2019-10-31
I 3 miliardi per la lotta al contante nascondono un sacco di fregature
Per il cashless la stessa cifra destinata al taglio del cuneo. Intanto, però, mancano criteri di erogazione e forma del rimborso (soldi reali o detrazioni), rimandati a un decreto ad hoc. Ma il vero obiettivo resta tracciare tutto.Nuova bozza: stretta su filtri e cartine. Oltre a plastic e sugar tax, aumentano le accise sul gasolio per camion. Saltano le agevolazioni sulle auto aziendali. Imu e Tasi unite, in arrivo brutte sorprese.Lo speciale contiene due articoli.È vero, la manovra è ancora scritta sulla sabbia e può ancora cambiare. Purtroppo però il governo ha tenuto a precisare che le eventuali novità si riferiranno solo ai dettagli, perché l'impalcatura resterà la stessa da qui a Natale. Deficit e macro imposte non si toccano. Ogni futuro cambiamento servirà soltanto ad aggiungere mini imposte che avranno un duplice effetto negativo. Primo: porteranno via soldi ai contribuenti senza dare in cambio alcun servizio; secondo - e pure peggio - faranno perdere ai cittadini molto più tempo del necessario. In pratica, lo stesso effetto di quei ladri che per rubare un oggetto da 50 euro causano un danno da 500. A fronte di tutto questo disagio, sono stati stanziati 6,5 miliardi teoricamente destinati a ritornare nelle tasche degli italiani. I primi 3,5 miliardi andranno a fare da copertura al taglio del cuneo fiscale. L'iniziativa partirà nella seconda metà del 2020 e renderà un po' più pesanti le buste paghe dei lavoratori dipendenti. Si tratterà al massimo di 30 euro in più da spendere. Poco, ma meglio che nulla. Gli altri 3 miliardi - la novità emersa durante l'ultimo cdm - serviranno invece a finanziare il cashback. Una cifra enorme (dieci volte tanto rispetto a quanto stanziato per incentivare l'uso degli asili) che Giuseppe Conte e Roberto Gualtieri hanno destinato per incentivare l'uso dei pagamenti elettronici. A luglio del 2020 partirà il progetto «Italia cashless», che solo dal nome è inquietante. Una strategia di lungo termine, mirata a rendere difficile, disincentivante o quasi impossibile l'uso del contante. Il Mef ha annunciato di studiare incentivi per chi pagherà con carte e bancomat per una somma che non potrà superare i 3 miliardi. In pratica, chi spende per determinati tipi di acquisti e in ogni caso attraverso la valuta digitale avrà un ritorno economico che si aggirerà intorno al 2%. Per i dettagli dei rimborsi bisognerà aspettare un decreto ad hoc (previsto ad aprile 2020) e un parere positivo del Garante della privacy. Ciò che trapela a oggi non è tantissimo. Potrebbe trattarsi dell'introduzione di un super bonus da riconoscersi all'inizio del 2021 in relazione alle spese effettuate esclusivamente con strumenti di pagamento tracciabili nei settori in cui è ancora molto diffuso l'uso del contante. Dovrebbe anche essere stabilita l'istituzione di premi speciali per le spese pagate con moneta elettronica e sanzioni per la mancata accettazione dei pagamenti con carte di credito o bancomat. Tecnicamente siamo di fronte a qualcosa di estremamente complesso. Il governo dovrebbe contattare i gestori di Pos come Nexi, Unicredit e Intesa e chiedere la tracciabilità di tutte le movimentazioni e assegnare a ciascuna un punteggio da valutare a fine anno. Mettendo su un piatto i 3 miliardi sarà più facile convincere i gestori a ridurre i costi delle commissioni. Ovviamente le fintech che già oggi si basano sul cashback potrebbero avere importanti vantaggi, visto che una fetta del marketing che oggi utilizzano per lanciare i loro prodotti sarebbe nei fatti pagata dallo Stato. Almeno solo nel caso in cui il concetto di cashback statale debba essere considerato come un rimborso in soldi (sebbene virtuali). Il vero rischio è che il superbonus sia semplicemente una voce di detrazione da usare a gennaio di ogni nuovo anno. In tal caso si comprenderebbe che forma può assumere l'immensa fregatura. Innanzitutto, se gli accordi si fanno, come sembra, solo sui Pos, i pagamenti su piattaforme online (e-commerce) ne sarebbero esclusi. Dunque gran parte delle carte fintech resterebbero fuori dal progetto «Italia cashless». Tradotto: i 3 miliardi messi a budget sembrano piuttosto un enorme specchietto per le allodole. Il governo mira a spingere gli italiani nella fossa della tracciabilità per poi conoscere tutte le abitudini e tagliare le tax expenditure in base ai dati statistici. In questo modo si riuscirà a innalzare la pressione fiscale senza che i cittadini se ne accorgano nel breve termine. Poi, negli anni successivi, si potrà innalzare l'Iva, visto che nel 2021 ne restano 18 miliardi ancora vincolati dalle clausole di salvaguardia. A quel punto gli italiani si troveranno davanti a un bivio: pagare l'imposta sui consumi anche se aumentata di uno sproposito o perdere tutte le agevolazioni fiscali e le detrazioni. E quindi pagare più tasse sul reddito. Se cercheranno di protestare, saranno definiti evasori. Uno scenario pessimo che potrebbe diventare orribile. Chi è in grado di escludere che l'enorme massa di dati ricavata dall'uso delle carte non finisca in brutte mani?<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/i-3-miliardi-per-la-lotta-al-contante-nascondono-un-sacco-di-fregature-2641168113.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="gasolio-zucchero-giochi-e-fumo-fioccano-le-tasse-per-rieducarci" data-post-id="2641168113" data-published-at="1757983622" data-use-pagination="False"> Gasolio, zucchero, giochi e fumo. Fioccano le tasse per «rieducarci» Con sprezzo del ridicolo, ieri il Corriere della Sera ha titolato: «Meno tasse nella manovra». Ecco invece, nei suoi capitoli più gravi e rilevanti, il diluvio fiscale contenuto nell'ultima versione della legge di bilancio. A decorrere dal 2020 (quindi per le dichiarazioni 2021), l'accesso alle detrazioni fiscali sarà subordinato al fatto che le spese siano avvenute con bonifici o attraverso pagamenti elettronici (bancomat o carta). È dunque sancita una totale e ingiustificata discriminazione contro il contante: non è considerata l'ipotesi (che dovrebbe essere quella ordinaria) che il contribuente abbia usato denaro contante guadagnato legalmente. La legge di bilancio dichiara una guerra pauperista e anti creazione di ricchezza contro i «benestanti». Stabilisce infatti una soglia di reddito (120.000 euro) oltre la quale la detrazione si assottiglia, fino ad annullarsi oltre i 240.000 euro. Paradosso totale: anziché incentivare i più abbienti a spendere, si opera per scoraggiare la loro propensione al consumo. Autentica mazzata contro le auto aziendali in fringe benefit: lo sconto al 30% del valore di automobili e moto concesse in uso cosiddetto «promiscuo», che ora vale per tutti i dipendenti, con la nuova legge di bilancio resterà limitato ai soli agenti e rappresentanti di commercio. Per tutti gli altri, i mezzi in fringe benefit saranno calcolati a valore integrale, triplicando di fatto l'imposta. Aumenteranno pure le accise sul gasolio sui mezzi di trasporto pesanti euro 3, e dal 2021 anche euro 4. Riviste, sempre in chiave ambientale, anche le accise sui prodotti energetici impiegati per produrre energia. Come nella vituperata Prima Repubblica, non manca il solito aumento sulle sigarette. L'aumento è di 5 euro al chilo dell'accisa minima sui tabacchi lavorati. Salve solo (per ora) le sigarette elettroniche. Si aggiunge pure una novità: una tassa su cartine e filtri per le sigarette da arrotolare (0,005 euro su ogni pezzo contenuto nelle confezioni). Tanto tuonò, che piovve. Dopo il dibattito innescato dal ministro Lorenzo Fioramonti, arriva l'imposta sul consumo di bevande con zuccheri aggiunti. Entità? Dice la bozza della manovra: «Euro 10 per ettolitro, per i prodotti finiti; di euro 0,25 per chilogrammo, per i prodotti predisposti ad essere utilizzati previa diluizione». Una specie di Iva aggiuntiva, in altre parole, inevitabilmente destinata a scaricarsi sui prezzi finali al consumo. Chi si salva? La tassa «non si applica alle bevande edulcorate cedute direttamente dal fabbricante nazionale per il consumo in altri Paesi dell'Ue ovvero destinate, dallo stesso soggetto, ad essere esportate». Esenti anche le bevande a bassissimo contenuto edulcorante. Destinata a «cubare» più di un miliardo, e a sua volta a riverberarsi pesantemente sul consumatore, arriva la plastic tax, che colpirà i cosiddetti «manufatti a impiego singolo con funzione di contenimento, protezione, manipolazione o consegna di merci o di prodotti alimentari». Entità? 1 euro per chilogrammo di materia plastica. Da segnalare il tentativo in extremis, capofila il ministro Sergio Costa, di esentare le plastiche compostabili. Paradossi green: tasseranno pure ciò che è riciclabile? La stangata sui giochi assume dimensioni statosferiche, e arriverà a cubare circa 800 milioni. Conversando con La Verità, Geronimo Cardia, presidente di Acadi, ha lanciato un vero allarme: «Già nel 2018 l'Ufficio parlamentare di bilancio aveva avvisato il Parlamento sul fatto che gli aumenti fiscali stavano mettendo a rischio la tenuta del comparto. Da allora, sono arrivati altri quattro aumenti. Questo inasprimento va a erodere, fino a renderli insostenibilmente bassi, i ricavi previsti al momento della sottoscrizione della concessione». Cardia ammonisce anche sul rischio, sempre più concreto, di regalare spazio al gioco illegale: «Pesano le tasse, e pesano anche le norme regionali sul 'distanziometro', spesso viziate da errori tecnici: sono così tanti i luoghi sensibili, che si rischiano di lasciare spazi immensi solo all'offerta illegale». Come si temeva, e come aveva denunciato il presidente di Confedilizia Giorgio Spaziani Testa, scatta l'unificazione delle due imposte, ma senza riduzione, chiamata «local tax». Anzi: c'è il rischio di un aumento silenzioso, nel momento in cui si fissa un'aliquota dell'8,6 per mille. Finora, infatti, c'era un 7,6 di Imu e un 1 di Tasi, ma alcuni Comuni non applicavano la Tasi. Il rischio di un peggioramento di trattamento per alcuni è dunque concreto. Confedilizia continua inoltre a sottolineare il fatto che, mentre tutti si riempiono la bocca parlando di service tax, è paradossalmente sparito qualunque riferimento ai servizi, inchiodando l'Imu-Tasi a una natura di piena patrimoniale. Resta infine l'ultima osservazione critica di Giorgio Spaziani Testa: per una complicata questione tecnica, che si trascina da anni, gli immobili di Roma, Milano e altre città si ritrovano con una imposizione maggiore. Nella logica delle proclamazioni ambientaliste, viene istituito un fondo (470 milioni nel 2020, 930 nel 2021 e 1420 per il 2022 e per il 2023) per il cosiddetto green new deal. Obiettivo: sostenere, anche in partenariato pubblico-privato, «progetti economicamente sostenibili che abbiano come obiettivo la decarbonizzazione dell'economia, l'economia circolare, la rigenerazione urbana, il turismo sostenibile». Insomma, non hanno il coraggio di dire che le loro tasse sono «bellissime», ma cercano di presentarle come «buonissime», per favorire investimenti incerti nella destinazione e nel tempo, e per i quali lo stanziamento iniziale è comunque ridottissimo. Nella relazione tecnica, si legge testualmente: «L'aumento di pena funge da monito e deterrente ad un comportamento illecito, diffuso in alcune categorie del settore del commercio». Il governo sembra incredibilmente considerare alcuni alla stregua di evasori «a prescindere».
Nel riquadro Roberto Catalucci. Sullo sfondo il Centro Federale Tennis Brallo
Sempre più risparmiatori scelgono i Piani di accumulo del capitale in fondi scambiati in borsa per costruire un capitale con costi chiari e trasparenti. A differenza dei fondi tradizionali, dove le commissioni erodono i rendimenti, gli Etf offrono efficienza e diversificazione nel lungo periodo.
Il risparmio gestito non è più un lusso per pochi, ma una realtà accessibile a un numero crescente di investitori. In Europa si sta assistendo a una vera e propria rivoluzione, con milioni di risparmiatori che scelgono di investire attraverso i Piani di accumulo del capitale (Pac). Questi piani permettono di mettere da parte piccole somme di denaro a intervalli regolari e il Pac si sta affermando come uno strumento essenziale per chiunque voglia crearsi una "pensione di scorta" in modo semplice e trasparente, con costi chiari e sotto controllo.
«Oggi il risparmio gestito è alla portata di tutti, e i numeri lo dimostrano: in Europa, gli investitori privati detengono circa 266 miliardi di euro in etf. E si prevede che entro la fine del 2028 questa cifra supererà i 650 miliardi di euro», spiega Salvatore Gaziano, responsabile delle strategie di investimento di SoldiExpert SCF. Questo dato conferma la fiducia crescente in strumenti come gli etf, che rappresentano l'ossatura perfetta per un PAC che ha visto in questi anni soprattutto dalla Germania il boom di questa formula. Si stima che quasi 11 milioni di piani di risparmio in Etf, con un volume di circa 17,6 miliardi di euro, siano già attivi, e si prevede che entro il 2028 si arriverà a 32 milioni di piani.
Uno degli aspetti più cruciali di un investimento a lungo termine è il costo. Spesso sottovalutato, può erodere gran parte dei rendimenti nel tempo. La scelta tra un fondo con costi elevati e un Etf a costi ridotti può fare la differenza tra il successo e il fallimento del proprio piano di accumulo.
«I nostri studi, e il buon senso, ci dicono che i costi contano. La maggior parte dei fondi comuni, infatti, fallisce nel battere il proprio indice di riferimento proprio a causa dei costi elevati. Siamo di fronte a una realtà dove oltre il 90% dei fondi tradizionali non riesce a superare i propri benchmark nel lungo periodo, a causa delle alte commissioni di gestione, che spesso superano il 2% annuo, oltre a costi di performance, ingresso e uscita», sottolinea Gaziano.
Gli Etf, al contrario, sono noti per la loro trasparenza e i costi di gestione (Ter) che spesso non superano lo 0,3% annuo. Per fare un esempio pratico che dimostra il potere dei costi, ipotizziamo di investire 200 euro al mese per 30 anni, con un rendimento annuo ipotizzato del 7%. Due gli scenari. Il primo (fondo con costi elevati): con un costo di gestione annuo del 2%, il capitale finale si aggirerebbe intorno ai 167.000 euro (al netto dei costi). Il secondo (etf a costi ridotti): Con una spesa dello 0,3%, il capitale finale supererebbe i 231.000 euro (al netto dei costi).
Una differenza di quasi 64.000 euro che dimostra in modo lampante come i costi incidano profondamente sul risultato finale del nostro Pac. «È fondamentale, quando si valuta un investimento, guardare non solo al rendimento potenziale, ma anche e soprattutto ai costi. È la variabile più facile da controllare», afferma Salvatore Gaziano.
Un altro vantaggio degli Etf è la loro naturale diversificazione. Un singolo etf può raggruppare centinaia o migliaia di titoli di diverse aziende, settori e Paesi, garantendo una ripartizione del rischio senza dover acquistare decine di strumenti diversi. Questo evita di concentrare il proprio capitale su settori «di moda» o troppo specifici, che possono essere molto volatili.
Per un Pac, che per sua natura è un investimento a lungo termine, è fondamentale investire in un paniere il più possibile ampio e diversificato, che non risenta dei cicli di mercato di un singolo settore o di un singolo Paese. Gli Etf globali, ad esempio, che replicano indici come l'Msci World, offrono proprio questa caratteristica, riducendo il rischio di entrare sul mercato "al momento sbagliato" e permettendo di beneficiare della crescita economica mondiale.
La crescente domanda di Pac in Etf ha spinto banche e broker a competere offrendo soluzioni sempre più convenienti. Oggi, è possibile costruire un piano di accumulo con commissioni di acquisto molto basse, o addirittura azzerate. Alcuni esempi? Directa: È stata pioniera in Italia offrendo un Pac automatico in Etf con zero costi di esecuzione su una vasta lista di strumenti convenzionati. È una soluzione ideale per chi vuole avere il pieno controllo e agire in autonomia. Fineco: Con il servizio Piano Replay, permette di creare un Pac su Etf con la possibilità di ribilanciamento automatico. L'offerta è particolarmente vantaggiosa per gli under 30, che possono usufruire del servizio gratuitamente. Moneyfarm: Ha recentemente lanciato il suo Pac in Etf automatico, che si aggiunge al servizio di gestione patrimoniale. Con versamenti a partire da 10 euro e commissioni di acquisto azzerate, si posiziona come una valida alternativa per chi cerca semplicità e automazione.
Ma sono sempre più numerose le banche e le piattaforme (Trade Republic, Scalable, Revolut…) che offrono la possibilità di sottoscrivere dei Pac in etf o comunque tutte consentono di negoziare gli etf e naturalmente un aspetto importante prima di sottoscrivere un pac è valutare i costi sia dello strumento sottostante che quelli diretti e indiretti come spese fisse o di negoziazione.
La scelta della piattaforma dipende dalle esigenze di ciascuno, ma il punto fermo rimane l'importanza di investire in strumenti diversificati e con costi contenuti. Per un investimento di lungo periodo, è fondamentale scegliere un paniere che non sia troppo tematico o «alla moda» secondo SoldiExpert SCF ma che rifletta una diversificazione ampia a livello di settori e Paesi. Questo è il miglior antidoto contro la volatilità e le mode del momento.
«Come consulenti finanziari indipendenti ovvero soggetti iscritti all’Albo Ocf (obbligatorio per chi in Italia fornisce consigli di investimento)», spiega Gaziano, «forniamo un’ampia consulenza senza conflitti di interesse (siamo pagati solo a parcella e non riceviamo commissioni sui prodotti o strumenti consigliati) a piccoli e grandi investitore e supportiamo i clienti nella scelta del Pac migliore a partire dalla scelta dell’intermediario e poi degli strumenti migliori o valutiamo se già sono stati attivati dei Pac magari in fondi di investimento se superano la valutazione costi-benefici».
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