
La campagna contro l'utero in affitto solleva l'offensiva di esponenti gay e della sinistra. Monica Cirinnà: «La Raggi li rimuova». Il Pd romano: «Violato il codice etico della capitale».Agli eroi della libertà difetta il coraggio, e forse anche il senso del ridicolo. Per strada si vede di tutto, ma due signori con un bimbo che ha tatuato un codice a barre diventa «immagine choc». E così, la pubblicità di cui La Verità ha dato notizia ieri, frutto di una campagna nazionale di Pro vita e Generazione famiglia (sigle promotrici del Family day) diventa uno scandalo che neanche il burro di Marlon Brando.Il messaggio è banale quanto chiaro: l'utero in affitto apre la strada alla mercificazione di gameti e corpi, dunque di bimbi, ridotti a oggetti del desiderio e sottoposti a leggi di mercato, capricci da acquistare per qualunque consesso umano voglia dichiararsi «famiglia». Mica bisogna essere d'accordo. Ma qui, evidentemente, il nervo è scoperto, su uno dei pochi tabù rimasti a una società dove niente pare destinato a certezza. Si leva il coro, offeso e impettito, delle associazioni gay, dalle Famiglie arcobaleno, del Coordinamento pride: «Questa foto è oscena», si legge, «e non corrisponde alla verità: è solo una strumentalizzazione bieca, cattiva, piena d'odio e pregiudizio». E fin qui, ognuno continua a pensare ciò che vuole, malgrado una legge in Italia ci sia. Chiara Appendino, sindaco di Torino, spiega che «due persone che si amano fanno una famiglia», e quindi lei, da primo cittadino, continuerà le trascrizioni di matrimoni fra persone dello stesso sesso e non smetterò «di dare la possibilità a questo amore di realizzarsi». In effetti, è a loro, ai sindaci, che la campagna si rivolgeva. Secondo i promotori, infatti, Virginia Raggi, la stessa Appendino Giuseppe Sala e Luigi De Magistris «violando la legge e il supremo interesse del bambino, hanno disposto la trascrizione o l'iscrizione di atti di nascita di bambini come “figli" di due madri o di due padri». Anche qui, come normale, la politica rappresenta istanze diverse: un senatore azzurro come Lucio Malan ritiene che «privare premeditatamente un bambino del padre o della madre non è un atto d'amore, è egoismo, contrario alla legge e alla realtà»; altri invece pensano sia doveroso. Ma c'è qualcosa in più, in questa strana vicenda dei manifesti che fanno arrossire i nuovi poliziotti del pensiero. I manifesti non si devono solo contestare. No, si devono togliere, come ha chiesto a Roma il capogruppo Pd Giulio Pelonzi: «I provocatori e offensivi manifesti dell'associazione Pro vita violano il codice etico di Roma capitale e lanciano un messaggio omofobo. La sindaca Raggi ne disponga la rimozione». E pure Marta Bonafoni, capogruppo della Lista civica Zingaretti (quello che vuol guidare il Pd) in Consiglio regionale del Lazio, parla di «messaggio intollerabile», di «odiosa immagine omofoba e discriminatoria», arrivando sempre lì: «Ne disponga quanto prima la rimozione».Poteva mancare, in questo simpatico coro di educande, la senatrice dem Monica Cirinnà? No, infatti ha commentato: «La Raggi li faccia rimuovere subito». Quasi troppo facile, per i presidenti delle due associazioni Toni Brandi e Jacopo Coghe, darle della «poliziotta del MinCulPop Lgbt contro i bambini. La nostra campagna è per loro, e non contro i diritti di qualcuno». Ma di là c'è un'idea triste di libertà, di gente che pensa che l'uomo comune non sia capace di guardare un manifesto e farsi un'idea, ma sia così sprovveduto che vada difeso da sé stesso. Si profila così una conferma: nel peloso politicamente corretto di oggi una mamma e un papà sono i soggetti più rivoluzionari.
Zohran Mamdani (Ansa)
Le battaglie ideologiche fondamentali per spostare i voti alle elezioni. Green e woke usati per arruolare i giovani, che puntano a vivere le loro esistenze in vacanza nelle metropoli. Ma il sistema non può reggere.
Uno degli aspetti più evidenti dell’instaurazione dei due mondi sta nella polarizzazione elettorale tra le metropoli e le aree suburbane, tra quelle che in Italia si definiscono «città» e «provincia». Questa riflessione è ben chiara agli specialisti da anni, rappresenta un fattore determinante per impostare ogni campagna elettorale almeno negli ultimi vent’anni, ed è indice di una divisione sociale, culturale ed antropologica realmente decisiva.
Il fatto che a New York abbia vinto le elezioni per la carica di sindaco un musulmano nato in Uganda, di origini iraniane, marxista dichiarato, che qualche mese fa ha fatto comizi nei quali auspicava il «superamento della proprietà privata» e sosteneva che la violenza in sé non esista ma sia sempre un «costrutto sociale», così come il genere sessuale, ha aperto un dibattito interno alla Sinistra.
Jean-Eudes Gannat
L’attivista francese Jean-Eudes Gannat: «È bastato documentare lo scempio della mia città, con gli afghani che chiedono l’elemosina. La polizia mi ha trattenuto, mia moglie è stata interrogata. Dietro la denuncia ci sono i servizi sociali. Il procuratore? Odia la destra».
Jean-Eudes Gannat è un attivista e giornalista francese piuttosto noto in patria. Nei giorni scorsi è stato fermato dalla polizia e tenuto per 48 ore in custodia. E per aver fatto che cosa? Per aver pubblicato un video su TikTok in cui filmava alcuni immigrati fuori da un supermercato della sua città.
«Quello che mi è successo è piuttosto sorprendente, direi persino incredibile», ci racconta. «Martedì sera ho fatto un video in cui passavo davanti a un gruppo di migranti afghani che si trovano nella città dove sono cresciuto. Sono lì da alcuni anni, e ogni sera, vestiti in abiti tradizionali, stanno per strada a chiedere l’elemosina; non si capisce bene cosa facciano.
Emanuele Orsini (Ansa)
Dopo aver proposto di ridurre le sovvenzioni da 6,3 a 2,5 miliardi per Transizione 5.0., Viale dell’Astronomia lamenta la fine dei finanziamenti. Assolombarda: «Segnale deludente la comunicazione improvvisa».
Confindustria piange sui fondi che aveva chiesto lei di tagliare? La domanda sorge spontanea dopo l’ennesimo ribaltamento di fronte sul piano Transizione 5.0, la misura con dote iniziale da 6,3 miliardi di euro pensata per accompagnare le imprese nella doppia rivoluzione digitale ed energetica. Dopo mesi di lamentele sulla difficoltà di accesso allo strumento e sul rischio di scarse adesioni, lo strumento è riuscito nel più classico dei colpi di scena: i fondi sono finiti. E subito gli industriali, che fino a ieri lo giudicavano un fallimento, oggi denunciano «forte preoccupazione» e chiedono di «tutelare chi è rimasto in lista d’attesa».
Emmanuel Macron (Ansa)
L’intesa risponderebbe al bisogno europeo di terre rare sottraendoci dal giogo cinese.
Il tema è come rendere l’Ue un moltiplicatore di vantaggi per le nazioni partecipanti. Mettendo a lato la priorità della sicurezza, la seconda urgenza è spingere l’Ue a siglare accordi commerciali nel mondo come leva per l’export delle sue nazioni, in particolare per quelle che non riescono a ridurre la dipendenza dall’export stesso aumentando i consumi interni e con il problema di ridurre i costi di importazione di minerali critici, in particolare Italia e Germania. Tra i tanti negoziati in corso tra Ue e diverse nazioni del globo, quello con il Mercosur (Brasile, Argentina, Paraguay ed Uruguay) è tra i più maturi (dopo 20 anni circa di trattative) e ha raggiunto una bozza abbastanza strutturata.






