2025-07-11
C’è la guerra? L’Ue si vende il deficit
Il commissario all’Economia Valdis Dombrovskis (Ansa)
Il commissario all’Economia Valdis Dombrovskis tenta Roma: «Se aumenta le spese nella Difesa può uscire dalla procedura». Poi ci riprova con il Mes: «La ratifica sarebbe importante».Arriva da Bruxelles un nuovo ricatto all’Italia, a opera questa volta del commissario per l’Economia e la produttività (sic), il lettone Valdis Dombrovskis. Parlando della clausola di salvaguardia con deroghe al Patto di stabilità per consentire spese nella difesa agli Stati, il commissario europeo in una dichiarazione a Sky Tg24 ha accennato alla possibilità che la Commissione fermi la procedura di infrazione per deficit eccessivo nei confronti dell’Italia. A condizione che il governo italiano attivi la clausola che permette agli Stati membri di aumentare la spesa per la difesa. Sinora, il governo di Giorgia Meloni ha escluso in maniera netta di voler attivare tale clausola. «Stiamo discutendo con l’Italia della possibilità di uscire dalla procedura per deficit eccessivo e poter far funzionare questa clausola per l’Italia. Siamo in un colloquio costruttivo e troveremo soluzioni che permettano all’Italia di aumentare le spese per la difesa. Se l’Italia dovesse richiedere questa clausola, andremo ad aggiustare gli obiettivi di deficit», ha detto Dombrovskis. «Siamo in contatto costante con le autorità italiane. Ieri ho avuto una conversazione con il ministro delle Finanze, Giorgetti, qui a Roma su questo argomento», ha poi aggiunto il lettone. Un discorso che sembra un’offerta generosa, ma che, scavando sotto la superficie, rivela l’ennesimo tentativo dell’Unione europea di condizionare la politica interna saltando a piè pari i processi democratici. La clausola relativa alle spese per la difesa è un escamotage inserito nel Patto di stabilità e crescita, rivisto sotto la pressione tedesca. Serve, almeno sulla carta, a dare agli Stati membri la possibilità di derogare ai rigidi limiti di bilancio (il 3% di deficit sul Pil, il 60% di debito sul Pil) per finanziare spese e investimenti in armamenti e sicurezza. Il meccanismo è nato sostanzialmente per permettere alla Germania di riarmarsi senza pesare sui parametri di bilancio cui è tanto affezionata (a parole). Questa disposizione consente agli Stati membri di derogare temporaneamente agli obiettivi di bilancio stabiliti dall’Ue, aumentando la spesa pubblica per la difesa senza incorrere nelle sanzioni legate al deficit eccessivo, a patto che tali spese siano considerate «eccezionali» e giustificate da esigenze di sicurezza collettiva. La Commissione europea stabilisce i limiti di deficit e debito, monitorando gli Stati attraverso il cosiddetto «semestre europeo». Quando un Paese supera questi parametri, scatta la procedura per deficit eccessivo, che può culminare in multe, tagli alla spesa sociale o imposizione delle famigerate riforme strutturali.Il meccanismo offre dunque una flessibilità condizionata: si può sforare se si comprano armi, grossomodo. Al punto che anche le procedure in essere per deficit eccessivo (cui l’Italia è sottoposta assieme ad altri sei Paesi per il bilancio del 2023, quando il deficit italiano ha raggiunto il 7,4% del Pil) possono essere riviste o fermate, a quanto pare. Le parole del commissario lettone, dunque, sono un invito a fare come la Germania, che ha già chiesto alla Commissione europea di consentire un incremento della spesa militare fino all’1,5% del Pil annuo per quattro anni (2025-2028). Berlino ha giustificato la richiesta con la necessità di rafforzare le capacità difensive in risposta alla guerra in Ucraina e all’evoluzione della sicurezza globale. Nel suk di Bruxelles, dunque, si negozia quando a qualcuno interessa negoziare e le regole all’improvviso diventano flessibili. Come forse disse Giulio Andreotti (la paternità della frase è incerta), le regole si applicano ai nemici, per gli amici si interpretano. Dunque la Commissione chiede all’Italia di diventare più amica di Bruxelles per avere migliori condizioni (teoriche) sul bilancio pubblico.La Commissione conferma la propria natura di direttorio tecnocratico che agisce per prassi non codificate, nonostante la bulimia regolatoria e l’ossessione per le regole che affliggono Bruxelles e di riflesso tutta l’Europa. La partita sul rinvio dell’applicazione del nuovo Patto di stabilità si è un po’ stemperata dopo l’introduzione di questa clausola sul riarmo. Non poteva mancare la puntuale pressione sull’Italia per la ratifica della riforma del Mes, il Meccanismo europeo di stabilità. «L’Italia non ha finora ratificato il Mes e naturalmente questo sarebbe importante perché andrebbe a espandere le possibilità per gli strumenti precauzionali di tutti gli Stati membri», ha detto il tetragono Dombrovskis ieri. Niente di nuovo, la solita sgrammaticatura istituzionale: sulla ratifica infatti decide il Parlamento italiano, non il governo, e il Parlamento ha già detto no il 20 dicembre 2023. Il Mes farcirebbe di condizionalità la politica economica dei Paesi dell’Eurozona e in fondo non ha neppure ragione di esistere, considerato che solo la Bce potrebbe risolvere una vera crisi bancaria europea. Temi già ampiamente dibattuti alla noia, ma evidentemente Bruxelles ci prova sempre.
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