
Il caso di un bosniaco arrestato a Pisa per aver venduto le due figlie ai cugini accende una luce sulle condizioni in cui vivono i minori nelle famiglie nomadi. Per loro esiste una certa «indulgenza culturale» che invece non si registra con gli italiani, come a Bibbiano.Quanto costa comprare una giovane donna dal suo padre padrone? Ora lo sappiamo: circa 12.000 euro. L'agghiacciante informazione non arriva da qualche enclave mediorientale gestita da quel che resta dell'Isis, ma da Pisa. Qui, un bosniaco di etnia rom di 47 anni è stato arrestato perché avrebbe picchiato, maltrattato e segregato le due figlie fidanzate con uomini diversi dai cugini da lui prescelti e a cui le aveva già vendute in cambio di denaro. Si tratta della prima ordinanza di custodia cautelare in carcere eseguita in Italia per il reato di induzione al matrimonio, introdotto dal cosiddetto Codice rosso. Le altre accuse sono di sequestro di persona continuato, maltrattamenti, calunnia. Le due figlie sono state costrette per anni a subire continue umiliazioni e violenze fisiche. In più di una occasione, le donne sono state anche segregate all'interno delle loro roulotte e nutrite di solo pane e acqua. Le punizioni, secondo l'accusa, sarebbero servite soprattutto a impedire alle due ragazze di frequentare i fidanzati scelti da loro. Venduta la più grande, di 21 anni, l'uomo avrebbe voluto vendere anche l'altra figlia, di 19 anni, a un altro cugino. L'affare era però saltato perché la seconda figlia, a differenza della prima, dopo essere fuggita dal campo non era più tornata e si era rifatta una vita altrove, con l'uomo che amava, lontano dal contesto di degrado e violenza in cui era cresciuta. Era stato proprio l'arrestato, in verità, a chiamare le forze dell'ordine, denunciando il rapimento delle due ragazze (in realtà scappate da lui) e di una terza figlia di 8 anni, che invece è stata invece trovata nella roulotte del padre, lì segregata per giorni. Gli investigatori hanno anche immortalato il «rito» del passaggio da una famiglia all'altra della figlia apparentemente «redenta» (ma in realtà tornata dopo minacce e pressioni psicologiche continue): nel filmato si vedono i due capifamiglia che contrattano il prezzo, si scambiano un mazzo di banconote e poi brindano con del whisky all'avvenuta transazione.Ora, quando si leggono notizie di questo genere, sorge ovviamente spontanea una domanda: perché non si è intervenuti prima? Era davvero impossibile capire il contesto sociale e familiare in cui sono cresciute queste ragazze? La scuola, per esempio, ammesso le giovani ci siano mai andate, non si è accorta di nulla? Non conosciamo il vissuto di queste ragazze, quindi non possiamo giungere a conclusioni affrettate, ma che esista una certa indulgenza verso ciò che avviene nelle famiglie rom rispetto alle cattivissime, patriarcali, tutte potenzialmente femminicide famiglie italiane, è una realtà. Indulgenza più politica, giornalistica e culturale che giudiziaria, in realtà, perché i casi di bimbi tolti a nuclei che vivono nei campi nomadi sono molti. E non è una bella notizia, come non lo è mai quando un bimbo viene tolto alla famiglia originaria, senza che le autorità abbiano fatto in tempo a prevenire le criticità. Di ricerche sulle sottrazioni di bambini rom alle famiglie, in ogni caso, ne sono state prodotte molte, nel corso degli anni. Uno studio di Carlotta Saletti Salza intitolato, Dalla tutela al genocidio? Le adozioni dei minori rom e sinti in Italia (1985-2005) ha analizzato i casi di minori rom allontanati dalle famiglie da sette tribunali per minori in Italia, concludendo che in quelle aule un minore rom avrebbe oltre 17 probabilità in più di essere dichiarato adottabile rispetto a un minore non rom. Questo studio è stato integrato con una ricerca intitolata Mia madre era rom e condotta tra il 2012 e il 2013 dall'Associazione 21 luglio e basata sui casi presso il Tribunale dei minori di Roma tra il 2006 e il 2012. Qui si sarebbe addirittura dimostrato che nel Lazio i minori rom hanno 60 possibilità in più di essere avviati al procedimento che conduce all'adozione.Di nuovo: l'argomento è delicato e non sarebbe giusto interpretare questi dati superficialmente. È del resto caso per caso che si dovrebbe stabilire se un allontanamento dalla famiglia sia motivato o immotivato, congruo o esagerato. Un dato balza però agli occhi: tutti i rapporti citati interpretano i dati in maniera estremamente negativa, vedendovi addirittura i prodromi del genocidio. Di «sterminio culturale» parlò a inizio 2018 anche Dijana Pavlovic, attivista per i diritti umani di origine rom, commentando sul sito del Fatto quotidiano una dichiarazione in merito di Elena Donazzan, assessore all'istruzione della regione Veneto. E, parlando degli «esempi anche nel nostro Paese di soluzioni possibili perché costruite insieme alle comunità rom e sinte», citava la legge dell'Emilia Romagna. Già, proprio la regione di Bibbiano. Ora, per quanto il nome di questo paesino possa suscitare i sorrisini di chi vuole esorcizzare lo scandalo con il sarcasmo, il paragone sorge spontaneo. Perché quando sindaci e consulenti della Val d'Enza facevano il giro delle sette chiese per magnificare il loro modello, era proprio sull'alto numero di abusi scovati, con conseguente, abnorme numero di bambini sottratti alle famiglie, che puntavano. Più ne trovavano, più erano bravi. E se altrove non c'erano certi numeri, spiegavano, era solo perché fuori dalla loro comunità modello si chiudevano gli occhi nei confronti dei genitori orchi. Ora, che l'interventismo degli assistenti sociali sia sempre cattivo nei confronti delle famiglie rom e buono nei confronti degli italiani è cosa che ovviamente non regge. E, come al solito, un po' di equilibrio in entrambi i sensi non guasterebbe affatto.
Bill Gates (Ansa)
Solo pochi fanatici si ostinano a sostenere le strategie che ci hanno impoverito senza risultati sull’ambiente. Però le politiche green restano. E gli 838 milioni versati dall’Italia nel 2023 sono diventati 3,5 miliardi nel 2024.
A segnare il cambiamento di rotta, qualche giorno fa, è stato Bill Gates, niente meno. In vista della Cop30, il grande meeting internazionale sul clima, ha presentato un memorandum che suggerisce - se non un ridimensionamento di tutto il discorso green - almeno un cambio di strategia. «Il cambiamento climatico è un problema serio, ma non segnerà la fine della civiltà», ha detto Gates. «L’innovazione scientifica lo arginerà, ed è giunto il momento di una svolta strategica nella lotta globale al cambiamento climatico: dal limitare l’aumento delle temperature alla lotta alla povertà e alla prevenzione delle malattie». L’uscita ha prodotto una serie di reazioni irritate soprattutto fra i sostenitori dell’Apocalisse verde, però ha anche in qualche modo liberato tutti coloro che mal sopportavano i fanatismi sul riscaldamento globale ma non avevano il fegato di ammetterlo. Uscito allo scoperto Gates, ora tutti possono finalmente ammettere che il modo in cui si è discusso e soprattutto si è agito riguardo alla «crisi climatica» è sbagliato e dannoso.
Elly Schlein (Ansa)
Avete presente Massimo D’Alema quando confessò di voler vedere Silvio Berlusconi chiedere l’elemosina in via del Corso? Non era solo desiderare che fosse ridotto sul lastrico un avversario politico, ma c’era anche l’avversione nei confronti di chi aveva fatto i soldi.
Beh, in un trentennio sono cambia ti i protagonisti, ma la sinistra non è cambiata e continua a odiare la ricchezza che non sia la propria. Così adesso, sepolto il Cavaliere, se la prende con il ceto medio, i nuovi ricchi, a cui sogna di togliere gli sgravi decisi dal governo Meloni. Da anni si parla dell’appiattimento reddituale di quella che un tempo era la classe intermedia, ma è bastato che l’esecutivo parlasse di concedere aiuti a chi guadagna 50.000 euro lordi l’anno perché dal Pd alla Cgil alzassero le barricate. E dire che poche settimane fa la pubblicazione di un’analisi delle denunce dei redditi aveva portato a conclusioni a dir poco sor prendenti. Dei 42,6 milioni di dichiaranti, 31 milioni si fanno carico del 23,13 dell’Irpef, mentre gli altri 11,6 milioni pagano il resto, ovvero il 76,87 per cento.
In sintesi, il 43 per cento degli italiani non paga l’imposta, mentre chi guadagna più di 60.000 euro lordi l’anno paga per due. Di fronte a questi numeri qualsiasi persona di buon senso capirebbe che è necessario alleggerire la pressione fiscale sul ceto medio, evitando di tartassarlo. Qualsiasi, ma non i vertici della sinistra. Pd, Avs e Cgil dunque si agitano compatti contro gli sgravi previsti dal la finanziaria, sostenendo che il taglio dell’Irpef è un regalo ai più ricchi. Premesso che per i redditi alti, cioè quello 0,2 per cento che in Italia dichiara più di 200.000 euro lordi l’anno, non ci sarà alcun vantaggio, gli altri, quelli che non sono in bolletta e guadagnano più di 2.000 euro netti al mese, pare davvero difficile considerarli ricchi. Certo, non so no ridotti alla canna del gas, ma nelle città (e quasi sempre le persone con maggiori entrate vivono nei capoluoghi) si fa fatica ad arrivare a fine mese con uno stipendio che per metà e forse più se ne va per l’affitto. Negli ultimi anni le finanziarie del governo Meloni hanno favorito le fasce di reddito basse e medie. Ora è la volta di chi guadagna un po’di più, ma non molto di più, e che ha visto in questi anni il proprio potere d’acquisto eroso dall’inflazione. Ma a sinistra non se la prendono solo con i redditi oltre i 50.000 euro. Vogliono anche colpire il patrimonio e così rispolverano una tassa che punisca le grandi ricchezze e le proprietà immobiliari. Premesso che le due cose non vanno di pari passo: si può anche possedere un appartamento del valore di un paio di milioni ma, avendolo ereditato dai geni tori, non avere i soldi per ristrutturarlo e dunque nemmeno per pagare ogni anno una tassa.
Dunque, possedere un alloggio in centro, dove si vive, non sempre è indice di patrimonio da ricchi. E poi chi ha una seconda casa paga già u n’imposta sul valore immobiliare detenuto ed è l’I mu, che nel 2024 ha consentito allo Stato di incassare l’astronomica cifra di 17 miliardi di euro, il livello più alto raggiunto negli ultimi cinque anni. Milionari e miliardari, quelli veri e non immaginati dai compagni, certo non hanno il problema di pagare una tassa sui palazzi che possiedono, ma non hanno neppure alcuna difficoltà a ingaggiare i migliori fiscali sti per sottrarsi alle pretese del fisco e, nel caso in cui neppure i professionisti sia no in grado di metterli al riparo dall’Agenzia delle entrate, possono sempre traslocare, spostando i propri soldi altrove. Come è noto, la finanza non ha confini e l’apertura dei mercati consente di portare le proprie attività dove è più conveniente. Quando proprio il Pd, all’e poca guidato da Matteo Renzi, decise di introdurre una flat tax per i Paperoni stranieri, migliaia di nababbi presero la residenza da noi. E se domani l’imposta venisse abolita probabilmente andrebbero altrove, seguiti quasi certamente dai ricconi italiani. Del resto, la Svizzera è vicina e, come insegna Carlo De Benedetti, è sempre pronta ad accogliere chi emigra con le tasche piene di soldi. Inoltre uno studio ha recentemente documentato che l’introduzione negli Usa di una patrimoniale per ogni dollaro incassato farebbe calare il Pil di 1 euro e 20 centesimi, con una perdita secca del 20 per cento. Risultato, la nuova lotta di classe di Elly Schlein e compagni rischia di colpire solo il ceto medio, cancellando gli sgravi fiscali e inasprendo le imposte patrimoniali. Quando Mario Monti, con al fianco la professoressa dalla lacrima facile, fece i compiti a casa per conto di Sarkozy e Merkel , l’Italia entrò in de pressione, ma oggi una patrimoniale potrebbe essere il colpo di grazia.
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Il toro iconico di Wall Street a New York (iStock)
Democratici spaccati sul via libera alla ripresa delle attività Usa. E i mercati ringraziano. In evidenza Piazza Affari: + 2,28%.
Il più lungo shutdown della storia americana - oltre 40 giorni - si sta avviando a conclusione. O almeno così sembra. Domenica sera, il Senato statunitense ha approvato, con 60 voti a favore e 40 contrari, una mozione procedurale volta a spianare la strada a un accordo di compromesso che, se confermato, dovrebbe prorogare il finanziamento delle agenzie governative fino al 30 gennaio. A schierarsi con i repubblicani sono stati sette senatori dem e un indipendente affiliato all’Asinello. In base all’intesa, verranno riattivati vari programmi sociali (tra cui l’assistenza alimentare per le persone a basso reddito), saranno bloccati i licenziamenti del personale federale e saranno garantiti gli arretrati ai dipendenti che erano stati lasciati a casa a causa del congelamento delle agenzie governative. Resta tuttavia sul tavolo il nodo dei sussidi previsti ai sensi dell’Obamacare. L’accordo prevede infatti che se ne discuterà a dicembre, ma non garantisce che la loro estensione sarà approvata: un’estensione che, ricordiamolo, era considerata un punto cruciale per gran parte del Partito democratico.
2025-11-10
Indivia belga, l’insalata ideale nei mesi freddi per integrare acqua e fibre e combattere lo stress
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In autunno e in inverno siamo portati (sbagliando) a bere di meno: questa verdura è ottima per idratarsi. E per chi ha l’intestino un po’ pigro è un toccasana.
Si chiama indivia belga, ma ormai potremmo conferirle la cittadinanza italiana onoraria visto che è una delle insalate immancabili nel banco del fresco del supermercato e presente 365 giorni su 365, essendo una verdura a foglie di stagione tutto l’anno. Il nome non è un non senso: è stata coltivata e commercializzata per la prima volta in Belgio, nel XIX secolo, partendo dalla cicoria di Magdeburgo. Per questo motivo è anche chiamata lattuga belga, radicchio belga oppure cicoria di Bruxelles, essendo Bruxelles in Belgio, oltre che cicoria witloof: witloof in fiammingo significa foglia bianca e tale specificazione fa riferimento al colore estremamente chiaro delle sue foglie, un giallino così delicato da sfociare nel bianco, dovuto a un procedimento che si chiama forzatura. Cos’è questa forzatura?






