2021-01-13
I 388 milioni per il porto di Trieste diventano un omaggio alla Merkel
Amburgo si prende la piattaforma logistica mentre arrivano i soldi del Recovery planDalla Cina alla Germania il passo è breve. Accade così che il porto di Trieste, tra i più strategici in Italia e in Europa per movimentazione di rinfuse liquide (ovvero petrolio), sia passato dal finire nelle mani di Pechino a quelle dei tedeschi. Dalla padella alla brace, ironizzano gli esperti. Tra gli addetti ai lavori si spiega che agli Stati Uniti non avrebbero apprezzato l’influenza cinese su un porto così fondamentale per lo stoccaggio di greggio. Lo scalo ha una posizione geografica che permette di essere un punto di snodo dell’oleodotto Transalpino (Tal) che approvvigiona il 40% del fabbisogno di petrolio dell’intera Germania, il 90% dell’Austria e il 50% della Repubblica Ceca. Negli ultimi mesi è stata perfezionata quella che i grandi quotidiani italiani hanno definito la «germanizzazione» del porto. E pochi giorni fa - guarda caso in concomitanza con i lavori sul Recovery plan da parte del governo Conte - la Hamburger hafen und logistik ag (Hhla) - che gestisce il porto di Amburgo - ha preso la maggioranza della nuova piattaforma logistica Trieste (Plt). L’idea è che grazie al nuovo terminal ci sarà una maggiore connessione tra Nord Europa e Mediterraneo, tra Mare Adriatico e Mare del Nord, tra Trieste e la Germania. L’infrastruttura è stata rinominata Hhha plt Italy e diventerà operativa a febbraio. Il condizionale è d’obbligo. Sia perché i tedeschi non fanno prigionieri (e sono molto attenti soprattutto alle loro di infrastrutture), sia perché non sono ancora chiare le clausole contenute nella scalata. Non solo. È la concomitanza dell’operazione con i soldi in arrivo a Trieste dal Recovery plan a creare malumori. È previsto uno stanziamento di 388 milioni di euro che, secondo diversi analisti del settore, potrebbero rappresentare un vero e proprio regalo alla Germania di Angela Merkel. Altri 500 saranno destinati al porto di Genova. Trieste è l’unico porto italiano tra i primi dieci in Europa per la movimentazione di petrolio, ma resta fuori dalla classifica dei primi 20 in assoluto a livello europeo. Il nostro sistema fa fatica proprio per mancanza di infrastrutture, tanto che si calcola che il primo porto italiano sia capace di movimentare sette volte meno del primo porto in Europa. Sulla distribuzione dei fondi europei è stata decisiva la stessa autorità portuale di Trieste, ovvero Zeno D’Agostino, anche perché il manager vicino a Romano Prodi ha diversi incarichi nella pubblica amministrazione. D’Agostino infatti è anche presidente di Ram (Rete autostrade mediterranee spa), società pubblica del ministero dei Trasporti di Paola De Micheli impegnata nelle catene logistiche per camion e semirimorchi via mare. Da luglio è anche a capo di Uirnet, società pubblica nata nel 2005 e controllata dal Mit per la realizzazione e la gestione della piattaforma logistica nazionale digitale. Proprio in quanto presidente di Uirnet ha potuto partecipare alla cabina di regia insieme con il governo Conte. D’Agostino è anche vicepresidente dell’European sea ports organisation (Espo). A pagina 113 del documento del Piano nazionale resistenza e resilienza si parla proprio dello «sviluppo del porto di Trieste» e si legge che «è prevista la realizzazione del progetto Adriagateway di potenziamento complessivo del sistema logistico del porto di Trieste sia con riferimento alla parte terminalistica che a quella dei collegamenti ferroviari». Ma quali saranno le strategie dei tedeschi? Va ricordato che secondo il direttore generale delle Dogane, Marcello Minenna, il 70% dell’export italiano è ormai in mano a operatori logistici stranieri.
Benjamin Netanyahu (Ansa)