2021-09-05
I governi forzano sui vaccini anche se la scienza ha dubbi
Dopo 20 mesi di sacrifici imposti nel nome della virologia, adesso i consulenti che invocano cautela su pass e profilassi si possono ignorare. Pur di marginalizzare il dissenso, la politica disconosce pure i camici bianchi.Un grande classico dei comunisti (ex, neo e post), quando devono rivoltare una frittata o comunque giustificare una spericolata conversione a U, è balbettare la ben nota scusa: «È cambiato il contesto». Purtroppo, nei tempi bizzarri in cui viviamo, questo stesso vizietto intellettuale sembra germogliare da troppe altre parti: così, furbescamente, ci si appella a un presunto cambiamento di scenario per difendere le proprie capriole intellettuali e politiche.Morale: da ben venti mesi, dal gennaio 2020 a oggi, ci siamo sentiti ripetere ossessivamente dai governi di mezzo mondo che era «la scienza» a imporre alcune decisioni. «Ce lo chiede la scienza», ripetevano come un mantra presidenti del Consiglio, ministri e governatori regionali, non solo in Italia. Peggio ancora. Anziché presentare i consulenti scientifici come portatori di ipotesi da verificare, nella logica delle approssimazioni successive, di una ricerca sempre difficile e controvertibile, i virologi venivano portati in processione (in tv e sui giornali, con rare eccezioni) come dei novelli Mosè appena scesi dal Sinai con l'equivalente delle tavole della legge. I loro responsi non potevano assolutamente essere discussi. Di più: attraverso quella rappresentazione, nociva sia per la scienza (inchiodata al metodo deduttivo, alle certezze calate dall'alto, anziché essere esaltata nel suo terreno naturale, e cioè il metodo induttivo e l'umiltà della ricerca) sia per la politica (resa tecnicamente irresponsabile e trasformata in mero luogo di registrazione di decisioni assunte altrove: comitati scientifici, sinedri ademocratici, ecc), si sono imposte le restrizioni che ben conosciamo, spesso inutili e irrazionali. E adesso? Oplà, si cambia spalla al fucile. Proprio quando alcuni scienziati, (accade in questi giorni anche in Uk sulla delicatissima questione degli under 15), riconquistando meritoriamente onestà intellettuale, provano a spiegare ai governi che non ci sono certezze assolute, che occorre muoversi con prudenza, che occorre valutare scenari anche differenziati, improvvisamente è la politica che - tardivamente quanto poco credibilmente - batte i pugni sul tavolo per imporre altri obblighi, altre restrizioni, altri divieti, pur in assenza di un avallo scientifico (e meno che mai di un avallo scientifico unanime). Piroetta curiosa: nel 2020 c'è stato un uso dei camici bianchi per imporre decisioni che non si aveva il coraggio di proporre per via politica diretta; e adesso, nel 2021, se i camici bianchi non si prestano a sufficienza, c'è un'improvvisa ansia della politica di mostrarsi assertiva, decidente, sovrana. L'importante (sia prima che dopo, par di capire) è diffondere paura, colpevolizzare i cittadini, marginalizzare il dissenso, e giustificare restrizioni sempre meno razionali. Sarà difficile farlo, ma è venuto il momento di compitare alcune scomode verità. Chi scrive è vaccinato e favorevole alla vaccinazione, ma non cieco. Per mesi, ci si è affidati a quattro speranze, a quattro «assunzioni», che purtroppo non si sono rivelate vere, o interamente vere (sia chiaro: non è colpa di nessuno). Primo: che il virus piegasse la testa in un tempo accettabile. Secondo: che i vaccini avessero durata ed efficacia lunghissima. Terzo: che i vaccini proteggessero anche gli altri oltre al vaccinato. Quarto: che per il vaccinato, oltre (cosa importantissima e fondamentale) a rendere altamente improbabile la morte o il ricovero in terapia intensiva, il vaccino potesse rappresentare uno scudo ancora più formidabile, impedendo di venire contagiati dopo l'inoculazione.Sfortunatamente, la realtà si è incaricata di smentire o comunque di depotenziare queste certezze. E allora? E allora, a maggior ragione, è il momento di discutere senza dogmi, senza anatemi, senza scomuniche. Questo vuol dire scoraggiare la vaccinazione? Assolutamente no. Ma vuol dire che il vaccino è solo una delle armi (senza dubbio la principale), e che però è il caso di far tesoro anche di altre armi: le terapie domiciliari, politiche serie su scuola e trasporti, adozione a tappeto dei tamponi salivari rapidi come strumento di screening. Tutte cose su cui questo giornale insiste da mesi, con ragionevolezza e portando ogni giorno argomenti. Se invece ogni propensione al ragionamento critico viene vissuta come un'eresia; se ogni accenno alle altri «armi» viene interpretato come una «diserzione» rispetto alla campagna vaccinale; se ad ogni invito a guardare le nuances e le sfumature corrisponde un irrigidimento ideologico dei pasdaran del green pass e degli obblighi vaccinali; se accade tutto questo, dobbiamo prepararci a un autunno assai deludente. E non solo per l'imbarbarimento della nostra discussione pubblica, in cui sono sempre più numerosi e sgradevoli gli inviti alla censura e al silenziamento delle voci critiche. Ma pure per la credibilità dei nostri governanti, i quali farebbero bene a guardare più in là dei loro rispettabilissimi nasi. Se infatti (speriamo ovviamente di no), nonostante un'eccellente campagna vaccinale, nonostante l'estensione a dismisura del green pass, nonostante (in prospettiva) addirittura un obbligo vaccinale stile Turkmenistan, si dovesse di nuovo cadere - tra un mesetto o due - in restrizioni, didattica a distanza, e lockdown più o meno parziali, come si giustificherebbero? Servirà a poco, a quel punto, prendersela con l'ultimo bidello non vaccinato…
Nel riquadro: Mauro Micillo, responsabile Divisione IMI Corporate & Investment Banking di Intesa Sanpaolo (Getty Images)
L'ex procuratore di Pavia Mario Venditti (Ansa)
Un robotaxi a guida autonoma Pony.ai