
Solo l'Ue, firmataria dei contratti, può avviare le cause. E non è intenzionata a farlo.«Quello dei vaccini non è solo un problema italiano: è un contratto europeo che due aziende, Pfizer e AstraZeneca, non stanno rispettando. Noi gli faremo causa ma dobbiamo lavorare con le istituzioni Ue perché si acceleri sulla distribuzione», ha tuonato ieri il ministro degli Esteri Luigi Di Maio nel salottino tv di Lucia Annunciata precisando che l'azione legale «è per riavere le dosi, dei soldi non ce ne frega niente» e definendo un «rapporto perverso quello per cui gli Stati europei pendono dalle labbra di aziende private». Dopo il premier Conte, anche Di Maio sale quindi così sul panzer del commissario Domenico Arcuri che vuol dichiarare guerra a Pfizer e Astrazeneca. In un curioso processo alle intenzioni, perché nel caso di Pfizer non è dimostrabile che entro il trimestre non consegnerà le dosi promesse. Ieri la stessa azienda Usa ha ribadito a Sky Tg24 che «dalla prossima settimana la fornitura del vaccino tornerà a regime» specificando che «dall'8 al 18 gennaio sono state inviate le fiale previste dal piano di ordinazione». Poi, «con la decisione del governo di somministrare 6 dosi anziché 5, Pfizer ha ridotto il numero di fiale, ma non di dosi previste, che resta lo stesso. Quello che sta accadendo è frutto di un fraintendimento nel conteggio delle dosi che non è il conteggio delle fiale». Quanto ad Astrazeneca, l'azienda ha segnalato tempestivamente i ritardi sulle consegne iniziali per problemi tecnici perché altrimenti sarebbero scattate le clausole previste dai contratti con la Ue in caso di inadempienza. E, per altro, lo ha fatto mentre è ancora in attesa del via libera dell'Ema sull'efficacia del vaccino, anche per gli over 55. Le armi del trio Arcuri-Conte-Di Maio sono dunque spuntate in partenza. Ma nel frattempo la mossa del governo sta creando profondo imbarazzo alla Commissione Ue che ha firmato i contratti con le case farmaceutiche per i singoli Stati e che sta trattando per quelli dei prossimi mesi. Finora l'unico Paese a muoversi sul crinale delle cause è stata l'Italia. E tale è destinata rimanere. Ieri il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, ha infatti usato toni assai diversi senza parlare di sanzioni. «Chiediamo a queste aziende un dialogo trasparente», ha detto ieri Michel intervistato dalla radio Europe1 dichiarandosi pronto a «far rispettare alle società farmaceutiche i contratti che hanno utilizzando i mezzi legali a nostra disposizione». E ricordando che comunque è la Commissione Ue «il braccio armato che ha condotto le negoziazioni». Nel gioco delle parti, è chiaro che sulla gabola delle 5-6 dosi alla fine si arriverà a un compromesso salvando a tutti la faccia. Senza il bisogno di aprire contenziosi dalle conseguenze imprevedibili. Non pare al momento giustificato neppure l'allarme lanciato sempre ieri dal viceministro alla Salute, Pierpaolo Sileri, secondo cui slitteranno «di circa quattro settimane i tempi previsti per la vaccinazione degli over 80 e di circa 6-8 settimane per il resto della popolazione». Non si capisce su quali basi Sileri faccia queste stime: considerando che per la fase 1 abbiamo tutte le dosi necessarie (Pfizer a marzo ne manderà di più di quelle previste), che per le somministrazioni agli over 80 possiamo cominciare a usare Moderna e che dalle stime iniziali vanno tolti gli over 80 già vaccinati nel primo giro nelle Rsa e tra gli operatori sociosanitari. Quanto al resto della popolazione, non esiste un cronoprogramma. «La vaccinazione di massa partirà più avanti, quando avremo più vaccini», aveva detto lo scorso 11 gennaio il ministro della Salute, Roberto Speranza, senza aggiungere altri dettagli. Resta quindi il sospetto che la battaglia contro le case farmaceutiche sia un'arma di distrazione di massa dai ritardi sul fronte della logistica - dai «vaccinatori» necessari ai punti vaccinali aggiuntivi - e che sia anche una mossa politica. «O nei prossimi giorni si trova la maggioranza, altrimenti sono il primo a dire che stiamo scivolando verso il voto. Solo che in tempi normali si poteva votare anche ogni anno, in questi tempi ci giochiamo Recovery, vaccini e futuro della ripresa economica», ha detto ieri Di Maio. Già in campagna elettorale.
Nadia e Aimo Moroni
Prima puntata sulla vita di un gigante della cucina italiana, morto un mese fa a 91 anni. È da mamma Nunzia che apprende l’arte di riconoscere a occhio una gallina di qualità. Poi il lavoro a Milano, all’inizio come ambulante e successivamente come lavapiatti.
È mancato serenamente a 91 anni il mese scorso. Aimo Moroni si era ritirato oramai da un po’ di tempo dalla prima linea dei fornelli del locale da lui fondato nel 1962 con la sua Nadia, ovvero «Il luogo di Aimo e Nadia», ora affidato nelle salde mani della figlia Stefania e dei due bravi eredi Fabio Pisani e Alessandro Negrini, ma l’eredità che ha lasciato e la storia, per certi versi unica, del suo impegno e della passione dedicata a valorizzare la cucina italiana, i suoi prodotti e quel mondo di artigiani che, silenziosi, hanno sempre operato dietro le quinte, merita adeguato onore.
Franz Botrè (nel riquadro) e Francesco Florio
Il direttore di «Arbiter» Franz Botrè: «Il trofeo “Su misura” celebra la maestria artigiana e la bellezza del “fatto bene”. Il tema di quest’anno, Winter elegance, grazie alla partnership di Loro Piana porterà lo stile alle Olimpiadi».
C’è un’Italia che continua a credere nella bellezza del tempo speso bene, nel valore dei gesti sapienti e nella perfezione di un punto cucito a mano. È l’Italia della sartoria, un’eccellenza che Arbiter celebra da sempre come forma d’arte, cultura e stile di vita. In questo spirito nasce il «Su misura - Trofeo Arbiter», il premio ideato da Franz Botrè, direttore della storica rivista, giunto alla quinta edizione, vinta quest’anno da Francesco Florio della Sartoria Florio di Parigi mentre Hanna Bond, dell’atelier Norton & Sons di Londra, si è aggiudicata lo Spillo d’Oro, assegnato dagli studenti del Master in fashion & luxury management dell’università Bocconi. Un appuntamento, quello del trofeo, che riunisce i migliori maestri sarti italiani e internazionali, protagonisti di una competizione che è prima di tutto un omaggio al mestiere, alla passione e alla capacità di trasformare il tessuto in emozione. Il tema scelto per questa edizione, «Winter elegance», richiama l’eleganza invernale e rende tributo ai prossimi Giochi olimpici di Milano-Cortina 2026, unendo sport, stile e territorio in un’unica narrazione di eccellenza. A firmare la partnership, un nome che è sinonimo di qualità assoluta: Loro Piana, simbolo di lusso discreto e artigianalità senza tempo. Con Franz Botrè abbiamo parlato delle origini del premio, del significato profondo della sartoria su misura e di come, in un mondo dominato dalla velocità, l’abito del sarto resti l’emblema di un’eleganza autentica e duratura.
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A rischiare di cadere nella trappola dei «nuovi» vizi anche i bambini di dieci anni.
Dopo quattro anni dalla precedente edizione, che si era tenuta in forma ridotta a causa della pandemia Covid, si è svolta a Roma la VII Conferenza nazionale sulle dipendenze, che ha visto la numerosa partecipazione dei soggetti, pubblici e privati del terzo settore, che operano nel campo non solo delle tossicodipendenze da stupefacenti, ma anche nel campo di quelle che potremmo definire le «nuove dipendenze»: da condotte e comportamenti, legate all’abuso di internet, con giochi online (gaming), gioco d’azzardo patologico (gambling), che richiedono un’attenzione speciale per i comportamenti a rischio dei giovani e giovanissimi (10/13 anni!). In ordine alla tossicodipendenza, il messaggio unanime degli operatori sul campo è stato molto chiaro e forte: non esistono droghe leggere!
Messi in campo dell’esecutivo 165 milioni nella lotta agli stupefacenti. Meloni: «È una sfida prioritaria e un lavoro di squadra». Tra le misure varate, pure la possibilità di destinare l’8 per mille alle attività di prevenzione e recupero dei tossicodipendenti.
Il governo raddoppia sforzi e risorse nella lotta contro le dipendenze. «Dal 2024 al 2025 l’investimento economico è raddoppiato, toccando quota 165 milioni di euro» ha spiegato il premier Giorgia Meloni in occasione dell’apertura dei lavori del VII Conferenza nazionale sulle dipendenze organizzata dal Dipartimento delle politiche contro la droga e le altre dipendenze. Alla presenza del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, a cui Meloni ha rivolto i suoi sentiti ringraziamenti, il premier ha spiegato che quella contro le dipendenze è una sfida che lo Stato italiano considera prioritaria». Lo dimostra il fatto che «in questi tre anni non ci siamo limitati a stanziare più risorse, ci siamo preoccupati di costruire un nuovo metodo di lavoro fondato sul confronto e sulla condivisione delle responsabilità. Lo abbiamo fatto perché siamo consapevoli che il lavoro riesce solo se è di squadra».





