2025-08-21
Quando censurare i russi era una cosa seria
Grossman con gli amici Semën Tumarkin ed Efim Kugel’ a Zagorjanka, 1946
Altro che Gergiev: la vicenda di Grossman è la riprova della vera, tragica repressione operata dai sovietici contro gli intellettuali. Domani prende il via la mostra che ricorda il grande autore, divenuto noto molti anni dopo la morte e oscurato per motivi politici.A 120 anni dalla nascita di Vasilij Grossman, il Meeting di Rimini, che apre i battenti domani, dedica una mostra allo scrittore russo, intitolata «Vasilij Grossman. La forza dell’umano nell’uomo». Considerato uno degli scrittori più importanti del Novecento, Grossman, ha lavorato a lungo in clandestinità. Se in una prima fase, durante la Seconda guerra mondiale, conosce il successo rispecchiandosi nel realismo socialista, presto diventa il costante bersaglio della censura: prima, negli anni delle purghe di Stalin contro gli ebrei, e poi durante il Disgelo.In Italia dobbiamo accontentarci delle polemiche per l’invito - saltato - del direttore d’orchestra Valerij Gergiev. La storia di Grossman mostra che, un tempo, censurare i russi era una cosa tragicamente più seria. Soprattutto quando a farlo era il regime sovietico. Nel 1943, insieme a Il’ja Erenburg, inizia a recuperare le informazioni per scrivere Il libro nero, volto a documentare la Shoah nei territori dell’Unione Sovietica e della Polonia orientale. Eppure, nonostante l’opera avesse già ricevuto le diverse approvazioni necessarie per essere pubblicata, viene censurata. Il divieto alla pubblicazione coincide con l’intensa campagna antisemita che dal 1946 ha preso piede nel territorio sovietico. Nell’agosto del 1949, lo scrittore consegna il romanzo Stalingrado alla rivista Novyj mir: per essere pubblicato, con il titolo Per una giusta causa, dovrà attendere ben tre anni, dopo intense revisioni e operazioni di censura. Un anno dopo la sua pubblicazione, nel 1953, Grossman è costretto a fuggire nella dacia del suo amico Semen Lipkin, dopo che un articolo aveva criticato aspramente la sua opera. Addirittura, il direttore della rivista Novyj mir, Aleksandr Tvardovskij, si era scusato per aver pubblicato l’opera. È solamente dopo la morte di Iosif Stalin che Grossman torna a essere uno scrittore acclamato, soprattutto dal 1954: ecco quindi che Per una giusta causa, pubblicato in volume, riceve un’accoglienza positiva, Stepan Kol’čugin viene ristampato e vengono resi pubblici alcuni suoi racconti prodotti negli anni Trenta e Quaranta. Questa fase di apertura nei confronti delle sue opere viene bruscamente interrotta: già dal 1960, dopo aver già stipulato un contratto con la rivista Znamja per il romanzo Vita e destino, si sono chiuse per lui le porte del disgelo letterario. Viene informato che l’opera non può essere pubblicata, visto il suo stampo antisovietico. Il romanzo, sequestrato nel 1961 dal Kgb, vedrà la luce solamente nel 1980, quindi postumo, grazie alla lungimiranza di Grossman: 20 anni prima consegna due copie agli amici Lipkin e Vjačeslav Loboda. Con la vasta campagna di censura in atto, lo scrittore russo è così costretto a dedicarsi alle traduzioni per sostenere la sua famiglia. Mentre nel novembre del 1961 si trova in Armenia per tradurre in russo il romanzo di Račija Kočar, I figli della grande casa, scrive delle lettere a Ekaterina Zabolockaja, la donna che resterà al suo fianco fino alla sua morte, nel 1964. Nella lettera del 15 novembre 1961, Grossman scrive: «Quanto mi è difficile essere un traduttore, Katjuša, evidentemente sono fatto solo per una cosa - essere me stesso. Ho assaporato la dolcezza della vita del traduttore, ma questa dolcezza per me si è trasformata in amarezza, in un peso. È difficile vivere potendo essere solo te stesso, ma io sono grato di questo peso che porto, contiene anche la felicità. Eppure, che felicità è questa, vedi dove mi ha portato». Poco dopo, il 29 novembre, «Augurami di essere un asino - non lo mangiano, lo bastonano e basta, è anche testardo e riesce a trascinare grandi pesi in salita - tutte cose indispensabili per uno scrittore russo. E poi, gli asini sono molto graziosi - proprio dei bei tipi. Sì, sono veramente amabili». Peraltro, l’Armenia è il luogo che lo ispira per Appunti di un uomo anziano nel 1962. Ma anche questo testo viene sottoposto a censura. Sarà quindi pubblicato postumo con il titolo Il bene sia con voi!. Nel frattempo, continua a chiedere «la libertà» per Vita e destino, mandando una lettera al segretario generale del Pcus, Nikita Chruščëv. «Ho capito che ero morto», dice però Grossman dopo l’incontro con il segretario del Comitato centrale, Michail Suslov, incaricato da Chruščëv di dedicarsi al caso. Dopo la sua morte, nel 1964, anche il romanzo Tutto scorre viene diffuso clandestinamente e sarà pubblicato solamente nel 1970. In Occidente, lo scrittore russo inizia a diventare noto, e quindi apprezzato, dagli anni Settanta, mentre nella sua terra si dovrà attendere il crollo dell’Urss per la pubblicazione delle sue ultime opere.La mostra, promossa da Study center Vasilij Grossman e che sarà possibile visitare al padiglione A5 prenotandosi tramite l’app del Meeting, mette in luce le diverse fasi dell’evoluzione del pensiero e delle opere di Grossman. La stella di David, che richiama le sue origini ebraiche, è il punto di partenza dell’esposizione, che si articola in sei sezioni che rispecchiano i luoghi emblematici della sua attività letteraria: Berdičev, Treblinka, Stalingrado, museo Puškin di Mosca, stazione Jaroslavl’ di Mosca, Armenia. Si passa così da Grossman che abbraccia il realismo di stampo socialista (Berdičev, 1905-1940) a una fase in cui lo scrittore inizia a interrogarsi sugli aspetti più intimi dell’essere umano (Treblinka, 1941-1949). . La sezione denominata Stalingrado, 1950-1960, ricorda che lo scrittore russo con Vita e destino mette in luce come la libertà e la vita non soccombano nemmeno davanti ai regimi totalitari. Un realismo metafisico caratterizza poi la sezione Museo di Puškin, 1955-1960: si tratta del periodo in cui Grossman, ammirando la Madonna Sistina di Raffaello, vede la verità, la bellezza, la giustizia, la maternità come dimensioni della realtà. Nelle ultime due parti della mostra (Stazione di Jaroslavl’, 1955-1964, e Armenia, 1961-1964) emerge e un realismo in grado di accogliere il dolore di coloro che sono perseguitati.
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Donald Trump (Getty Images)
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