2022-01-28
L’unico risultato ottenuto dal governo è aver reso la vita impossibile a tutti
Anche per il professor Francesco Broccolo inoculati e non infettano allo stesso modo. Un dato che demolisce il castello di carte verdi creato da Roberto Speranza e soci. Che non ha fermato il contagio però ha bloccato un intero Paese.«Smettiamo di dire che il vaccinato non è pericoloso, mentre il vaccinato lo è: questa cosa non è vera». A dirlo in un momento di resipiscenza non è stato il Macron del Collatino, alias Pierpaolo Sileri, sottosegretario alla Salute nel governo Draghi, ma Francesco Broccolo, docente di microbiologia clinica dell’università di Milano Bicocca, cioè uno che di virus, contagi ed epidemia ne sa certo più di Sileri.Broccolo ha detto quello che ormai è unanimemente riconosciuto, e cioè che vaccinati e non vaccinati contagiano allo stesso modo se sono positivi al Covid. Tutto ciò, a norma di buonsenso, dovrebbe spazzare via il green pass, il green pass rafforzato e pure il super green pass, cioè quella camicia di forza che l’esecutivo ha inventato, convinto che rinchiudere i renitenti al vaccino sarebbe stato sufficiente a fermare il virus. I fatti si sono incaricati di smentire la banda di scienziati che fa parte del Comitato tecnico scientifico e sussurra a Roberto Speranza e compagni le misure da adottare. Basta infatti osservare l’aumento dei contagi e dei ricoveri da ottobre a oggi per rendersi conto di come il certificato verde non sia servito a nulla, se non a complicare la vita degli italiani. Forse era questo il proposito, più che il contenimento dell’epidemia? A dar retta a Sileri, che lo ha detto durante una trasmissione tv, si direbbe di sì. Come abbiamo raccontato ieri, con la scusa che il non vaccinato è pericoloso per la salute degli italiani (tesi che ormai è pacificamente smentita da chiunque non parli a vanvera come il sottosegretario alla vaccinara), si è costruita una gabbia di norme e divieti che sta imprigionando non solo i renitenti all’iniezione, ma anche i guariti dal Covid e le persone entrate in contatto con un positivo, con quarantene e norme anti contagio che stanno paralizzando gli ospedali, le scuole, i commissariati e più in generale il Paese. Sì, al ministero hanno scritto decine di pagine di regole cervellotiche e inutili, che stanno rendendo impossibile la vita degli italiani, tenendo in ostaggio non solo chi non si è vaccinato, ma pure gli ultra vaccinati e i guariti. Come spiega nellapagina qui a fianco Francesco Borgonovo, ci sono categorie professionali, come i medici e gli infermieri, che sono obbligate a vaccinarsi, pena la sospensione dal servizio. Tuttavia, fra coloro che pur indossando il camice bianco hanno scelto di non sottoporsi alla puntura ce ne sono molti che hanno contratto il Covid e dunque hanno sviluppato un’immunità naturale, non da vaccino ma da malattia, cosa che, secondo i più recenti studi, li renderebbe meno esposti al rischio di contrarre un’altra volta l’infezione. Il buon senso, dunque, suggerirebbe di liberare subito questi sanitari dall’obbligo vaccinale, allo scopo di farli rientrare in corsia dove c’è carenza di personale. Il buon senso, appunto. Ma al ministero della Salute a quanto pare sono rimasti sprovvisti di questa dote e dunque insistono a pretendere che si porga il braccio alla Patria anche quando non è ritenuto necessario se non controproducente. Risultato, medici e infermieri guariti sono costretti a rimanere a casa. Nel frattempo, a causa della mancanza di personale sanitario, si rinviano gli interventi e le visite, dando la responsabilità ai no vax. Colpa loro se si cancellano operazioni chirurgiche e se i malati oncologici non possono essere trattati, è la vulgata. In realtà, è colpa di Speranza e compagni e delle astruse circolari che hanno emanato. Quello che vale per medici e infermieri si ripete con i professori e pure per le forze dell’ordine, perché per tornare in servizio occorre presentare il famoso super certificato verde e dunque, chi non ha la terza dose, anche se guarito dal Covid, non può riprendere servizio. C’è poi il resto delle complicazioni, ovvero la difficoltà, una volta contagiati e non più positivi, di ottenere di nuovo il lasciapassare. Così come capita che alle persone contagiate non venga sospeso il passaporto vaccinale, perché le Asl non hanno allineato la situazione con le risultanze del tampone. Succede anche che i negativi rimangano impigliati nelle maglie della lenta burocrazia ministeriale, dove qualsiasi persona alle prese con le piattaforme informatiche può perdersi. Per non parlare poi della scuola, con le regole astruse della Dad, che variano a seconda del grado. Alle elementari vale una regola, alle superiori un’altra e il numero di contagi accettabile cambia, così come gli obblighi di quarantena a prescindere dalle dosi ricevute. Insomma, una confusione totale, che non ha alcuna ragione, se non quella di uniformarsi ai propositi di Sileri: rendere la vita difficile agli italiani. Non solo ai no vax, i quali a dire il vero sono cittadini come gli altri, con gli stessi diritti e le stesse tutele costituzionali, ma a tutti. Nella convinzione che l’opinione pubblica non si accorga di essere presa in giro.
Gli abissi del Mar dei Caraibi lo hanno cullato per più di tre secoli, da quell’8 giugno del 1708, quando il galeone spagnolo «San José» sparì tra i flutti in pochi minuti.
Il suo relitto racchiude -secondo la storia e la cronaca- il più prezioso dei tesori in fondo al mare, tanto che negli anni il galeone si è meritato l’appellativo di «Sacro Graal dei relitti». Nel 2015, dopo decenni di ipotesi, leggende e tentativi di localizzazione partiti nel 1981, è stato individuato a circa 16 miglia nautiche (circa 30 km.) dalle coste colombiane di Cartagena ad una profondità di circa 600 metri. Nella sua stiva, oro argento e smeraldi che tre secoli fa il veliero da guerra e da trasporto avrebbe dovuto portare in Patria. Il tesoro, che ha generato una contesa tra Colombia e Spagna, ammonterebbe a svariati miliardi di dollari.
La fine del «San José» si inquadra storicamente durante la guerra di Successione spagnola, che vide fronteggiarsi Francia e Spagna da una parte e Inghilterra, Olanda e Austria dall’altra. Un conflitto per il predominio sul mondo, compreso il Nuovo continente da cui proveniva la ricchezza che aveva fatto della Spagna la più grande delle potenze. Il «San José» faceva parte di quell’Invencible Armada che dominò i mari per secoli, armato con 64 bocche da fuoco per una lunghezza dello scafo di circa 50 metri. Varato nel 1696, nel giugno del 1708 si trovava inquadrato nella «Flotta spagnola del tesoro» a Portobelo, odierna Panama. Dopo il carico di beni preziosi, avrebbe dovuto raggiungere Cuba dove una scorta francese l’attendeva per il viaggio di ritorno in Spagna, passando per Cartagena. Nello stesso periodo la flotta britannica preparò un’incursione nei Caraibi, con 4 navi da guerra al comando dell’ammiraglio Charles Wager. Si appostò alle isole Rosario, un piccolo arcipelago poco distanti dalle coste di Cartagena, coperte dalla penisola di Barù. Gli spagnoli durante le ricognizioni si accorsero della presenza del nemico, tuttavia avevano necessità di salpare dal porto di Cartagena per raggiungere rapidamente L’Avana a causa dell’avvicinarsi della stagione degli uragani. Così il comandante del «San José» José Fernandez de Santillàn decise di levare le ancore la mattina dell’8 giugno. Poco dopo la partenza le navi spagnole furono intercettate dai galeoni della Royal Navy a poca distanza da Barù, dove iniziò l’inseguimento. Il «San José» fu raggiunto dalla «Expedition», la nave ammiraglia dove si trovava il comandante della spedizione Wager. Seguì un cannoneggiamento ravvicinato dove gli inglesi ebbero la meglio sul galeone colmo di merce preziosa. Una cannonata colpì in pieno la santabarbara, la polveriera del galeone spagnolo che si incendiò venendo inghiottito dai flutti in pochi minuti. Solo una dozzina di marinai si salvarono, su un equipaggio di 600 uomini. L’ammiraglio britannico, la cui azione sarà ricordata come l’«Azione di Wager» non fu tuttavia in grado di recuperare il tesoro della nave nemica, che per tre secoli dormirà sul fondo del Mare dei Caraibi .
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