2021-07-11
Grillini verso un’intesa. Per fare contento Giuseppi lo nominano presidente
I sette saggi vicini a chiudere la faida interna. Giuseppe Conte avrà un titolo su misura, ma nessun potere assoluto: la convivenza con Beppe Grillo rimarrà. Per ora vince l'ala più governista.«La prossima settimana Conte diventerà presidente del M5s, e proverà a farci passare all'opposizione. La sua ossessione è far cadere Draghi»: le parole del big pentastellato alla Verità riflettono lo stato d'animo di quei parlamentari, la stragrande maggioranza del gruppo alla Camera e una parte consistente dei senatori, che non ne possono più della smania di Giuseppi di mettere i bastoni tra le ruote al presidente del Consiglio, considerato un usurpatore dal ciuffo del popolo. La speranza è che una volta sciolto il nodo del nuovo statuto, al quale stanno lavorando i sette saggi, Conte metta da parte le velleità di vendetta e inizi finalmente a fare politica. «Ci siamo quasi», dice alla Verità un deputato M5s al corrente del lavoro dei sette, «la prossima settimana dovremmo aver risolto almeno questo problema. Conte sarà il presidente del Movimento, carica istituita apposta per lui, e vedremo se continuerà a lavorare per il suo obiettivo, caduta del governo e elezioni anticipate, che hanno in mente solo lui e Rocco Casalino, che vuole essere il prossimo capogruppo alla Camera». Conte presidente del M5s, e non capo politico: il cambiamento del nome della carica però, stando a indiscrezioni attendibili, non avrà conseguenze nei rapporti di forza interni. Beppe Grillo sarà ancora il garante, nel pieno delle sue attuali funzioni. Dunque, la guerra di Conte a Draghi viene considerata un fatto personale, e non convince neanche i più sfegatati fan dell'ex premier, che ha criticato aspramente la riforma della giustizia approvata dal Consiglio dei ministri con il voto favorevole degli esponenti M5s: Luigi Di Maio, Stefano Patuanelli, Fabiana Dadone e Federico D'Incà. Oggi pomeriggio è in programma una riunione dei parlamentari grillini sull'argomento: si prevede l'ennesimo sfogatoio collettivo, ma deputati e senatori non hanno alcuna intenzione di trasformarsi in vittime sacrificali per la sete di rivalsa di Giuseppi. Se la situazione precipitasse verso le elezioni anticipate, infatti, Conte ricandiderebbe pochissimi uscenti, e riempirebbe le liste di docenti universitari, imprenditori e professionisti di sua stretta fiducia. Certo, c'è chi annuncia battaglia in Parlamento, come la deputata Giulia Sarti: «Qui non si tratta di personalismi. Si tratta», scrive la Sarti su Facebook, «di politica e di rispetto verso i cittadini. Io non voterò mai la schifezza incostituzionale sulla prescrizione portata avanti dalla Cartabia. Non mi rappresenta. E non rappresenta nessun parlamentare del Movimento 5 Stelle che abbia la capacità e la voglia di prendere posizione». Va all'attacco anche Mario Perantoni, presidente M5s della commissione Giustizia della Camera: «Le conseguenze sociali della morte dei processi sarebbero insopportabili. È necessario un nuovo approccio», dice Perantoni, «realistico e in linea con l'obiettivo della riforma Bonafede». Alla riunione di oggi parteciperanno i ministri Dadone, Di Maio, D'Incà e Patuanelli e il sottosegretario alla Giustizia, Anna Macina. Gli esponenti di governo cercheranno di far capire a deputati e senatori che l'inserimento di concussione e corruzione tra i reati con tempi più lunghi di «cancellazione» è stato un ottimo risultato, e non a caso ha fatto innervosire il centrodestra e Italia viva. Anche la posizione di Beppe Grillo, che ha telefonato ai ministri e a Draghi nei minuti precedenti l'inizio del Cdm di giovedì scorso, sarebbe stata molto dialogante: «Grillo», spiega alla Verità un parlamentare autorevole del M5s, «ha chiamato non solo i ministri, ma anche i capigruppo, e non ha assolutamente imposto nulla. Ha semplicemente spiegato che Draghi era venuto incontro al M5s inserendo i reati contro la pubblica amministrazione tra quelli con i tempi più lunghi per la prescrizione, e che far cadere il governo, mentre è in pieno svolgimento la campagna di vaccinazione, col recovery plan in fase di decollo, sarebbe stato un errore. Non ha imposto proprio niente», aggiunge la nostra fonte, «ed è anche il momento di dire con chiarezza che il problema giudiziario di suo figlio con questa storia non c'entra assolutamente nulla». In sostanza, Conte verrà nominato presidente del M5s, e si troverà a guidare un gruppone di deputati e senatori che da lui si aspettano un impulso al movimento, non certo di passare all'opposizione con il rischio di far crollare tutto. Niente aut aut, niente battaglie sulla riforma della giustizia in parlamento, niente scossoni, niente monarchia assoluta: Conte sarà il leader di una forza politica che dovrà gestire comunque in maniera collegiale e partecipata. Il rischio in caso contrario è che segua la parabola del suo «gemello diverso» Enrico Letta, che ha iniziato a traballare il giorno dopo essere stato eletto segretario dei Dem. Deputati e senatori sono pronti a stringersi a coorte, anzi a Conte, ma non sono per niente pronti alla morte, intesa politicamente come ritorno a casa. Di elezioni, prima del 2023, non vuole sentire parlare proprio nessuno.
Mahmoud Abu Mazen (Getty Images)
(Guardia di Finanza)
I Finanzieri del Comando Provinciale di Varese, nell’ambito di un’attività mirata al contrasto delle indebite erogazioni di risorse pubbliche, hanno individuato tre società controllate da imprenditori spagnoli che hanno richiesto e ottenuto indebitamente oltre 5 milioni di euro di incentivi per la produzione di energia solare da fonti rinnovabili.
L’indagine, condotta dalla Compagnia di Gallarate, è stata avviata attraverso l’analisi delle società operanti nel settore dell’energia elettrica all’interno della circoscrizione del Reparto, che ha scoperto la presenza di numerose imprese con capitale sociale esiguo ma proprietarie di importanti impianti fotovoltaici situati principalmente nelle regioni del Centro e Sud Italia, amministrate da soggetti stranieri domiciliati ma non effettivamente residenti sul territorio nazionale.
Sulla base di tali elementi sono state esaminate le posizioni delle società anche mediante l’esame dei conti correnti bancari. Dall’esito degli accertamenti, è emerso un flusso finanziario in entrata proveniente dal Gestore dei Servizi Energetici (GSE), ente pubblico responsabile dell’erogazione degli incentivi alla produzione di energia elettrica. Tuttavia, le somme erogate venivano immediatamente trasferite tramite bonifici verso l’estero, in particolare verso la Spagna, senza alcuna giustificazione commerciale plausibile.
In seguito sono state esaminate le modalità di autorizzazione, costruzione e incentivazione dei parchi fotovoltaici realizzati dalle società, con la complicità di un soggetto italiano da cui è emerso che le stesse avevano richiesto ad un Comune marchigiano tre diverse autorizzazioni, dichiarando falsamente l’installazione di tre piccoli impianti fotovoltaici. Tale artificio ha consentito di ottenere dal GSE maggiori incentivi. In questi casi, infatti, il Gestore pubblico concede incentivi superiori ai piccoli produttori di energia per compensare i maggiori costi sostenuti rispetto agli impianti di maggiore dimensione, i quali sono inoltre obbligati a ottenere l’Autorizzazione Unica Ambientale rilasciata dalla Provincia. In realtà, nel caso oggetto d’indagine, si trattava di un unico impianto fotovoltaico collegato alla stessa centralina elettrica e protetto da un’unica recinzione.
La situazione è stata segnalata alla Procura della Repubblica di Roma, competente per i reati relativi all’indebita erogazione di incentivi pubblici, per richiedere il sequestro urgente delle somme illecitamente riscosse, considerati anche gli ingenti trasferimenti verso l’estero. Il Pubblico Ministero titolare delle indagini ha disposto il blocco dei conti correnti utilizzati per l’accredito delle somme da parte del GSE e il vincolo su tutti i beni nella disponibilità degli indagati fino alla concorrenza di oltre 5 milioni di euro.
L’attività della Guardia di Finanza è stata svolta a tutela del corretto impiego dei fondi pubblici al fine di aiutare la crescita produttiva e occupazionale. In particolare, l’intervento ispettivo ha permesso un risparmio pari a ulteriori circa 3 milioni di euro che sarebbero stati erogati dal GSE fino al 2031 alle imprese oggetto d’indagine.
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Viktor Orbán e Giorgia Meloni a Roma (Ansa)