2024-07-30
Gli Agnelli vendono i robot, saltano posti: ma Landini parla di Calderoli
Il leader Cgil pensa all’autonomia e non a Stellantis che vende il gioiello Comau. Carlo Calenda lo accusa di intese con il gruppo Gedi.Noi ci abbiamo provato: abbiamo compulsato le agenzie, consultato il sito del sindacato e chiesto a un po’ degli addetti ai lavori che sono vicini alle vicende delle parti sociali. Ci abbiamo provato a scovare le dichiarazioni, che sicuramente sarebbero state assai puntute e critiche del leader della Cgil Maurizio Landini, per mettere alle corde il management di Stellantis (l’ad portoghese Carlos Tavares, certo, ma soprattutto il presidente italiano, John Elkann), sul caso Comau. Ma purtroppo non siamo riusciti a trovare nulla. Cinque giorni fa l’annuncio della (s)vendita del gioiellino italiano della robotica al fondo di private equity, One Equity Partners, eppure da parte del castigatore di multinazionali e spezzatini neppure un commento che sia uno. E non è che Landini sia rimasto in silenzio. Del resto, non sarebbe da lui. Nelle ultime 100 ore ha disquisito di tutto. Poco di posti di lavoro e difesa delle singole fabbriche e tanto di macrotemi, nei quali ormai si è specializzato. Autonomia e disegno di legge Calderoli su tutto. E del resto c’è da comprenderlo: si è sobbarcato il fardello di un altro referendum, dopo quello contro il Jobs Act e adesso ha una missione da portare a termine. E così anche se si trova davanti a una domanda diretta, è successo a Piediluco di Terni dove ha partecipato alla presentazione del libro di Giulio Cesare Proietti «Renata la staffetta», lui trova il modo di svicolare. «Segretario», l’interrogativo calzante sulla politica industriale, «dal caso Ilva, alle Acciaierie di Terni, dall’automotive fino alla chimica, dove sta andando questo Paese?». E lui: «Noi stiamo pagando l’assenza di una politica industriale perché è stato teorizzato che lasciando fare al mercato da solo le singole imprese avrebbero risolto tutti i loro problemi e questo avrebbe fatto crescere il nostro Paese. Anzi, noi vediamo che la cosiddetta concorrenza bisogna farla con Paesi come la Cina, come gli Stati Uniti e l’India, che investono miliardi su miliardi nell’innovazione e nel cambiamento dei sistemi produttivi». Niente neanche un accenno a Comau. Eppure quale azienda meglio di Comau, leader mondiale nei processi di automazione, servizi di produzione e robot, può rappresentare l’innovazione e il perno intorno al quale concentrarsi per aumentare la produttività e migliorare il sistema industriale di un Paese? Non solo. Perché su quest’operazione si pongono altri due temi che un leader come Landini non può non enfatizzare. Il primo è stato amplificato dalla Verità che ha rivelato come da parte di Stellantis non sia partita nessuna notifica al governo per porre al vaglio del Golden power un affare che riguarda un’azienda che dire strategica è poco. La multinazionale dell’automotive ha fatto sapere di aver messo in moto la procedura, ma ancora ieri il ministro Adolfo Urso non non aveva riscontri. «Ho letto il comunicato di Stellantis di qualche giorno fa che ha preannunciato la presentazione della notifica secondo le regole del Golden power», ha sottolineato il titolare del Mimit, «Ovviamente noi aspettiamo». Mentre l’altra questione riguarda la trasparenza. A oggi non abbiamo notizie sull’ammontare dell’operazione (quanto è costato al fondo il 50% più uno di Comau) e non ci sono rassicurazioni sulla sorte dei circa 3.000 lavoratori del gruppo. E del resto la grande delusione degli altri sindacati verte proprio su quest’aspetto, sul fatto che alla fine non si tratti di un’operazione industriale ma finanziaria. E sulla certezza che stringi stringi anche il più strutturato dei fondi di private equity ha come priorità quella di ottenere un ritorno nel giro di cinque-sei anni. Ecco perché il pressing di governo, parti sociali e istituzioni mai come in questo caso è utile e sacrosanto. Difficile non pensare alle parole di Carlo Calenda e alla polemica nata dalle dichiarazioni del leader di Azione che prendevano spunto anche da un caso simile questo, quello della cessione della Magneti Marelli al fondo americano Kkr, che di recente ha acquistato anche la rete Tim. Calenda aveva sottolineato le continue interviste rilasciate da Landini ai giornali del gruppo Gedi (La Stampa e La Repubblica) e anche i toni decisamente più morbidi del leader della Cgil rispetto all’oggettiva smobilitazione di Stellantis dall’Italia. E aveva ipotizzato una sorta di do ut des. E del resto in altri tempi sarebbe bastato molto meno al sindacato rosso per mettere a ferro e fuoco la multinazionale dell’auto. Per queste accuse Landini ha querelato Calenda. I due se la vedranno in tribunale. Ecco, se fossimo nel leader centrista inseriremmo il caso Comau tra le prove principali della fondatezza del suo ragionamento.
Beatrice Venezi (Imagoeconomica)