L’industria tedesca ha beneficiato più di tutti del programma per l’effetto spillover: fondi Ue usati per acquistare i beni teutonici. Mancano solo 443 giorni per completare i piani e, visti i ritardi, Bruxelles ora spinge per dirottare il denaro non speso sul riarmo.
L’industria tedesca ha beneficiato più di tutti del programma per l’effetto spillover: fondi Ue usati per acquistare i beni teutonici. Mancano solo 443 giorni per completare i piani e, visti i ritardi, Bruxelles ora spinge per dirottare il denaro non speso sul riarmo.Da qualche giorno la Commissione ha proclamato lo stato di massima allerta. Sono rimasti solo 443 giorni per completare i rispettivi Pnrr e il loro stato di avanzamento non lascia presagire nulla di buono. Ritardi e complicazioni sono una costante per tutti i 27 Stati membri e allora c’è bisogno di correre ai ripari per salvare il salvabile e non ritrovarsi tra circa 14 mesi a consuntivare un fallimento.Il tono della comunicazione della Commissione all’Europarlamento e al Consiglio è trionfalistico e, nella frenesia di comunicare una storia di successo, da Bruxelles forniscono dati preziosi per capire in quali Stati membri la crescita abbia ricevuto maggiore stimolo.Così emerge che la Germania si posiziona prepotentemente al terzo posto dopo Italia e Spagna in termini di crescita aggiuntiva ricevuta in termini assoluti. Un po’ meno, ovviamente, in rapporto al Pil.Come prevedibile - considerate le catene di fornitura prevalentemente attivate con la spesa a favore di transizione energetica e digitale - in Italia ci siamo indebitati per comprare beni prodotti in Germania. Di conseguenza, il Pnrr ha portato all’Italia debiti (tanti) e crescita (poca), perché a fatturare sono state imprese che non producono in Italia, ma altrove. Si tratta del cosiddetto effetto «spillover», che misura la crescita di un Paese per effetto della spesa di un altro Paese, la cui misura riflette il livello di interrelazione delle rispettive economie.Osservando i flussi generati dal Dispositivo per la ripresa e la resilienza (Rrf, la «polpa» del Next generation eu con i suoi 650 miliardi tra sussidi e prestiti), l’entità di questo fenomeno a favore della Germania è tale che il documento di ricerca pubblicato dagli economisti della Commissione a fine maggio, nel titolo parla proprio di «caso Germania».Il fatto di essere la prima potenza manifatturiera della Ue ha giocoforza fatto di Berlino il principale fornitore di Italia e Spagna. Basti pensare al caso delle auto elettriche: lo studio riporta che circa 1,9 milioni di queste auto sono state incentivate grazie al Rrf in tutta la Ue. Di queste, 760.000 sono state prodotte in Germania, cioè ben l’80% dell’intera produzione nazionale. Ragionamenti simili valgono per impianti, macchinari e apparecchiature elettriche ed elettroniche prodotte in Germania.Per effetto di questi flussi indiretti, gli economisti della Commissione hanno stimato che l’impatto del Rrf sulla crescita tedesca (su un arco di dieci anni) si triplica. Aggiungendo una crescita del Pil di 43 miliardi (circa l’1% del Pil 2023) ai 23 di effetto diretto, per un totale di 66 miliardi. Facendo balzare così Berlino al terzo posto. La stessa speciale classifica dell’effetto spillover, stilata non in numeri assoluti ma in rapporto al Pil, vede eccellere i satelliti produttivi della Germania: Slovacchia, Slovenia, Repubblica Ceca, Olanda e Austria. Tutti con crescita aggiuntiva non inferiore al 1%.Comincia così ad assumere un contorno preciso, sostenuto dai numeri, un quadro macroeconomico che sembrava molto probabile già agli albori del Nextgeneu. Mai la Germania avrebbe consentito un’operazione del genere, sia pure limitata nel tempo, se non avesse avuto un significativo ritorno economico per sé stessa. Per l’Italia, era noto sin dall’inizio che il moltiplicatore (aumento del Pil per ogni euro di aumento di spesa) sarebbe stato largamente inferiore a uno. Proprio perché una parte significativa di quella spesa andava a generare importazioni e quindi a far crescere il Pil degli altri. Il moltiplicatore della spesa stimato dagli economisti della Commissione è di 1,05 per l’intera Ue. Ma questo numero è un po’ come il pollo di Trilussa. Infatti esso è la media tra quello molto alto della Germania, che si appropria di circa 1/3 dell’effetto spillover dell’intera Ue, e quello largamente inferiore a 1 di Italia e Spagna. Mentre i tedeschi, con i loro satelliti, con una spesa modesta (circa 30 miliardi) vedranno aumentare il Pil di più del doppio.Se questi sono i (modesti) effetti macroeconomici del Nextgeneu e del nostro Pnrr, sono davvero allarmistici i toni usati dalla Commissione per quanto resta da fare nei prossimi 14 mesi. È come se un medico, dopo aver decantato il successo delle sue terapie, proponesse il ricovero del paziente in terapia intensiva. A Bruxelles sono, a ragione, preoccupati e chiedono una brusca accelerazione. Dopo cinque anni e a poco più di un anno dal termine, siamo fermi ad appena 315 miliardi erogati su 650 complessivi; 4.300 traguardi e obiettivi conseguiti su 7.105 complessivi.Tanti i problemi enumerati dalla stessa Commissione. Pesa su tutti la complessità burocratica del Rrf, che però è un danno auto inflitto e generato da loro stessi. Rasentano il ridicolo quando attribuiscono le cause dei ritardi alla guerra in Ucraina e ai «disastri legati al clima». Emergono anche, abbastanza clamorosamente, difficoltà legate alla gestione dei flussi finanziari. Poiché la Commissione ha programmato le emissioni di titoli con largo anticipo ma tardano ad arrivare le richieste di pagamento da parte degli Stati membri, a Bruxelles si ritrovano a gestire una liquidità in eccedenza, con i relativi costi.La campanella dell’ultimo giro suonata dalla Commissione prevede ora tre scadenze inderogabili. Entro il 31 agosto 2026 dovranno essere conseguiti tutti gli obiettivi e i traguardi; entro il 30 settembre dovrà essere inviata l’ultima richiesta di pagamento e entro il 31 dicembre dovrà essere eseguito l’ultimo pagamento. Non ci sono deroghe.Per riuscire in questa impresa titanica, la Commissione ha chiesto la presentazione al più tardi entro la fine del 2025 della revisione dei rispettivi piani nazionali (l’Italia ne ha già fatte cinque). Tali revisioni dovranno prevedere l’eliminazione degli obiettivi manifestamente irraggiungibili, per evitare il taglio dei fondi. In compensazione, sarà consentito potenziare la spesa di misure già esistenti e finanziate e privilegiare la spesa finanziata da sussidi a scapito di quella finanziata da prestiti.Tra le otto opzioni proposte, spunta tra le righe anche l’ipotesi di considerare come un investimento del Rrf i «contributi volontari nazionali» al programma europeo per l’industria della Difesa (Edip), in sintesi un programma di incentivi per rafforzare la capacità produttiva dell’industria europea.L’invito della Commissione è chiaro: se proprio non sapete come spendere i soldi del Rrf, costruite cannoni.
Brunello Cucinelli (Ansa)
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Emmanuel Macron e Friedrich Merz (Ansa)
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«Monsters: La storia di Ed Gein» (Netflix)
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