2019-12-03
Gli omissis nella santificazione della Iotti
L'operazione di propaganda per glorificare la sinistra italiana attraverso il ricordo della compagna di Palmiro Togliatti non torna. Mito e realtà storica non coincidono. Si iscrisse al Pnf nel 1942 e al Pci solo dopo l'8 settembre. Abortì, ma non fu mai femminista.C'è una cosa in cui la sinistra è imbattibile: l'arte della propaganda. La santificazione di Nilde Iotti, rilanciata in questi giorni, per celebrare il ventesimo dalla sua morte, avvenuta il 4 dicembre 1999, lo dimostra ancora una volta.Giornali, televisioni, siti internet ricordano di continuo questa donna, mitizzandone la carriera politica, con un intento evidente: glorificare la sinistra italiana che seppe davvero valorizzare il genere femminile. Prima e più di tutti gli altri.Ma come spesso accade, mito e realtà storica non coincidono. Se c'è una cosa che si impara, proprio attraverso una lettura sincera della storia della Iotti, è il becero maschilismo del fu Partito comunista, intento, a partire dall'introduzione del suffragio femminile, nel 1945, soprattutto grazie ad Alcide De Gasperi, a catturare il voto femminile, maggiormente orientato verso i partiti di centrodestra (Dc in particolare).Infatti, anche se la cosa è poco nota, bisogna anzitutto ricordare che a ritardare la concessione del voto alle donne, in Europa, furono soprattutto i partiti di sinistra ed anticlericali, che tra fine Ottocento ed inizio Novecento ritenevano le donne «naturalmente conservatrici» e facilmente «vittime dei preti», secondo una convinzione sorta già ai tempi della Repubblica giacobina (le donne erano state effettivamente le più avverse al Terrore) e rimasta viva in buona parte della sinistra marxista e radicale.Ma veniamo alla storia della Iotti, la prima donna alla presidenza della Camera.Nilde Iotti viene eletta alla Costituente nel 1946 insieme ad altre 6 donne comuniste, in particolare personalità molto più autorevoli e mature di lei, come Rita Montagnana (1895-1979).La Montagnana è un'ebrea piemontese, prima socialista, poi cofondatrice del Pci; nel 1924 sposa Palmiro Togliatti, capo indiscusso, soprattutto grazie ai rapporti con Mosca, dei comunisti italiani.È proprio durante i lavori della Costituente che Togliatti comincia una relazione, inizialmente clandestina, con la compagna Nilde Iotti.La conseguenza è presto detta: la Montagnana, che pure ha una storia lunghissima e gloriosa nel partito, e che poco prima di essere lasciata si batte pubblicamente contro il divorzio (forse in ossequio alla svolta familista di Stalin, forse per convinzioni personali), viene emarginata: non entrerà più in Parlamento!Ne approfitterà per tornare alla sua vocazione di madre e per dedicarsi al figlio malato, Aldo Togliatti, ignorato dall'impegnatissimo padre e destinato a passare i suoi ultimi 30 anni di vita, dopo la morte della madre, in una clinica psichiatrica,Se la Montagnana scende - scomparsa dalla vita del capo, sparisce anche dalla vita politica del Paese -, l'amante del capo inizia, guarda un po', un'ascesa irresistibile: la mitica Nilde, 27 anni più giovane di Togliatti, iscritta al partito fascista dal 5 ottobre 1942 e a quello comunista solo dopo l'8 settembre 1943, è destinata a un posto in Parlamento a vita, dal 1948 al 1999, l'anno della morte. Per 40 anni. Di qui un ritornello che gira nei corrodi e nei Palazzi: «Togliatti ha offerto in dono/all'amante il partito/egli è tre volte buono/ oppure rimbambito».Come se non bastasse, nel cuore di questa vicenda, in cui moglie o amante appaiono quasi proprietà obbediente del partito e del capo, si colloca un altro fattaccio: nell'intermezzo tra l'inizio della relazione con la Iotti e la pubblicizzazione dell'evento, Togliatti, che non vuole apparire come il vecchio che si gode la vita con una donna molto più giovane, dopo aver scaricato una militante storica come la Montagnana, spinge la Iotti ad abortire, ad eliminare il frutto, già visibile, della loro relazione (Filippo Ceccarelli, Il Letto e il Potere, Longanesi; Bruno Vespa, L'Amore e il Potere, Mondadori; Anna Tonelli, Gli irregolari. Amori comunisti al tempo della Guerra fredda, Laterza).La Iotti obbedisce, come obbedirà al comando di non avere figli, neppure in futuro: «A Nilde fu proibito dal Pci di avere figli e lei obbedì, anche se poi Palmiro troverà una sistemazione per compensare questo vuoto, adottando una bambina di 7 anni, Marisa Malagodi, figlia di contadini e sorella di un operaio comunista, morto ammazzato dalla polizia a Modena» (Patrizia Pacini, Teresa Mattei, una Donna nella Storia: dall'Antifascismo militante all'Impegno in Difesa dell'Infanzia, Assessorato Pari Opportunità, Regione Toscana).Troveremo la Iotti a difendere la legge sul divorzio, ma molto molto tiepida, per ovvi motivi, riguardo a quella sull'aborto.Non è docile come lei, invece, un'altra celebre «madre costituente» comunista, Teresa Mattei. Anche con lei Palmiro - che ne ha subito il fascino prima della relazione con la Iotti, ma è stato respinto -, dimostra la considerazione che ha della libertà e della dignità delle donne.A 25 anni la Mattei - che può contare sull'appoggio dell'amante, Bruno Sanguinetti, figlio del proprietario dell'industria alimentare Arrigoni, membro e generoso finanziatore del Pci - è la più giovane eletta alla Costituente: ma dopo un' iniziale collaborazione con Togliatti, entra in scontro con il segretario del partito, che la definisce, più o meno scherzosamente, «maledetta anarchica»: nel Pci, per una donna che non obbedisce prontamente, che non accetta di pronunciare, nei comizi, discorsi già scritti da altri, non c'è futuro. Tanto più che durante i lavori della Costituente la Mattei rimane incinta di Bruno Sanguinetti, che ha abbandonato la moglie.Il fatto può suscitare scandalo, e quindi Togliatti, in perfetto accordo con quanto fatto con la Iotti, invita anche Teresa ad abortire: «Togliatti», racconterà anni dopo, «voleva farmi abortire per timore dello scandalo, ma io quel bambino lo volevo» (AaVv, Donne della Repubblica, Il Mulino).Un po' perché in scontro con il leader del partito, un po' perché rivale della Iotti, un po' perché aspetta il suo primo figlio (che nascerà il 16 luglio 1948), fatto sta che la Mattei non si candida alle elezioni del 18 aprile 1948: tanto veloce l'ascesa, altrettanto rapida l'archiviazione. Verrà definitivamente espulsa dal Pci nel 1955, per «indegnità morale e politica», causa il suo manifesto dissenso verso la politica stalinista portata avanti dal Partito e dal segretario Togliatti (l'uomo che aveva appoggiato anche il patto di Josif Stalin con Adolf Hitler, nel 1939).Se i tre casi citati non bastassero a dimostrare quello che anche la Iotti ebbe a riconoscere («Venivamo solo strumentalizzate»), c'è almeno una terza storia: quella di Teresa Noce, un'altra delle donne comuniste costituenti.Militante di vecchia data come la Montagnana, è nel Psi già nel 1919 ed entra subito nel Pci dalla nascita; è moglie fedele di Luigi Longo, il vice di Togliatti, che è anche capo del comitato direttivo di supervisione dell'Udi (il che significa che l'Unione delle donne italiane lavora sotto la supervisione di un uomo).Anche in questo caso si ripete la coppia marito-moglie: tutti e due nella Costituente nel 1946, ed entrambi insieme in Parlamento nel 1948. Ma Longo, che verrà eletto successore di Togliatti alla guida del partito alla morte di quest'ultimo, nel 1964, ci rimarrà sino alla morte, cioè fino al 16 ottobre 1980, lasciando però il Pci nelle mani di Enrico Berlinguer già nel 1972.Teresa Noce, invece, no: dopo due legislature la sua carriera politica finisce. Accade infatti che Longo, che già la ha tradita mentre lei era in campo di concentramento in Germania, si accompagna con la più avvenente Bruna Conti. Nel 1953 Teresa legge sul Corriere della Sera un trafiletto in cui si dice che Longo ha ottenuto il divorzio, non in Italia, dove non è previsto, ma a San Marino. Ingenuamente crede che non sia vero, e scrive di getto una smentita pubblica: scopre così che è tutto vero e che il marito ha persino falsificato la sua firma (Miriam Mafai, E Longo divorziò a San Marino, su La Repubblica del 12.9.2003). Dopo questo incidente, e dopo che Togliatti la insulta per essere ricorsa alla «stampa borghese», la carriera politica della Noce è terminata: a breve arriverà l'espulsione dal comitato centrale del partito e Teresa non verrà più ricandidata («Il più grave trauma, politico e personale, della mia vita», scriverà, «grave e doloroso più del carcere, più della deportazione»), perché i comunisti del tempo fanno fiera professione pubblica di femminismo, ma amano le mogli obbedienti: le premiano, portandole con sé in parlamento, ed indicandole come esempi di donne «emancipate»… ma quando disobbediscono, allora diventano pericolose nemiche del partito, e la loro carriera va prontamente fermata. Ci si potrà sempre servire di loro, però, per presentarsi come alfieri del femminismo, offrendo una narrazione addomesticata e mitizzata dei fatti.