2020-09-22
Gli studenti del liceo delle minigonne: «Macché sessismo, dateci i banchi»
Lucia Azzolina e gli alunni del Socrate di Roma (Ansa)
Lettera degli alunni del Socrate di Roma a Lucia Azzolina: «Caso chiuso. Le parole della vicepreside sono state strumentalizzate. Invece di fare accertamenti su di lei, venga a vedere come stiamo in classe senza tavoli».«Cara ministra Azzolina, invece di fare accertamenti sulla professoressa, perché non viene nella nostra scuola? Si accorgerà che non abbiamo banchi per studiare…». Dopo mesi passati tentando di parare accuse su accuse, all'aspirante Franca Falcucci pentastellata non sembrava vero d'aver fatto breccia nel cuore degli studenti. C'avrebbe pensato lei a rimettere a posto la vicepreside del liceo Socrate di Roma, che invita le disinibite allieve a non indossare la minigonna, «se no ai prof cade l'occhio». Inaudito. Urge ispezione ministeriale per lumeggiare sull'increscioso episodio. Quell'insegnante, sessista e bacchettona, non la farà franca. Finalmente il giusto riconoscimento per Lucia Azzolina, che come ricorda Maurizio Crozza nell'imitazione della ministra, per la scuola si dà anima e cuore: «Dormo pochissimo e lavoriamo molto», informa. Il meritato riposino è «proprio l'ultimo dei miei pensieri». Sempre sveglia, perpetuamente all'erta, in moto continuo. Piuttosto che ringraziarla, quegli ingrati del Socrate però cosa fanno? Scrivono lettere e papelli per urlare al mondo che è tutto un gigantesco fraintendimento. E che, magari, la ministra farebbe meglio a far arrivare i suoi famosi banchi nel liceo della Garbatella. A quel punto le giovinette potranno quindi appoggiare i loro gomiti sui prestigiosi arredi rotanti e i professori zuzzerelloni saranno costretti a rivolgere altrove il loro sguardo concupiscente. Il comunicato dei rappresentanti d'istituto spiega: la colloquiale frase della vicepreside è stata fraintesa. L'incomprensione avrebbe però innescato «la conseguente risposta spontanea delle ragazze e dei ragazzi». Insomma, «la questione è stata risolta con l'insegnante e la dirigenza, perché tutta la comunità scolastica condivide una serie di valori fondamentali e fra questi c'è proprio l'anti sessismo». Una studentessa dell'ultimo anno, in una lettera inviata al Corriere della Sera, mette il carico da undici: «Le parole della professoressa sono state totalmente strumentalizzate. Una semplice questione di decoro è stata trasformata in un inno al progressismo e in una lotta per i diritti, accusando i nostri docenti maschi di essere dei pervertiti». Intervistata dal quotidiano, la ragazza racconta: «Non abbiamo ancora i banchi, che pare arriveranno solo a fine ottobre. Stiamo sulle sedie. E nelle aule fa ancora molto caldo. Tante ragazze indossano abiti leggeri e minigonne. Per questo la prof ci ha consigliato, solo consigliato, di evitarle. Per non offrire agli insegnanti, che sono sia maschi che femmine, lo spettacolo del loro intimo per cinque ore di seguito. Tutto qui. Non sarebbe consono all'ambiente scolastico». E pure i professori del liceo, in una nota, confermano: «Da lunedì siamo tornati nelle aule seguendo, con i nostri allievi e il personale, un codice di comportamento molto attento alle norme anti Covid. Non abbiamo i banchi singoli e quindi i ragazzi sono seduti su sedie con ribalta o semplici».Un qui pro quo, insomma. Nato dal materno consiglio di non indossare abiti succinti. Ma considerato oltraggioso da un nutrito gruppo di ragazze, che decidono di attuare una protesta singolare. Tutte a scuola in minigonna. Affiggendo nei corridoi persino cartelloni contro il sessismo: «Non è colpa nostra se gli cade l'occhio». E i social a fare da grancassa, con l'hashtag #stopallaviolenzadigenere. Fino all'arrivo della ministra Azzolina, paladina dell'insopprimibile diritto di scosciare, pronta a ristabilire la parità di genere: inviare un'ispezione, aprire un'indagine, interrogare i responsabili. Tutto, pur di far assoluta chiarezza. Chi è il colpevole dell'imperdonabile accaduto? Gli indizi portano all'austera vicepreside. E invece, come noi già in effetti sospettavamo, con un inaspettato ribaltamento di ruoli stavolta il colpevole è il commissario. Non di polizia, ma all'emergenza coronavirus: ovvero l'infaticabile Domenico Arcuri. Già distintosi in passato per il mancato approvvigionamento delle mascherine a 50 centesimi e prodezze varie, anche stavolta aveva promesso: «Per la scuola stiamo facendo di tutto pur di essere pronti alla scadenza del 14 settembre», giurava un mese fa. E Azzolina confermava stentorea: «Nessun rinvio. Siamo pronti». Vaglielo a spiegare, adesso, a quelli del Socrate. Pure loro sono costretti ad arrangiarsi. Gli studenti devono assistere alle lezioni seduti, braccia conserte e gambe accavallate. Nell'attesa dei banchi monoposto voluti dalla ministra. Che però, lesta come mai, stavolta annuncia «un approfondimento immediato» nell'istituto romano. Di quelli atti a ristabilire l'amara verità: bieco sessismo. Già. Nel mentre la scuola italiana, al contrario di quanto giurava la malferma guida di viale Trastevere, è nel marasma. Arredi fantasma, cattedre vuote, graduatorie sconclusionate. Intanto, sempre più classi sono obbligate a prorogare l'orario ridotto, vista la mancanza di insegnanti. Ma per la ministra il vero problema sono le minigonne. Altroché. Capita l'antifona, gli studenti ora l'invitano dunque a un'istruttiva visita nel loro liceo: «Si accorgerà che non abbiamo banchi per studiare». E i docenti aggiungono: «Il nostro istituto è salito alla ribalta non per i problemi che funestano la ripresa delle lezioni, bensì per una vicenda che ha distratto l'attenzione di molti dalla concretezza delle questioni più urgenti». Alla sempre desta ministra è andata male pure stavolta.