
A Roma la sinistra che ignora il popolo ha accolto lo stratega con sufficienza.Roma: due scene, due palchi, due personaggi, a sei giorni e 700-800 metri di distanza in linea d'aria.Ieri, a piazza Santi Apostoli, con l'inconfondibile brio di un impresario di pompe funebri (in inglese: «undertaker»; in romanesco: «cassamortaro»), Maurizio Martina ha guidato la manifestazione del Pd.Un mini caso da Guinness dei primati: un comizio di protesta antigovernativa nei minuti esatti in cui il governo stava ancora giurando. Calcisticamente parlando, sarebbe come dare del cornuto all'arbitro prima ancora del fischio di inizio. Così, con le telecamere dei tg amici che - come si dice in gergo - «stringevano l'inquadratura», davanti a un piccolo gruppo di militanti, Martina e gli altri hanno sgranato il rosario delle banalità più controproducenti: «Fascisti, rossobruni, pericolo per la democrazia…», fino all'inevitabile colpo di sonno finale.Torniamo indietro di sei giorni, a lunedì scorso, e spostiamoci in un teatro nei pressi di piazza di Spagna, per incontrare un personaggio ben diverso. Tanto Martina è pallido, quanto lui è fiammeggiante: si tratta di Steve Bannon, il «political strategist» americano. Ad ascoltarlo, c'ero anch'io, ed è stato uno spettacolo.Premessa doverosa. Bannon, se fosse un cantante, canterebbe sempre uno o due toni sopra: ama l'eccesso, gode nel creare stupore, si compiace delle sue parole forti. Ma merita ascolto e rispetto. E invece, è francamente comico il modo in cui viene trattato dall'intellighenzia di sinistra. Quando era consigliere di Donald Trump, è iniziata la «character assassination» contro di lui, al grido di «è il guru dell'estrema destra, è il padrino dei neofascisti, è pure un lettore di Julius Evola…».Praticamente il demonio.Poi, per un brevissimo periodo, in base alle rivelazioni di un libro (Fire and fury di Michael Wolff), sono emersi dissapori con Trump, e Bannon ha lasciato la Casa Bianca: per qualche settimana, improvvisamente, agli occhi della sinistra mondiale Bannon è ridiventato un intellettuale autorevole. Ma la parentesi è durata poco: perché è venuto fuori che Bannon è tuttora in dialogo quotidiano con Trump, e allora i soliti «espertoni» sono tornati al disprezzo di prima.Ma cos'ha detto Bannon a Roma? Si è rivolto proprio alle élite: ha bastonato quello che ha chiamato il «partito di Davos e di Bruxelles», cioè un establishment finanziario e politico che disprezza gli elettori, che fa di tutto per scavalcarli e ignorarli. E in ultima analisi li fa arrabbiare ancora di più, trasformando le elezioni in appuntamenti di vendetta, in cui al popolo non pare vero di potersi prendere una rivincita verso un'upper class arrogante e supponente.Bannon, con visibile divertimento, ha detto che questo è «fascismo»: ignorare e umiliare gli elettori. Molto meglio ascoltarli e comprenderne le ansie, anche quando non si condividono le scelte che escono dalle urne. Insomma, un ragionamento tutt'altro che folle.Dovevate vedere lo spettacolo in sala: con alcune meritorie eccezioni, un pubblico di giornalisti, presunti esperti, «vedove» di Barack Obama e di Hillary Clinton, in larga misura gente che non ha capito Brexit (stavano con il Remain), non ha capito Trump (facevano le majorette della campagna Clinton), non ha capito le elezioni in Francia, in Germania, in Italia. Eppure, «forti» di tutte queste incomprensioni, anziché riflettere seriamente sul messaggio di Bannon, era tutto uno scuotimento di teste, una galleria di sorrisini e smorfiette per mettere a verbale il proprio dissenso.Sorge il dubbio che queste élite si meritino il malinconico palchetto di Martina e del Pd…
Imagoeconomica
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Sanae Takaichi (Ansa)
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(Guardia di Finanza)
Sequestrate dalla Guardia di Finanza e dai Carabinieri oltre 250 tonnellate di tabacchi e 538 milioni di pezzi contraffatti.
I Comandi Provinciali della Guardia di finanza e dell’Arma dei Carabinieri di Torino hanno sviluppato, con il coordinamento della Procura della Repubblica, una vasta e articolata operazione congiunta, chiamata «Chain smoking», nel settore del contrasto al contrabbando dei tabacchi lavorati e della contraffazione, della riduzione in schiavitù, della tratta di persone e dell’intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro.
Le sinergie operative hanno consentito al Nucleo di polizia economico-finanziaria Torino e alla Compagnia Carabinieri di Venaria Reale di individuare sul territorio della città di Torino ed hinterland 5 opifici nascosti, dediti alla produzione illegale di sigarette, e 2 depositi per lo stoccaggio del materiale illecito.
La grande capacità produttiva degli stabilimenti clandestini è dimostrata dai quantitativi di materiali di contrabbando rinvenuti e sottoposti a sequestro: nel complesso più di 230 tonnellate di tabacco lavorato di provenienza extra Ue e circa 22 tonnellate di sigarette, in gran parte già confezionate in pacchetti con i marchi contraffatti di noti brand del settore.
In particolare, i siti produttivi (completi di linee con costosi macchinari, apparati e strumenti tecnologici) e i depositi sequestrati sono stati localizzati nell’area settentrionale del territorio del capoluogo piemontese, nei quartieri di Madonna di Campagna, Barca e Rebaudengo, olre che nei comuni di Caselle Torinese e Venaria Reale.
I siti erano mimetizzati in aree industriali per dissimulare una normale attività d’impresa, ma con l’adozione di molti accorgimenti per svolgere nel massimo riserbo l’illecita produzione di sigarette che avveniva al loro interno.
I militari hanno rilevato la presenza di sofisticate linee produttive, perfettamente funzionanti, con processi automatizzati ad alta velocità per l’assemblaggio delle sigarette e il confezionamento finale dei pacchetti, partendo dal tabacco trinciato e dal materiale accessorio necessario (filtri, cartine, cartoncini per il packaging, ecc.), anch’esso riportante il marchio contraffatto di noti produttori internazionali autorizzati e presente in grandissime quantità presso i siti (sono stati infatti rinvenuti circa 538 milioni di componenti per la realizzazione e il confezionamento delle sigarette recanti marchi contraffatti).
Gli impianti venivano alimentati con gruppi elettrogeni, allo scopo di non rendere rilevabile, dai picchi di consumo dell’energia elettrica, la presenza di macchinari funzionanti a pieno ritmo.
Le finestre che davano verso l’esterno erano state oscurate mentre negli ambienti più interni, illuminati solo artificialmente, erano stati allestiti alloggiamenti per il personale addetto, proveniente da Paesi dell’Est europeo e impiegato in condizioni di sfruttamento e in spregio alle norme di sicurezza.
Si trattava, in tutta evidenza, di un ambiente lavorativo degradante e vessatorio: i lavoratori venivano di fatto rinchiusi nelle fabbriche senza poter avere alcun contatto con l’esterno e costretti a turni massacranti, senza possibilità di riposo e deprivati di ogni forma di tutela.
Dalle perizie disposte su alcune delle linee di assemblaggio e confezionamento dei pacchetti di sigarette è emersa l’intensa attività produttiva realizzata durante il periodo di operatività clandestina. È stato stimato, infatti, che ognuna di esse abbia potuto agevolmente produrre 48 mila pacchetti di sigarette al giorno, da cui un volume immesso sul mercato illegale valutabile (in via del tutto prudenziale) in almeno 35 milioni di pacchetti (corrispondenti a 700 tonnellate di prodotto). Un quantitativo, questo, che può aver fruttato agli organizzatori dell’illecito traffico guadagni stimati in non meno di € 175 milioni. Ciò con una correlativa evasione di accisa sui tabacchi quantificabile in € 112 milioni circa, oltre a IVA per € 28 milioni.
Va inoltre sottolineato come la sinergia istituzionale, dopo l’effettuazione dei sequestri, si sia estesa all’Agenzia delle dogane e dei monopoli (Ufficio dei Monopoli di Torino) nonché al Comando Provinciale del Corpo nazionale dei Vigili del fuoco di Torino nella fase della gestione del materiale cautelato che, anche grazie alla collaborazione della Città Metropolitana di Torino, è stato già avviato a completa distruzione.
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