2023-11-03
I giudici si scagliano contro l’amnistia ai ribelli di Catalogna: «Incostituzionale»
Pedro Sanchez e Carles Puigdemont (Ansa)
Pur di recuperare i voti indipendentisti per il nuovo governo, Pedro Sanchez vuole cancellare 15 miliardi di debiti alla regione.Un’amnistia per raccattare il voto di una dozzina di deputati catalani e dare il via al terzo esecutivo guidato da Pedro Sanchez. Piccolo problema, la maggiore associazione dei magistrati spagnoli si mobilita contro il provvedimento, evidente merce di scambio per la nascita del governo di ultrasinistra, e definisce il perdono generale non solo incostituzionale, ma addirittura «l’inizio della fine dello stato di diritto e della democrazia».Rapido flashback che aiuta a capire la disinvoltura del socialista Sanchez, che dalle scorse elezioni è uscito sconfitto e sta raccattando voti come non vi fosse un domani. Nel 2021 una legge di amnistia per i condannati della tentata secessione del 2017 è stata presentata dai conservatori di Ecr e da JxCat, ovvero Uniti per la Catalogna di Carles Puigdemont, oggi esule a Bruxelles. All’epoca, i socialisti del Psoe, il partito di Sanchez, respinsero indignati la proposta, allineandosi alle posizioni dei popolari e della destra di Vox. Ma ora ci sono quei maledetti sette voti da recuperare per tornare alla Moncloa e allora ecco che Sanchez è pronto ad accettare la richiesta di Puigdemont, che ha sette deputati, e magari aggiungervi anche gli altri sette di Erc, la sinistra catalana. Sul piatto ci sono i destini di 1.400 condannati per l’insurrezione di sei anni fa, ma si arriva a oltre 4.000 catalani se si contano tutte le persone ancora sotto processo.Un’amnistia in cambio di un accordicchio politico non s’era mai vista e allora ecco che ieri è scesa in campo l’Asociaciòn Profesional de la Magistratura (Amp), la maggiore organizzazione di toghe della Spagna, su posizioni tradizionalmente conservatrici. Amp attacca con accuse gravi: «Stiamo mettendo in guardia da tempo contro il grave deterioramento delle istituzioni e dello stato di diritto in sé. Assistiamo a una costante opera di discredito della funzione giurisdizionale e ad attacchi continui all’indipendenza della magistratura che mettono a rischio la separazione dei poteri». Poi ecco l’anatema dei giudici sull’«amnistia di scambio» per il Sanchez III: «Una legge di amnistia, non prevista dalla Costituzione, delegittimerebbe lo stato di diritto e il potere legislativo che approvò le leggi sui delitti politici in base alle quali i giudici hanno emesso le condanne» per i fatti del 2017. Non solo, ma i magistrati di Amp pongono anche un problema per eventuali rivolte future quando avvertono: «Lo stesso trattamento di indulgenza potrebbe un giorno essere reclamato anche in altri momenti storici da chi provasse, con la forza del terrore, a ottenere l’indipendenza di un certo territorio, o mirasse al medesimo risultato appropriandosi di fondi pubblici».Sono solo parole, si dirà, ma in realtà la stessa Amp, guidato dal giudice madrileno Maria Jesus Del Barco, si è portata avanti. La settimana scorsa, l’organizzazione ha scritto una lettera alla Commissione europea nella quale paragona l’eventuale amnistia spagnola alle misure prese in Polonia e Ungheria contro l’indipendenza giudiziaria. Intanto anche i leader di Sumar, il raggruppamento di sinistra dura e pura dove è confluito anche Podemos, trattano alla luce del sole con le piccole formazioni catalane. E Il corteggiamento riguarda anche le forze autonomiste che si muovono in Galizia, nella Comunità Valenziana e nei paesi Baschi. Oggi, senza un appoggio ufficiale e completo di Sumar e Psoe, l’amnistia avrebbe il voto dei 56 deputati che l’hanno chiesta ufficialmente, ma per fare un governo ne servono almeno 172 e al momento Sanchez è accreditato solo di 158 voti sicuri. Per questo fervono le trattative con i separatisti e la caccia a 14 voti. E ieri, il corteggiamento è diventato moneta sonante visto che il premier ad interim ha promesso la cancellazione di 15 miliardi di debiti che la Catalogna aveva con Madrid. Inoltre, sono stati promessi interventi statali per migliorare sicurezza, funzionamento della giustizia e ricerca nella Comunità autonoma. Quattro giorni fa, Sanchez ha sostenuto che «l’amnistia è necessaria per il bene della Spagna, a difesa della convivenza tra i cittadini» e poi ha ammesso che «in politica il coraggio a volte si manifesta facendo di necessità virtù». Giulio Andreotti non avrebbe saputo dir meglio. Molto indicativa anche l’arma finale di Sanchez con i suoi elettori, ovvero il richiamo al fatto che l’amnistia serve a fare un governo progressista «e a evitare che invece ci possa essere un esecutivo di estrema destra». Sarà per questo che ha imbarcato anche gente che simpatizza con Hamas e tifa Palestina. La scorsa settimana Sumar ha preteso che nella vasta piattaforma programmatica con il Psoe ci fosse la battaglia per il riconoscimento dello Stato palestinese, «a prescindere da una posizione comune dell’Ue in merito». Tra le condizioni svelate da Ernest Urtasun, uno dei leader di Sumar, c’è il riconoscimento unilaterale dello Stato palestinese. Mentre Ione Belarra, ministro dei Diritti sociali e leader di Podemos, ha proposto a Sanchez di trascinare il premier israeliano Benjamin Netanyahu davanti alla Corte penale internazionale. Inutile dire che un governo così in Spagna, dopo il ribaltone polacco, non farebbe certo piacere all’Italia di Giorgia Meloni.
Eugenia Roccella (Getty Images)
Uno scontro impari, 16 aerei contro oltre 40, e un pilota generoso che salvò un compagno senza badare a quanto carburante gli rimaneva. Questa è la storia di George ed Andrew.