nel comitato «Noi denunceremo», sta lavorando al caso ed è al centro dei riflettori…«Conosco Chiappani, ho avuto contatti nel corso delle indagini sulla strage di Piazza della Loggia, a Brescia, del 1974. È persona molto rigorosa».Chiappani ha dapprima interrogato il direttore aggiunto Oms e dirigente del ministero della Salute, Ranieri Guerra, e poi ha chiesto testimonianza a Francesco Zambon, dipendente dell'Oms, autore del report che indicava l'improvvisazione nel reagire all'epidemia della sanità nazionale rimosso dal sito della stessa Oms, che ha poi deciso di testimoniare di propria volontà. Ma l'Oms aveva opposto la facoltà di avvalersi dell'immunità diplomatica. Lei è stato componente della Giunta per le autorizzazioni a procedere del Parlamento, materia strettamente legata all'immunità. Non crede che questo ostracismo dell'Oms susciti sospetti?«Questa reazione è stata completamente fuori luogo. Sono contrario anche culturalmente a qualsiasi forma di immunità. Bisognerebbe intanto dimostrare se, giuridicamente, l'Oms può frapporre tale ostacolo. Dico solo che nel corso dei processi durante il mio lavoro di magistrato, mi è capitato di dover interrogare consoli e ambasciatori. Nessuno si è mai sognato di invocare l'immunità diplomatica per sottrarsi al confronto. Mi ha sorpreso molto questo atteggiamento dell'Oms». I familiari delle vittime possono chiedere un risarcimento, qualora sia dimostrato il nesso probatorio di cui ha parlato poc'anzi?«Il risarcimento può essere chiesto o all'interno del processo penale dopo il rinvio a giudizio degli imputati con la costituzione di parte civile da parte dei congiunti, ma può essere fatta anche istanza di risarcimento in sede civile, nella quale il criterio della prova può essere definito meno rigoroso. In altri termini, ci vogliono anche cause civili. Sottolineo inoltre che la questione della tutela della salute non è soltanto fatto privatistico, ma anche di interesse collettivo, tutelato dalla Costituzione».Ma delle vittime di disastri o stragi anche legati a questa sfera non si fa menzione nella Carta costituzionale…«La legge costituzionale numero 2 del 1999 inseriva in Costituzione i principi del giusto processo. Ma pure quella volta, pur sancendo la parità delle parti processuali, dimenticava di precisare che anche le parti offese, le parti civili e le vittime di un reato hanno diritto a una piena tutela. Nonostante l'assenso all'incirca di tutte le parti politiche a prescindere dal colore, ciò è rimasto lettera morta. Ricordo anche che con un mio emendamento del 2006 è stato costituito il fondo per le vittime dell'amianto, che funziona, per quanto vada periodicamente rifinanziato». Anche nel 2020, nel mezzo dell'epidemia, si sono ricordati gli anniversari delle stragi politico-terroristiche dal 1969, Piazza Fontana, al 1980, stazione di Bologna, su alcune delle quali non si è fatta piena luce, spesso a causa dei tempi processuali troppo lunghi e di intervenute prescrizioni, oppure per decesso degli imputati.«Per alcune stragi, ad esempio quella di Peteano del 1972 e Piazza della Loggia, si è giunti a sentenze nei confronti dei responsabili. Federico Umberto D'Amato (fu responsabile dell'Ufficio affari riservati del ministero dell'Interno, ndr), incriminato per falso e omissione d'atti d'ufficio, è morto. Non sempre la verità giudiziaria coincide con quella storica e non si è potuto fare completa luce su alcuni di questi gravissimi fatti, dei quali si dovrebbe parlare nelle scuole, per farli conoscere alle giovani generazioni». Si è parlato molto di cambiamento durante questa crisi senza precedenti dall'ultima guerra mondiale. Ma ci sarà una riforma del sistema giudiziario, per una giustizia più celere ed equa?«Diciamo che le responsabilità sono per un terzo della politica, per un altro terzo della magistratura e per la restante parte dell'avvocatura. La verità è questa. Una giustizia che funzioni fa paura. La riforma del sistema giudiziario è una questione che a tutti fa comodo rinviare e per questo, come si dice a Venezia, va sempre a remengo. Per iniziare, comunque, bisognerebbe fare i processi per reati veri e non per baggianate».Se lo farà il vaccino?«Certamente, quando disponibile. Ho fatto anche quello antinfluenzale. Il rischio maggiore è per chi non lo fa».
Volodymyr Zelensky (Ansa)