2024-11-26
Ora gonfiano pure i morti per influenza
La Società italiana malattie infettive ipotizza dai 5.000 ai 15.000 decessi l’anno, quando in realtà si tratta di qualche decina. Tutto per pompare le vaccinazioni, che non solo spesso non evitano il contagio, ma in alcuni casi aumentano la mortalità cardiovascolare.«In Italia ogni anno muoiono tra le 5.000 e le 15.000 persone per l’influenza», ha detto Massimo Andreoni, direttore scientifico della Simit, Società italiana malattie infettive e tropicali, a margine dell’incontro organizzato ai primi di novembre da Pfizer per la presentazione della campagna «Abituati a proteggerti», contro le infezioni stagionali. L’invito a vaccinarsi è martellante, per ogni fascia di età ma soprattutto per bambini e anziani. La circolare del ministero della Salute con le raccomandazioni per la prevenzione e il controllo dell’influenza non riporta dati sui decessi in Italia per influenza, ma fa riferimento a quanto pubblicato dal Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (Ecdc): «Il tasso di mortalità complessivo stimato legato all’influenza è di 13,8 decessi ogni 100.000 persone ogni anno». Legato all’influenza significa che sono incluse tutte le sindromi influenzali da centinaia di possibili virus con sintomi non distinguibili da una vera influenza e le polmoniti da batteri, ma questo non fotografa la situazione delle morti di persone in cui era stato identificato proprio il virus influenzale.I dati italiani in realtà mostrano un numero di decessi di gran lunga inferiore, come spiega Alberto Donzelli, coordinatore della Commissione medico-scientifica indipendente (Cmsi) e già membro del Consiglio superiore di sanità. «Se ci si riferisce alle fonti ufficiali, Istat, sui decessi da influenza che includono anche sindromi influenzali, si va da 1.341 morti del 2005, 272 del 2014 a 608 del 2020», spiega l’esperto. Aggiunge: «In base alle circolari del ministero della Salute, che riportano negli anni le forme gravi e complicate di influenza confermata e i decessi confermati per influenza, i numeri sono ancora più bassi: 204 decessi massimo nel 2009; 32 nel 2015; 68 nel 2016. Dal 2017 non figurano dati a riguardo». Eppure, se tanto si insiste sulla vaccinazione ad anziani e fragili, sulla necessità di intensificarla «proteggendo in particolare la salute dei gruppi di popolazione più a rischio» e se viene affermato che «l’influenza e la polmonite ad essa associata sono classificate tra le prime 10 principali cause di morte in Italia», i numeri non sembrano corrispondere. Non solo, uno degli obiettivi della campagna stagionale in corso è la «riduzione del rischio individuale di malattia, ospedalizzazione e morte», dichiara il ministero della Salute. Non diversa è la situazione registrata nel Regno Unito da Tom Jefferson e Carl Heneghan del Centre for evidence based medicine dell’Università di Oxford. Le morti reali per influenza sono state 284 nel 2015; 430 nel 2016; 458 nel 2017; 1.598 nel 2018. A ottobre il dottor Donzelli era riuscito a farsi pubblicare su Jama Cardiology una lettera con alcune considerazioni sull’analisi secondaria dello studio randomizzato di Peikert et al. in merito alla «Risposta immunitaria al vaccino antinfluenzale nei pazienti con malattie cardiovascolari ad alto rischio». Nel testo evidenziava come il vaccino mostrava chiari vantaggi solo per gli individui con sindrome coronarica acuta (recente infarto miocardico o angina instabile) nell’ultimo anno, mentre per gli altri la mortalità cardiovascolare aumentava del 45% (pur senza raggiungere la significatività statistica sono stati 32 morti, contro 22 nel corrispondente gruppo con placebo). Persone senza sindrome coronarica acuta o scompenso cardiaco avrebbero diritto di sapere che il rischio può aumentare dopo il vaccino anti influenzale. «Dall’evidence based medicine risulta che gli uomini over 65 evitano una sindrome influenzale in media ogni 45 iniezioni di vaccino, le donne ogni 44 iniezioni. Ci rendiamo conto della quantità delle somministrazioni fatte nel corso degli anni», commenta Donzelli? Senza contare che il Rapporto nazionale 2023 sull’uso dei farmaci in Italia, a cura dell’Aifa, segnala che «il vaccino antinfluenzale è quello a maggior spesa complessiva (2,56 euro pro capite nel 2023)», rispetto agli altri vaccini esclusi gli anti Covid. Buttiamo soldi per un vaccino non solo poco utile ma che può risultare dannoso?
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