
Lo scarabeo stercorario combatte i gas serra, il parallelomorfo fa strage di crostacei, la Phaleria bimaculata è lo spazzino del mare: golosissima di detriti. Ma lo sfruttamento degli arenili sta facendo sparire l'affascinante microcosmo che vive tra i granelli di sabbia.Parallelomorfi, falerie, cicindelidi, scarabei stercorari, pulci della sabbia. D'estate, sotto il nostro asciugamano, ospitiamo spesso senza farci neanche caso un affascinante campionario del micromondo degli insetti. Sempre più raro da avvistare, a dire il vero. Perché molte di queste specie stanno scomparendo. E se continua così, di loro rimarranno testimonianze solo nei vecchi libri e nelle collezioni dei musei di storia naturale. Per esempio si incontra di rado lo scarabeo stercorario, noto perché fabbrica con gli escrementi di cui si nutre delle pallottole più grandi di lui che poi spinge con le zampe posteriori fino all'imboccatura della tana, per usarle come riserva di cibo e incubatrice per le uova.Questi animaletti sono sempre meno numerosi a causa di vari fattori, tra cui il massiccio sfruttamento turistico degli arenili. Ed è un peccato, anche per noi umani: poiché si nutre di escrementi di erbivori, secondo uno studio pubblicato su Plos One lo scarabeo stercorario potrebbe aiutarci a combattere i gas serra diminuendo la quantità di metano rilasciata dalla cacca di mucca. Questo animaletto ha anche altri talenti. Secondo una ricerca britannica e australiana pubblicata su Proceedings of the Royal Society B, si aggiudica la medaglia d'oro dell'insetto più forte del pianeta. Può infatti trascinare palline di cacca che superano di 1.141 volte il suo stesso peso. Se un uomo avesse la sua forza, sarebbe in grado di trascinare un elefante che porta inoltre un carico di mezza tonnellata. Sacro agli egizi, lo scarabeo stercorario corre sui geroglifici, scala obelischi e veglia le tombe, testimone d'immortalità. Ed è anche un astronomo. Uno studio pubblicato su Current Biology ha infatti scoperto per orientarsi usa le stelle, come gli uccelli, le foche e gli umani. È la prima volta che un comportamento del genere si riscontra in un insetto. Un ennesimo tassello si aggiunge così al suggestivo mosaico etologico di questo animale, lavoratore forte e attivo tutto l'anno, abituato a faticare con un unico obiettivo: garantire il sostentamento della famiglia. Ed è sbagliato pensare che, essendo sempre a contatto con gli escrementi, questi insetti siano ricettacoli di malattie: grazie a speciali secrezioni emesse dal corpo, riescono a non sporcarsi e sono sempre puliti.Altre creature in via d'estinzione sono i Cicindelidi, coleotteri carnivori con livree dai colori vari e vivaci, spesso a tinte metalliche splendenti, dotati di zampe esili e molto allungate che non solo permettono loro di spostarsi con grande velocità ma anche di tenere il corpo ben sollevato dalla sabbia rovente minimizzando la superficie di contatto. La famiglia dei Cicindelidi comprende poco meno di 2.000 specie, diffuse principalmente nelle regioni tropicali e subtropicali. Da noi tra le più comuni c'è Cicindela campestris che vive, oltre che nei luoghi sabbiosi, nei campi. Di color verde erba, è considerata la «tigre degli insetti» a causa delle abitudini predatorie. Gli adulti, ottimi corridori, cacciano gli insetti lanciandosi all'inseguimento. Le larve, invece, li catturano con un trabocchetto: scavano delle tane verticali, vi si nascondono tappando il buco con la testa, poi rimangono in attesa. Quando un'ignara preda si avvicina, la afferrano con le potenti mascelle e la trascinano giù nella tana. Viste le abitudini delle larve, non è difficile immaginare perché se ne vedono sempre meno: il calpestio dei bagnanti e il passaggio dei mezzi che puliscono le spiagge, d'estate, fanno una strage. Stessa sorte tocca al coleottero Parallelomorfo (Parallelomorphus laevigatus), una specie predatrice ad attività notturna che trova rifugio durante le ore diurne tra i detriti vegetali dell'arenile. Lungo 16-22 millimetri, possiede delle mandibole robuste e dentellate, e zampe anteriori appiattite e seghettate adatte a scavare nella sabbia per introdursi nelle gallerie dei Crostacei talitridi di cui è ghiotto. Ormai sono insetti rari, ma un tempo ce n'erano tantissimi: ad esempio nell'Ottocento, tra le alghe delle spiagge venete, se ne vedevano centinaia. Il declino è iniziato tra la fine degli anni Cinquanta e l'inizio degli anni Sessanta. Non sapendo volare, infatti, sono penalizzati dall'intensa frequentazione turistica.Altra creaturina che vive in spiaggia è la Phaleria bimaculata, un coleottero che si alimenta dei detriti organici deposti dai moti di marea. Si tratta di un insetto di pochi millimetri, con abitudini prevalentemente notturne, la cui tinta ricorda quella della sabbia, con in più due macchioline sfumate sulle elitre (gli «astucci» delle ali). Un tempo frequentissima tra le dune, attualmente è in forte rarefazione.Non tutti gli insetti che vivono sulla sabbia sono in via d'estinzione. E non tutti sono innocui. In alcuni paradisi dell'Africa, dell'India, dei Caraibi o del Sud America, l'ultima creatura con cui un vacanziere vorrebbe avere a che fare è la pulce della sabbia (Tunga penetrans). L'insetto entomofago, che non super il millimetro di lunghezza, penetra nella cute dell'ospite - mammiferi a sangue caldo, uomo incluso - dove si annida, deposita escrementi, si riproduce, fa le uova e poi dopo 4-6 settimane muore. I suoi meccanismi di riproduzione sono diventati noti quando Marlene Thielecke, una ricercatrice tedesca specializzata in medicina tropicale che lavora in Madagascar, è stata a sua volta attaccata. La donna, coraggiosamente, ha deciso di lasciar dimorare il parassita nel suo piede per sei settimane, in modo da poterne osservarne il ciclo vitale. E ha scoperto che le pulci maschio fecondano la femmina dopo che questa ha preso dimora nell'ospite. Quella nel suo piede accuratamente isolato, però, rimase vergine. E non riuscì a riprodursi.
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