2018-03-22
Scoperta l'acqua calda: Facebook vende dati
I giornali hanno scoperto l'acqua calda. Da giorni infatti riempiono le pagine, e di conseguenza anche la nostra testa, con la faccenda di Facebook, ovvero con i dati di milioni di utenti usati da una società privata per condizionare il voto negli Stati Uniti e in Gran Bretagna.Qualcuno si è perfino spinto a scrivere che dopo la scoperta di ciò che gli stregoni della politica fanno delle informazioni che noi riversiamo online, niente sarà più come prima. I social network, secondo questa tesi, avrebbero perso l'innocenza. Il problema è che i social network non sono mai stati innocenti, ma spesso, al contrario, sono stati una fregatura. Lo sanno anche i sassi che qualsiasi cosa postata rimane per sempre a disposizione di chiunque voglia usufruirne. E chiunque abbia un grammo di sale in zucca è a conoscenza del fatto che, quando navighiamo, le informazioni che forniamo, i dettagli dei nostri gusti e delle nostre scelte, sono comprati e venduti da persone che li usano per fare affari e arricchirsi alle nostre spalle.Oh, sì, c'è la privacy, ovvero quello specchietto per le allodole che ogni volta che ci loghiamo a un sito ci viene mostrato, e attraverso cui noi specifichiamo se i nostri dati possono essere usati e a che scopo. Ma si tratta appunto di una dichiarazione che serve ai giganti del Web per mettersi il cuore in pace. O meglio: per fingere di essere in regola e rispettare la legge. Tutti sanno che cosa siano i cookie. Non si tratta dei biscotti con scaglie di cioccolato, ma di un file che consente l'identificazione del cliente e permette di memorizzare una serie di informazioni. Che cosa pensate? Che i cookie le aziende di commercio online, ma anche quelle che si occupano di tenere in contatto gli utenti, siano custoditi meglio di come sia stato taciuto il segreto di Fatima? Ingenui. Ogni cosa passata via Web concorre a fornire dati utili a chi li voglia usare, sia a fini commerciali che a fini politici. Sanno tutto delle nostre vite e dei nostri orientamenti, ho letto da qualche parte in questi giorni. Sì, e non è una grande scoperta. Mark Zuckerberg, come riportiamo oggi, quand'era all'università, e non aveva ancora fatto fortuna con l'idea di un sito che facesse socializzare gli studenti di Harvard, un giorno commentando l'acquisizione di dati di molti universitari si lasciò scappare una frase significativa. Parlando dei primi 4.000 iscritti alla piattaforma che poi si sarebbe trasformata nel colosso di Facebook definì gli utenti dei «fottuti idioti». E sapete perché? Per avergli fornito all'atto della sottoscrizione gli indirizzi email, le proprie fotografie, gli indirizzi di casa e gli sms. Nel 2004, Zuckerberg aveva ben chiaro che cosa avesse in mano. Egli sapeva che spontaneamente gli utenti della piattaforma gli avevano consegnato informazioni decisive. Il ragazzino di Harvard aveva in mano le vite degli altri e di quelle notizie private poteva fare ciò che voleva, usandole ai propri fini.Dunque, perché ci si stupisce se i dati di milioni di persone (si parla di 51 milioni, ossia poco più del due per cento degli utenti di Facebook) sono stati usati per fare marketing politico e profilare gli elettori? Dov'è lo scandalo? Usando questi strumenti si è inquinata la vita democratica di alcuni paesi come gli Usa e la Gran Bretagna? Oppure il turbamento è dovuto al fatto che dietro all'operazione messa a segno da Cambridge Analytica vi è il sulfureo Steve Bannon, il guru della destra americana? Il sostenitore della campagna di Donald Trump ha usato questi dati, carpendoli a tanti ingenui che scaricavano una app, per far vincere il suo candidato? Bannon ha giocato sporco strumentalizzando le informazioni di cui era entrato in possesso? Ma questo è ciò che fanno regolarmente le aziende commerciali, le quali profilano i clienti e confezionano il messaggio più convincente per vendere i loro prodotti. È la pubblicità, bellezza. Lo scandalo dunque dove sta? Nel fatto che questa volta invece di piazzare qualche cosa ci si sia serviti dello stesso sistema per piazzare qualcuno alla Casa Bianca? Oppure il chiasso è dovuto alla scoperta che il sistema non è servito a favorire un candidato liberal e democratico ma quel troglodita di Trump? A leggere i giornali la ragione di tanta indignazione sembra proprio quest'ultima. Ma come: la parte più moderna e avanzata delle nostre imprese, ossia il gruppo di grandi aziende tecnologiche e sociali, invece di aiutare Hillary Clinton ha dato una mano The Donald? Ebbene sì, il grande populista ha saputo usare meglio i social che democratici e liberali credevano al loro servizio.Ma ora che i quotidiani e commentatori hanno scoperto l'acqua calda, vedrete che presto faranno anche una doccia fredda: scoprendo che più di Facebook per Trump sono stati determinanti i canali televisivi. Eh già, oltre ai nuovi media ci sono anche i vecchi e non sempre votano a sinistra.