
La San Paolo pubblica il lavoro che gli valse la lode in Teologia: un’indagine sul pensatore protestante Niebuhr in cui il futuro fondatore di CL stilava una sintesi delle fallacie della nostra cultura davanti all’«enigma umano».Tutte quante le teorie moderne dissolvono in ultima analisi l’individualità umana; «perdono» la personalità dell’uomo. «La logica di questa annichilazione può essere facilmente delineata. La corrente naturalistica della cultura moderna cerca di ridurre tutta la dimensione dello spirito nell’uomo a un indifferenziato «flusso di coscienza», quando non riduce la coscienza stessa a proporzioni puramente meccaniche. L’idealismo d’altra parte […] dissolve generalmente le caratteristiche precipue dell’io umano nelle universalità astratte della mente. Fra l’una e l’altra la realtà dell’io rimane in costante pericolo». Nelle filosofie moderne, si può dire, «l’individuo o è un nulla o diviene il tutto». Diventa nulla nel naturalismo materialista ed empirista; viene assorbito nel tutto impersonale dell’assoluto idealista. […]Tra le due correnti, campione dell’individuo (espressione unitaria di vitalità e di esistenza), insorge il romanticismo. L’individuo viene esaltato come valore assoluto: deificato veramente. Ma presto l’assurdità di questa pretesa fa cercare un’altra unità più fondamentale, un più vasto individuo» che sia più ragionevole supporto di così assoluta autosufficienza; questa unità viene trovata nella nazione. «Questo individuo collettivo allora soppianta il singolo individuo come centro dell’esistenza e sorgente del senso della realtà. Nell’intento di cercare qualcosa di più ampio che non la persona come proprio centro, il romantico s’incontra con l’idealista assoluto che e intento a trovare qualcosa un poco più domestico e maneggevole dell’assoluto come sorgente di valore»: entrambi infatti credono di risolvere il loro problema deificando lo stato.Di fronte al problema del male l’antropologia moderna, di qualsiasi tendenza filosofica, è invincibilmente ottimista. L’uomo è essenzialmente buono, nel senso che ha in sé stesso la possibilità della totale liberazione dal male che lo addolora e - d’altra parte - questo male non è per nessun motivo a lui imputabile. Nulla è più estraneo alla mentalità moderna del concetto cristiano di peccato, implicante, in qualche modo, una responsabilità umana delle défaillances dell’esistenza. Cosi tutto il dramma della Redenzione Cristiana è per le varie forme di cultura moderna incomprensibile o, semplicemente, di nessuna attualità: ad esse il senso cristiano del peccato appare come un aspetto psicopatico della mentalità adolescente. Per il razionalista idealista il male sta nei ceppi degli impulsi e necessità naturali, dai quali è certo di potersi riscattare collo sviluppo delle facoltà razionali. Per il naturalista il male proviene dalle complicazioni della vita spirituale, dalle quali e certo di potersi liberare con una educazione di riadattamento alle armonie primitive ed immediate della natura, oppure «ponendo la sua fiducia in qualche principio di ordine e di armonia razionale, nel quale esso non ha veramente alcun diritto di credere nei confini dei suoi presupposti naturalistici». Queste due tendenze naturalistiche si possono ricondurre o simbolizzare nei due metodi scientifici della osservazione empirica, che fa seguire all’uomo umilmente il corso della natura, e del calcolo matematico, che glielo fa dominare, scoprendo «la coincidenza meravigliosa del calcolo razionale col processo naturale».[…] Vi è, sì, una corrente di pessimismo conseguente: essa si rivela nel romanticismo freudiano e nel cinismo esistenzialista. Così, quando le illusioni dell’ottimismo generale vengono scoperte, l’uomo moderno non si trova di fronte che la disperazione.L’ottimismo sicuro della cultura moderna trova la sua espressione più completa e matura nella fede del progresso. L’avvenire, la storia risolverà irresistibilmente i mali che lo sviluppo umano ancora si trascina con sé. La storia ha tra i suoi fattori il principio della sua soluzione: tutte le ideologie moderne ne convengono. […] Questa fiducia assoluta nella storia e nella esistenza di un principio ad essa intrinseco, il cui sviluppo porterebbe per forza al compimento di essa ed alla completa rivelazione del suo senso, proviene alla cultura moderna dal Rinascimento. Da una parte il Rinascimento aveva ereditato dalla cultura cristiana il senso della storia come sviluppo ad un compimento finale. La cultura classica colla sua equivalenza tempo storia-tempo natura, e colla sua concezione ciclica della natura - e della storia quindi -, non aveva nessun senso dello sviluppo, né aveva possibilità di trovare significato ad esso; e il senso della vita veniva cercato o nel ricorrente meccanismo della natura come tale - cui l’uomo si deve adattare in quanto elemento di essa -; oppure nel principio razionale o in uno soprarazionale (in un logos immanente nell’uomo), come forza redentrice dall’insulso e indefinito corso e ricorso del movimento naturale (e - quindi - storico)Di fronte alla storia umana il mondo classico non aveva saputo trovare migliore atteggiamento che la negazione del senso di essa ed una aspirazione ad evadere, ad emanciparsi da essa. Dall’altra parte il Rinascimento aveva riesumato, collo spirito della cultura classica, l’illimitata confidenza nelle possibilità del principio razionale immanente nell’uomo. Dall’unione di questi due influssi - cristiano e classico - sorse la fede nel progresso: la storia ha un senso, e uno sviluppo pregno di significato. Ma la chiave di questo senso non è trascendente, la sua rivelazione non è escatologica. Lo sviluppo storico e autoesplicativo (self-explanatory). Rivelatore del senso della storia e redentore dei suoi limiti è il movimento stesso della storia, progressivo. Il tempo diventa la chiave del mistero dell’esistenza. […]La consacrazione decisiva di questo principio sembrò data dalle scoperte della scienza. «Quando la scienza naturale scopri che anche le forme naturali erano soggette a mutamento, sembrò che fosse stata trovata la chiave di volta per l’arcata di un nuovo tempio in cui venerare il senso della vita e della storia». Il problema della storia cessò di essere un enigma; cessò, in fondo, di essere un problema. L’idea del progresso, «l’articolo più caratteristico e più fermamente tenuto nel credo dell’uomo moderno», riassume ed esaspera gli errori che la cultura moderna commette nella interpretazione della natura umana e nella soluzione del problema dell’umana esistenza. […] Ma non s’accorge che il dinamismo della storia e duplice: «Essa suppone che ogni sviluppo significhi l’avanzamento del bene. Non riconosce che ogni livello più alto di efficienza nell’esistenza umana può pure rappresentare una possibilità di male». Le possibilità senza limiti della storia sono essenzialmente ambigue, sono possibilità nello stesso tempo di bene e di male. L’uomo moderno non riconosce «che ogni potenza umana nuova può essere strumento di caos come di ordine: e che la storia, quindi, non possiede in sé alcuna soluzione del proprio problema». La storia contemporanea è la tragica prova sperimentale di queste affermazioni.
Leone XIV (Ansa)
Nella sua prima intervista, il Papa si conferma non etichettabile: parla di disuguaglianze e cita l’esempio di Musk, ma per rimarcare come la perdita del senso della vita porti all’idolatria del denaro. E chiarisce: il sinodo non deve diventare il parlamento del clero.
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Dopo il doppio disastro nella corsa alle rinnovabili e lo stop al gas russo, la Commissione avvia consultazioni sulle regole per garantire l’approvvigionamento. È una mossa tardiva che non contempla nessuna autocritica.