2022-12-11
I danni delle mazzette in salsa Ue si vedono a distanza di decenni
Nonostante le prediche sulla trasparenza, l’Europa continua a dare scandalo. E al di là del problema morale il conto più salato è quello geopolitico. Visto che i burocrati corrotti mettono a rischio la sovranità degli Stati.Nel 2011 alcuni giornalisti del Times si finsero per otto mesi lobbisti e si misero a contattare a tappeto eurodeputati di vari partiti. L’obiettivo era introdurre emendamenti a una direttiva a tutela dei depositi bancari. Inutile dire, non a difesa dei cittadini e dei correntisti. In quattro accettarono in cambio di un compenso da 100.000 euro. A quel punto scattò la trappola e l’ufficio Antifrode fu costretto a far partire l’inchiesta. Coinvolti un austriaco, un romeno, uno sloveno e uno spagnolo. Non era però una barzelletta, tanto che nel 2013 arrivarono le condanne tra i due e i quattro anni di carcere. In quegli stessi mesi si consumavano i rapporti tra l’ex Udc e Ppe Luca Volontè e i rappresentanti dell’Azerbaigian, che hanno portato il politico cattolico a finire nella più importante vicenda di corruzione internazionale. Gli azeri avevano interesse a sostenere le loro numerose cause, soprattutto quella dell’energia e del gas. Ma non solo, anche a creare un ambiente contrario agli armeni ed evitare che nei vari Paesi Ue si abbracciasse la causa dei cristiani armeni vittima dello sterminio. L’attività di lobby azera si è poi consustanziata in una condanna in primo grado a quattro anni per una presunta mazzetta, originariamente di 2.390.000 euro, poi nei fatti ridotta a mezzo milione. Nel secondo grado di giudizio l’accusa di corruzione internazionale è evaporata per via della prescrizione ed è quindi rimasta solo la traccia di una tangente di importo più basso. Più basso si fa per dire. Visto che in ogni caso l’entità dello scambio di denaro, come nel caso Panzeri, che sta travolgendo i socialisti europei, è sempre il dettaglio meno importante, anche se estremamente fastidioso. Le autorità europee ci hanno abituati da anni alle lezioni di moralità e di «accountability», come si dice in inglese. Tutto deve essere trasparente e tutto deve funzionare per il bene della collettività. Per cui quando a farsi corrompere sono politici europei o addirittura figure di spicco della struttura di vertice di Bruxelles la reazione immediata è quella un po’ più di pancia. Basta con le lezioni. Ci riferiamo infatti anche ad altre vicende che non sono sfociate in inchieste giudiziarie. Ad esempio le accuse rivolte dalla Corte dei conti cipriota al commissario alla Salute Stella Kyriakides o, peggio, le continue richieste di trasparenza avanzata nei confronti di Ursula von der Leyen in relazione ai rapporti mai chiariti tra il marito e il gruppo Pfizer, tutte rimaste inevase. Così come la richiesta di rendere pubblici gli sms scambiati tra la stessa presidente della Commissione e il numero uno della casa farmaceutica. Ciò che importa sottolineare in tutti questi scandali europei (o presunti scandali) è che l’aspetto più grave sta nelle conseguenze geopolitiche della corruzione. Lo struttura tecnocratica dell’Europa non ci mette al riparo dagli effetti e dalla ricadute di tutte queste vicende. I politici sembrano comportarsi come consiglieri comunali, disposti a prendere denaro in cambio di favori o autorizzazioni edilizie. Ma nel caso di Bruxelles si finisce a mettere i singoli Stati in situazioni difficili da districare. Sostenere il Qatar o l’Azerbaigian, tanto per fare due esempi, non è a saldo zero. Vuol dire aprire fronti di tensione con altre nazioni e spesso con altri colossi. Il discorso vale anche per la Cina e in generale con tutte le nazioni non occidentali e non democratiche. All’inizio degli anni Duemila ci fu il cosiddetto scandalo Echelon. I servizi segreti americani furono pizzicati a intercettare politici, manager, dirigenti Ue con un sistema sviluppato lungo l’asse delle intelligence anglosassoni. Uscita la notizia, l’ex capo della Cia, James Woolsey, che aveva avuto un ruolo importante in Echelon, sintetizzò: «Abbiamo spiato l’Europa in passato, a causa della corruzione economica. E spero che gli Stati Uniti continuino a farlo». Una frase da scolpire nella roccia perché di certo quell’augurio non era campato per aria. L’avanzata dei qatarini interessati alla raffineria di Priolo è stata di certo notata oltre Oceano (tra i sette fondi interessati a rilevarla c’è anche l’americano Crossbridge) e per caso in contemporanea scoppia il caso Panzeri, che in realtà è il caso dei socialisti. Se si va a spulciare un po’ più nel dettaglio si vede che nel board della Fight impunity si trovavano nomi di primo piano, tra cui l’ex Lady Pesc, Federica Mogherini, che ieri, dopo la notizia delle perquisizioni, si è dimessa. E quello del greco Dimitris Avramopoulos, uno dei candidati all’incarico di inviato speciale dell’Ue per il Golfo. In lizza assieme a Luigi Di Maio. Se l’incarico di inviato speciale va in mano alla ditta dei socialisti non è difficile immaginare come andrà a finire. E quando si parla di contratti di gas o gestioni di una raffineria c’è poco da scherzare. La guerra in Ucraina ci ha insegnato che la sovranità di un Paese e di un Continente è un bene incommensurabile. Se prendere i soldi per un appalto comunale è un grave reato, prenderli a favore di una potenza estera che poi potrà in futuro ricattare l’Ue è un tradimento senza pari.