
Nel report del dipartimento di Stato il quadro della nostra nazione è da allarme rosso: gli jihadisti si nascondono fra i profughi per raggiungere l'Europa via mare. E c'è grande attività anche sulle piste balcaniche. Il rischio principale: «Bombe artigianali». «L'Iran rimane lo Stato peggiore al mondo per sostegno al terrorismo»: la sua «trama terroristica» si sviluppa in tutto il globo, in particolare in Europa. È quanto emerge dall'ultimo rapporto sul terrorismo rilasciato dal dipartimento di Stato americano, intitolato Country reports on terrorism 2018. Tra le quattro nazioni definite «sponsor del terrorismo» (Corea del Nord, Sudan, Siria e Iran), il report si concentra sul regime di Teheran. «La minaccia iraniana non è limitata al Medio Oriente ma è globale», ha spiegato il coordinatore del dipartimento per l'Antiterrorismo, Nathan Sales. Il rapporto dichiara che Teheran spende quasi 1 miliardo di dollari l'anno per sostenere gruppi terroristici amici come Hezbollah e Hamas o la jihad islamica. Il dipartimento di Stato illustra alcuni dati sulla lotta all'Isis in Siria e Iraq nel 2018, quando cioè l'organizzazione fondata da Abu Bakr Al Baghdadi aveva già perso il controllo sulla stragrande maggioranza delle aree conquistate negli anni precedenti: liberati 110.000 chilometri quadrati e circa 7,7 milioni di uomini, donne e bambini dalle «leggi brutali» dei jihadisti. Sconfitto il Califfato, gli Stati Uniti si concentrano su Al Qaeda, i suoi affiliati e gli Stati sponsor del terrorismo - in particolare, come detto, sull'Iran - ribadendo l'impegno del presidente Donald Trump a esercitare la «massima pressione» sul regime. Ma è utile leggere il rapporto guardando specificamente all'Italia. Per due ragioni. La prima: proprio il dipartimento di Stato ha plaudito alla decisione dell'Enac - di cui La Verità ha dato conto nei giorni scorsi - di interrompere dal 15 dicembre tutti i voli da e per il nostro Paese della compagnia iraniana Mahan Air, che dal 2011 è sotto sanzioni statunitensi. La seconda: il ruolo dell'Italia nel contrasto al terrorismo globale e la centralità del nostro territorio nei flussi migratori. Nel capitolo dedicato all'Italia, il dipartimento di Stato degli States sottolinea le nostre operazioni all'estero: il ruolo nella Coalizione globale anti Isis (ricordando come le truppe italiane siano le più numerose in Iraq dopo quelle Usa), nel gruppo della Coalizione che si occupa di eliminare le fonti di finanziamento dello Stato islamico e dei suoi affiliati e di impedirne l'accesso al sistema finanziario internazionale (assieme con Stati Uniti e Arabia Saudita) oltre che nel Forum globale antiterrorismo e in Afghanistan (siamo il quarto Paese contributore in termini di uomini alla missione Nato).Gli aspetti domestici sono più spinosi: 117 individui espulsi dall'Italia per legami con il terrorismo nel 2018. L'anno precedente erano meno: 105. «Attentati a bassa intensità, come quelli con piccoli Ied (ordigni esplosivi improvvisati, ndr) sono ancora una minaccia», si legge. «L'Italia ha identificato circa 100 Ftf (foreign fighter, ndr) che hanno viaggiato in Iraq o Siria. Le autorità italiane sono preoccupate per il rischio rappresentato dai combattenti di ritorno, nonché dai combattenti trasferiti da aree precedentemente sotto controllo dell'Isis in Libia, che potrebbero tentare di utilizzare i flussi migratori per raggiungere l'Italia». Il documento analizza provvedimenti come il decreto Salvini ed episodi di terrorismo come la bomba carta esplosa il 13 ottobre dell'anno scorso ad Ala (Trento), poche ore prima dell'arrivo di Matteo Salvini, allora vicepremier e ministro dell'Interno. Sono due le rotte principali per l'immigrazione verso l'Italia, quella mediterranea e quella balcanica. Rispetto alla prima, gli Usa sottolineano il rapporto tra i due Paesi. Nel documento si legge infatti che «le autorità italiane continuano a lavorare con l'amministrazione statunitense per rafforzare la capacità dell'Italia nel controllo dei migranti in arrivo [identificando] terroristi noti e sospetti». Un passaggio del report riguarda gli accordi con la guardia costiera libica (cioè, senza nominarlo, il memorandum che si è rinnovato ieri) e l'impegno militare nel Sahel, in particolare in Niger. Quanto alla seconda, cioè quella da cui possono transire anche le armi, Washington sottolinea l'importanza delle comunità balcaniche che già vivono in Italia e la posizione del nostro Paese, spesso transito dei combattenti che rientrano in Europa. Il dipartimento di Stato elenca anche alcune espulsioni importanti: quella del migrante gambiano arrestato a Napoli, arrivato dalla Libia in barcone e affiliato all'Isis, a cui alcuni sostenitori dello Stato islamico avevano inviato 1.500 euro e istruzioni per un attentato; quella di fratello e sorella albanesi residenti a Prato, impegnati nel reclutamento per l'Isis; quelle degli 11 siriani e tre marocchini scoperti in Lombardia e Sardegna, accusati di aver raccolto 2,3 milioni di dollari per Al Nusrah; quella di un palestinese arrestato in Sardegna, sospettato di pianificare un attacco chimico per lo Stato islamico dopo aver già partecipato a un attentato - sebbene fallito - in Libano.Il quadro che ci arriva dagli States sembra quindi confermare - anche scorrendo le pagine dedicate ad altre nazioni mediterranee - molti dei nostri sospetti: l'Italia è territorio di transito per i terroristi che cercano di raggiungere l'Europa salpando dalla Libia.
Volodymyr Zelensky (Ansa)
Ridotti i paragrafi del primo documento, il resto dovrebbe essere discusso direttamente da Volodymyr Zelensky con il presidente americano Il nodo più intricato riguarda le regioni da cedere. Forse ci sarà un incontro in settimana. E l’ultimatum per giovedì potrebbe slittare.
È un ottimismo alla Giovanni Trapattoni, quello espresso ieri da Donald Trump sul processo diplomatico ucraino. «È davvero possibile che si stiano facendo grandi progressi nei colloqui di pace tra Russia e Ucraina? Non credeteci finché non li vedete, ma potrebbe succedere qualcosa di buono», ha dichiarato il presidente americano su Truth, seguendo evidentemente la logica del «non dire gatto, se non ce l’hai nel sacco». Una presa di posizione, quella dell’inquilino della Casa Bianca, arrivata dopo i recentissimi colloqui, tenutisi a Ginevra, tra il segretario di Stato americano, Marco Rubio, e la delegazione ucraina: colloqui che hanno portato a una nuova versione, definita da Washington «aggiornata e perfezionata», del piano di pace statunitense. «I rappresentanti ucraini hanno dichiarato che, sulla base delle revisioni e dei chiarimenti presentati oggi (l’altro ieri, ndr), ritengono che l’attuale bozza rifletta i loro interessi nazionali e fornisca meccanismi credibili e applicabili per salvaguardare la sicurezza dell’Ucraina sia nel breve che nel lungo termine», si legge in una dichiarazione congiunta tra Washington e Kiev, pubblicata nella serata di domenica.
Elisabetta Piccolotti (Ansa)
Sulla «famiglia nel bosco» non ci risparmiano neppure la sagra dell’ipocrisia. La deputata di Avs Elisabetta Piccolotti, coniugata Fratoianni, e l’ex presidente delle Camere penali e oggi a capo del comitato per il Sì al referendum sulla giustizia, avvocato Giandomenico Caiazza, aprendo bocca, non richiesti, sulla dolorosissima vicenda di Nathan Trevallion, di sua moglie Catherine Birmingahn e dei loro tre figli che il Tribunale dei minori dell’Aquila ha loro tolto dicono: «Non mi piace la superficialità con cui si parla dei bambini del bosco», lei; e: «In un caso come questo dovremmo metterci al riparo da speculazioni politiche e guerre ideologiche preventive», lui.
(IStock)
La valutazione attitudinale (domande di cultura generale) usata per decidere «l’idoneità» di mamma e papà viene contestata per discriminazioni e abusi, ma è stata sospesa solo per la Groenlandia. Rimane in vigore per il resto della popolazione danese.
Concita De Gregorio (Ansa)
Su «Repubblica» la De Gregorio difende la famiglia di Nathan. Ma per chi la pensa diversamente la coercizione è impietosa.






