2025-07-09
Haftar caccia Piantedosi e gli inviati dell’Ue
Matteo Piantedosi (Imagoeconomica)
Terminata la visita a Tripoli, con l’impegno a donare motovedette alla Libia, i cirenaici espellono la delegazione: «Sono persone non gradite». Il Viminale minimizza («Non eravamo noi il bersaglio») e incassa una vittoria in Consulta sul fermo delle navi Ong.Uno schiaffo diplomatico senza precedenti: ieri pomeriggio il governo dell’Est della Libia, regione sotto il controllo del generale Khalifa Haftar, ha dichiarato «persone non gradite» il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, i suoi colleghi greco e maltese, Thanos Plevris e Byron Camiller, e il commissario europeo per le Migrazioni, Magnus Brunner (mentre il Viminale sostiene che non fosse Piantedosi il bersaglio del provvedimento di Bengasi), intimando loro di lasciare immediatamente il Paese. I quattro sono saliti sui rispettivi aerei e se ne sono tornati a casa. Erano arrivati in Cirenaica dopo aver partecipato, in mattinata, a un incontro a Tripoli con il ministro dell’Interno del governo di unità nazionale libico, Emad Trabelsi, sull’immigrazione. Una volta arrivati all’aeroporto di Benina, nella parte della Libia controllata invece da Haftar, che si oppone al governo di Tripoli, per Piantedosi e gli altri è scattato il rimpatrio.Il primo ministro del governo della Libia orientale, Osama Saad Hammad, ha diffuso un comunicato ufficiale con il quale giustifica la cacciata dei ministri da Bengasi con il «chiaro superamento delle consuetudini diplomatiche e dei trattati internazionali». Il comportamento di Piantedosi, Plevris, Camiller e Brunner viene definito «una mancanza di rispetto alla sovranità nazionale libica e una palese violazione delle leggi del Paese. Dopo l’arrivo della delegazione all’aeroporto internazionale di Benina», spiega il comunicato del governo della Cirenaica, «le autorità hanno ritenuto necessario notificare ai funzionari europei l’obbligo di lasciare immediatamente il territorio libico e considerarli persone non gradite». Inevitabilmente, le opposizioni si sono scatenate: «Massima solidarietà a Piantedosi», ha scritto sui social il leader di Iv, Matteo Renzi. «Profonda vergogna per come il nostro Paese gestisce la politica estera e le relazioni internazionali: non ci meritiamo certe figuracce globali». «Piantedosi è stato respinto dalla Libia perché accusato di ingresso illegale. Stavo pensando a un commento ironico, ma direi che va già bene così», ha ironizzato il deputato pd Matteo Orfini.Dal Viminale hanno minimizzato: fonti qualificate hanno spiegato all’Ansa che c’è stata «un’incomprensione protocollare non gestita dalla rappresentanza italiana. Il problema non ha mai riguardato assolutamente la componente italiana della delegazione e men che mai i rapporti bilaterali con l’Italia».Prima dell’incidente diplomatico, nella prima parte della visita, a Tripoli, la delegazione era stata accolta dal ministro dell’Interno del governo di unità nazionale libico, Trabelsi. Nel corso dell’incontro, Piantedosi ha lanciato l’allerta sull’aumento degli sbarchi di migranti provenienti dalla Tripolitania rispetto allo stesso periodo del 2024. «La situazione, con la stagione estiva, rischia di peggiorare ulteriormente», ha sottolineato il ministro, annunciando che l’Italia è pronta a consegnare due nuove imbarcazioni alla Guardia costiera libica, fornite dalla Guardia di finanza. La collaborazione tra Italia e Libia si basa anche sul rafforzamento dei rimpatri volontari assistiti dalla Libia, sul sostegno alle autorità libiche nella gestione dei centri per migranti e sul rafforzamento della gestione integrata delle frontiere marittime.Giornata intensa, quella di ieri, sul fronte dell’immigrazione: la Corte costituzionale ha dichiarato legittimo il fermo amministrativo della nave Ocean Viking, effettuato nel febbraio 2024 in base al cosiddetto decreto Piantedosi, reputando infondate le questioni sollevate dal Tribunale ordinario di Brindisi. La Ocean Viking era stata sottoposta a fermo amministrativo di 20 giorni per il mancato rispetto delle indicazioni della Guardia costiera libica e il divieto di fare salvataggi multipli. Il fermo era scattato dopo l’arrivo a Brindisi con a bordo 281 migranti, ma i giudici brindisini (su ricorso della società Hoyland offshore srl e di Sos Mediterranée) avevano sospeso il provvedimento e rinviato la decisione alla Consulta. Che si è espressa ieri, dando totalmente ragione al governo: «Quando il comandante della nave o l’armatore non fornisce le informazioni richieste dalla competente autorità nazionale per la ricerca e il soccorso in mare», recita l’articolo sottoposto al vaglio della Consulta, «nonché dalla struttura nazionale preposta al coordinamento delle attività di polizia di frontiera e di contrasto dell’immigrazione clandestina o non si uniforma alle loro indicazioni, si applica la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 2.000 a euro 10.000. Alla contestazione della violazione consegue l’applicazione della sanzione amministrativa accessoria del fermo amministrativo per 20 giorni della nave utilizzata per commettere la violazione». Secondo la Corte, «la condotta sanzionata è descritta in modo puntuale ed è la legge a tracciare una chiara linea di confine tra lecito e illecito, evitando l’arbitrio del giudice e garantendo la conoscibilità del precetto». Anche la disposizione del fermo del taxi del mare, poi, secondo i giudici, «non rappresenta una risposta sanzionatoria irragionevole e sproporzionata». In sostanza, per la Consulta, non si tratta di una norma pensata per colpire le navi «buone», ma per quelle che si sottraggono alla cooperazione tra le autorità. C’è però un ultimo passaggio, apparentemente tecnico, ma non secondario. La Corte ha deciso di restituire gli atti al giudice di Brindisi per un’ulteriore valutazione sulla «fissità» del fermo, cioè l’automatismo della sua durata, che finora avveniva senza possibilità di riduzione, adattamento o valutazione caso per caso da parte dell’autorità o del giudice. Che ora dovrà stabilire se i 20 giorni di stop alla Ocean Viking erano proporzionati.
La leggendaria bacchetta svela le ragioni che l’hanno portato a fondare una vera e propria Accademia per direttori d’orchestra, che dal 2015 gira il mondo per non disperdere quel patrimonio di conoscenze sul repertorio operistico che ha ereditato dai giganti della scuola italiana.
Ll’ex procuratore aggiunto di Pavia Mario Venditti (Ansa). Nel riquadro la copertina del numero di «Panorama» da oggi in edicola