2025-04-17
Il Dragone graffia ma soffre le mosse Usa
La Cina sbandiera dati di crescita e invita Washington a smettere di lamentarsi. Allo stesso tempo però silura il suo negoziatore e si dice pronta a trattare (anche Taiwan) con gli Stati Uniti, «se mostrano rispetto». Il braccio di ferro continua sul piano agricolo.Si fa serrato il duello tariffario e geopolitico tra Washington e Pechino. Tuttavia dalla Repubblica popolare arrivano segnali contrastanti, che tradiscono un certo nervosismo. Martedì, il China Daily - testata che fa capo al Partito comunista cinese - ha pubblicato un duro editoriale, in cui si afferma che «gli Stati Uniti dovrebbero smettere di lamentarsi di essere vittime del commercio globale». «Il problema è che vivono al di sopra delle proprie possibilità da decenni. Consumano più di quanto producono», si legge ancora. Eppure, ieri, il Dragone è sembrato vagamente ammorbidirsi. Secondo Bloomberg News, Pechino si è infatti detta aperta a dei colloqui con gli Stati Uniti, purché questi ultimi «mostrino rispetto». Non solo. In sede di negoziati, oltre alle questioni commerciali, la Repubblica popolare desidererebbe trattare anche di Taiwan e delle sanzioni americane alla Cina. Ebbene, non è escludibile che questo comportamento ambivalente celi una certa inquietudine da parte del Dragone. La mezza apertura agli Stati Uniti è arrivata infatti nelle stesse ore in cui il governo di Pechino rimuoveva Wang Shouwen dai suoi incarichi di Rappresentante per le negoziazioni sul commercio internazionale e viceministro del Commercio, per sostituirlo con Li Chenggang. Non solo. È vero che ieri il Dragone ha annunciato una crescita superiore alle aspettative nel corso del primo trimestre. Tuttavia, il dato è in parte dettato dal fatto che la Cina ha incrementato le spedizioni commerciali in vista dei dazi reciproci del 2 aprile. Ci si può quindi attendere che l’impatto delle tariffe americane cambierà drasticamente il quadro. Non dobbiamo d’altronde dimenticare che il governo di Pechino sta incontrando rilevanti difficoltà nello stimolare il consumo interno. Con un’economia in gran parte basata sulle esportazioni, la Repubblica popolare non avrà affatto vita facile nel fronteggiare i pesanti dazi degli Stati Uniti. Certo, Pechino ha le sue carte da giocare. Detiene una cospicua quantità di titoli di Stato americani e ha appena bloccato l’export di alcune terre rare. La Casa Bianca non ha comunque intenzione di restarsene con le mani in mano. L’altro ieri, Donald Trump ha ordinato al Dipartimento del Commercio di condurre «un’indagine sui rischi per la sicurezza nazionale posti dalla dipendenza degli Stati Uniti dai minerali critici lavorati importati e dai loro derivati». Al termine dell’inchiesta, il presidente americano si è riservato la possibilità di imporre dazi sull’import di minerali strategici. Non solo. L’amministrazione statunitense ha altresì avviato delle indagini sull’importazione di semiconduttori e prodotti farmaceutici: anche in questo caso, viene ventilata la possibilità di ulteriori tariffe. Non dimentichiamo che, pochi giorni fa, quando ha detto di essere intenzionato a colpire i prodotti farmaceutici, l’inquilino della Casa Bianca ha citato polemicamente l’Irlanda e la Cina. In tutto questo, ieri Trump ha preso parte personalmente a un incontro con una delegazione giapponese, arrivata a Washington per discutere di tariffe doganali e spese militari. Un altro terreno di scontro con Pechino è quello agricolo. La Cina sta acquistando sempre meno sorgo dagli Stati Uniti, per colpirne gli agricoltori che, tra le altre cose, sono storici elettori del Partito repubblicano. È in questo senso che, l’altro ieri, Trump, su Truth, ha dichiarato che «gli Stati Uniti proteggeranno i nostri agricoltori», ricordando anche i sussidi che erogò a questa classe lavoratrice in occasione della guerra commerciale, verificatasi durante il suo primo mandato presidenziale. Tra l’altro, nel dicembre 2019, la Cnn effettuò un’inchiesta tra i contadini americani che avevano subito i contraccolpi del conflitto tariffario, scoprendo che i diretti interessati erano comunque rimasti dalla parte di Trump contro Pechino. Nel frattempo, Xi Jinping sta proseguendo il suo tour nel Sudest asiatico: ieri è infatti arrivato in Malesia. «La Cina e la Malesia si schiereranno al fianco dei Paesi della regione per combattere le correnti sotterranee dello scontro geopolitico, così come le controcorrenti dell’unilateralismo e del protezionismo», ha detto nell’occasione. Il presidente cinese sta d’altronde cercando di arginare la strategia di Trump, volta non solo a disaccoppiare l’economia americana da quella cinese ma anche, se non soprattutto, a isolare Pechino il più possibile sul fronte del commercio internazionale. È stato lo stesso Wall Street Journal a confermare che Washington punta a usare i negoziati con oltre 70 nazioni, per spingerle ad attenuare i loro rapporti con il Dragone. In tal senso, Trump e Xi si stanno contendendo soprattutto i Paesi dell’Asean: Paesi che, appena pochi giorni fa, hanno escluso dei dazi ritorsivi nei confronti di Washington. E il discorso, più in generale, riguarda anche l’Unione europea, che tuttavia non sembra volerne sapere di allontanarsi dal Dragone. Proprio ieri, l’Irish Times ha riferito che Bruxelles avrebbe risposto picche alle richieste americane di ridurre i rapporti con Pechino. D’altronde, Francia, Germania e Spagna stanno cercando di spingere l’Ue tra le braccia della Cina. È su questo che Xi vuol far leva per contrastare la crescente pressione americana sul Dragone. Di contro, Giorgia Meloni mira a rafforzare le relazioni transatlantiche. Ed è su questo punto che imposterà la sua visita odierna a Washington.
«Haunted Hotel» (Netflix)
Dal creatore di Rick & Morty arriva su Netflix Haunted Hotel, disponibile dal 19 settembre. La serie racconta le vicende della famiglia Freeling tra legami familiari, fantasmi e mostri, unendo commedia e horror in un’animazione pensata per adulti.