2024-08-10
Harris l’inclusiva detesta gli italoamericani
L’associazione che li rappresenta accusa: «Ha scelto come vice Walz che non ha impedito l’abbattimento di una statua dedicata a Colombo». E sul governatore del Minnesota cade un’altra tegola: ha ospitato ai suoi eventi un imam fortemente anti israeliano. La polizia manterrà la massima allerta: ieri bloccato subito uno scontro a Barnsley.Lo speciale contiene due articoli. Continuano a ripetervi che Kamala Harris, soprattutto grazie alla scelta di Tim Walz come vice, sarebbe magicamente riuscita a compattare il Partito democratico. Vi diamo una notizia: non è così.Negli ultimi giorni, la vicepresidente è riuscita nell’impresa di inimicarsi più o meno contemporaneamente i filoisraeliani, i filopalestinesi, i cattolici e, adesso, anche gli italoamericani. Mike Crispi, membro del board dell’associazione Italian american civil rights league, ha chiesto che il governatore del Minnesota si ritiri dalla campagna elettorale, accusandolo di non aver fatto nulla per impedire l’abbattimento di una statua di Cristoforo Colombo a Saint Paul quattro anni fa. «Walz non ha fatto nulla per impedire ai vandali radicali di prendere di mira il simbolo più importante della cultura italoamericana in un flagrante crimine d’odio», ha tuonato Crispi. «Non ha fatto nulla per proteggere la statua», ha aggiunto. Va detto, per completezza, che Crispi è anche un delegato repubblicano che sostiene Donald Trump. Tuttavia la questione che pone è oggettiva e potenzialmente assai rischiosa per la campagna della Harris.Era giugno 2020 quando la statua di Colombo a Saint Paul fu abbattuta da alcuni manifestanti di estrema sinistra che protestavano sulla scia della morte di George Floyd. Walz, pur esprimendo un generico disappunto, assunse un atteggiamento giustificazionista nei confronti degli estremisti: «Ciò che questo simboleggia e ciò di cui non parliamo può portare a questo genere di cose», affermò il governatore. D’altronde, la sua vice, Peggy Flanagan, si era mostrata fondamentalmente a favore di quell’atto vandalico: «Non posso dire di essere triste per l’abbattimento della statua di Cristoforo Colombo. Non lo sono», aveva non a caso dichiarato. Per poi aggiungere: «L’arrivo di Cristoforo Colombo in quelle che ora sono le Americhe ha messo in moto secoli di violenza e genocidio ai danni dei popoli indigeni».«Sapevano che c’era una minaccia per la statua di Colombo e non sono riusciti a proteggerla adeguatamente», replicò, all’epoca, l’allora leader della maggioranza al Senato del Minnesota, il repubblicano Paul Gazelka, riferendosi a Walz e alla Flanagan. Non solo. È sempre sotto l’amministrazione di Walz che, dall’anno scorso, il Minnesota ha cessato di celebrare il Columbus day, sostituendolo con l’Indigenous people’s day, in ossequio all’ideologia estremista della cancel culture. Del resto, a esprimersi duramente contro la giornata in memoria di Colombo era stata, nell’ottobre 2021, anche la Harris. «Dal 1934, ogni ottobre gli Stati Uniti commemorano il viaggio degli esploratori europei che per primi sbarcarono sulle coste delle Americhe», dichiarò, per poi proseguire: «Quegli esploratori hanno inaugurato un’ondata di devastazione per i popoli tribali, perpetrando violenza, rubando terre e diffondendo malattie». Parole che potrebbero ora trasformarsi in un boomerang per la Harris e Walz.Non è un mistero che la comunità italoamericana sia sempre andata molto orgogliosa della figura di Colombo. E adesso potrebbe decidere di farla elettoralmente pagare all’attuale ticket dem. D’altronde, se un tempo gli italoamericani appartenevano prevalentemente al Partito democratico, negli scorsi anni hanno iniziato a virare verso i repubblicani. Da questo punto di vista, l’iconoclastia woke ha, in un certo senso, accelerato tale processo. Basti pensare che, a ottobre 2020, Trump, da presidente, definì Colombo «il grande italiano che aprì un nuovo capitolo nella storia mondiale». «Purtroppo», aggiunse, «negli ultimi anni, attivisti radicali hanno cercato di minarne l’eredità». Va, tra l’altro, considerato che una parte assai consistente degli italoamericani appartiene a sua volta alla comunità cattolica: una quota elettorale, questa, il cui sostegno spesso garantisce la conquista della Casa Bianca.Fatto sta che l’attuale ticket dem è il più abortista che la storia americana ricordi. Non a caso, pur congratulandosi per la sua nomina a running mate, la Minnesota catholic conference ha rimarcato la sua distanza da Walz sulla questione dell’interruzione di gravidanza. Come se non bastasse, nel 2018, da senatrice, la Harris rimproverò a un candidato giudice la sua appartenenza ai Cavalieri di Colombo: storica associazione cattolica, di cui fecero parte importanti esponenti dem come John e Ted Kennedy. Fondata nel 1882, questa organizzazione scelse proprio Cristoforo Colombo come suo patrono, per sottolineare il pieno coinvolgimento dei cattolici nella società americana.Insomma, con i suoi cedimenti all’ideologia woke, la Harris rischia di perdere ulteriormente terreno tra gli elettori italoamericani. Deve, inoltre, fronteggiare i malumori dei dem centristi e filoisraeliani, delusi dal fatto che non abbia scelto come vice Josh Shapiro. Eppure, nonostante il suo appeasement nei confronti degli estremisti pro Palestina, la vicepresidente si è ritrovata platealmente contestata da costoro mercoledì in Michigan.E così, mentre sta scontentando tutto lo scontentabile, una nuova tegola rischia di cadere sul suo capo. Ieri, il Washington Examiner ha rivelato che, tra il 2019 e il 2023, Walz, da governatore, ha più volte ospitato, in eventi pubblici, una figura assai controversa: l’imam Asad Zaman, che, direttore esecutivo della Muslim american society of Minnesota, espresse «solidarietà ai palestinesi» 24 ore dopo l’attacco del 7 ottobre e che, su Facebook, sta continuando a rilanciare la propaganda antisraeliana dell’estrema sinistra dem. Tra l’altro, nel 2020, proprio Zaman si disse «felice» per l’abbattimento della statua di Colombo a Saint Paul. Il cerchio, quindi, si chiude. E qualcuno cerca ancora di farvi credere che la Harris sia una politica acuta e illuminata.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/harris-linclusiva-detesta-gli-italoamericani-2668940840.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="odio-via-social-prima-condanna-in-uk-previsti-altri-disordini-nel-weekend" data-post-id="2668940840" data-published-at="1723285754" data-use-pagination="False"> Odio via social, prima condanna in Uk. Previsti altri disordini nel weekend Scotland yard l’aveva annunciato e non era solo un monito: vi arresteremo anche solo per un retweet. E così è stato: ieri il ventottenne Jordan Parlour è stato condannato dal tribunale di Leeds a 20 mesi di carcere per istigazione all’odio razziale per i post pubblicati nel corso dei disordini dell’ultradestra nel Regno Unito. È il primo caso del genere nell’ambito dei riots da gente stufa e impoverita che non si sente garantita e ultrà della sinistra che incoraggiano l’immigrazione e promuovono il rogo per quelli che chiamano «razzisti». Parlour, che si era fatto notare per il suo attivismo digitale, avrebbe utilizzato i social per incitare gli estremisti di destra ad attaccare un hotel nella città di Leeds che ospitava richiedenti asilo e rifugiati. La sentenza rappresenta un segnale chiaro e inequivocabile: l’istigazione all’odio non sarà tollerata, né online né offline. E arriva in un contesto di crescente instabilità sociale.Da giorni, il Regno Unito è teatro di disordini scatenati da una miscela esplosiva di tensioni etniche, economiche e politiche. La miccia? Un tragico episodio di violenza: l’accoltellamento di tre bambine nel Nord-Ovest dell’Inghilterra, un crimine atroce che ha sconvolto l’intera nazione. Ma il vero detonatore è stata l’identità del sospettato, un diciassettenne gallese di origini rwandesi che era stato presentato come un islamista. Il governo britannico, intanto, ha disposto lo «stato di massima allerta» per affrontare le proteste violente dell’ultradestra previste per il fine settimana.Ieri lo ha annunciato alla Bbc il viceministro Nick Thomas-Symonds dopo la terza riunione del comitato per le emergenze Cobra, un super tavolo di specialisti dell’ordine e la sicurezza pubblica presieduto dal premier laburista Keir Starmer, solitamente convocato in situazioni di crisi nazionale e che ha elaborato un piano d’azione per fronteggiare quella che ormai è vista come una vera e propria minaccia alla sicurezza pubblica. Il ministro ha aggiunto che le forze dell’ordine sono preparate per affrontare «diverse eventualità». Un detto-non detto che lascia presagire che le forze dell’ordine avranno il polso molto fermo. Le partite di calcio in programma nel weekend potrebbero creare le condizioni per nuovi disordini, teme la polizia. Gavin Stephens, presidente del National police chiefs’ council, ha avvertito che «l’intento di violenza e distruzione non è scomparso».La massiccia presenza di agenti nelle strade è destinata a restare per scongiurare nuovi riots: ieri un piccolo scontro fra fazioni rivali nel centro di Barnsley, nell’Inghilterra centrale, è stato immediatamente fermato dall’intervento delle forze dell’ordine che hanno compiuto alcuni arresti. Mentre procedono a ritmo serrato sia le indagini sui disordini dei giorni scorsi e la ricerca dei responsabili, le cui foto vengono diffuse sui media dalla polizia, sia i processi nei tribunali con condanne rapide. Dopo dieci giorni di rivolte c’è una tregua. Fatta eccezione per l’Irlanda del Nord, il Regno Unito non registra nuovi focolai di violenza da martedì. Le proteste sono state innescate e alimentate, come detto, dall’identità del sospettato, un diciassettenne nato in Galles da genitori rwandesi. Quasi 500 persone sono state arrestate e 150 incriminate, molte già condannate. Le indagini sui disordini dei giorni scorsi procedono a ritmo serrato. La polizia sta utilizzando tutte le risorse disponibili per identificare e catturare i responsabili degli atti di violenza, con le foto dei sospettati che vengono diffuse sui media e sui social nella speranza di ottenere informazioni utili. Le immagini dei disordini, con negozi saccheggiati e veicoli incendiati, hanno fatto il giro del mondo, mostrando un Paese in crisi, lacerato da divisioni profonde e con una popolazione che sembra aver perso fiducia nelle istituzioni.
Il fiume Nilo Azzurro nei pressi della Grande Diga Etiope della Rinascita (GERD) a Guba, in Etiopia (Getty Images)
Ecco #EdicolaVerità, la rassegna stampa podcast del 12 settembre con Carlo Cambi