2022-07-24
Il giorno dopo l’accordo sul grano piovono 4 razzi sul porto di Odessa
Volodymyr Zelensky: «I russi sputano in faccia all’Onu». Istanbul: «Mosca nega coinvolgimenti».Non sono nemmeno passate 24 ore dalla firma dell’accordo sul grano di Istanbul tra Ucraina e Russia che il porto di Odessa è stato oggetto del lancio di missili che hanno colpito un impianto di lavorazione del grano. Secondo quanto dichiarato da un portavoce dell’aviazione ucraina «il porto di Odessa è stato bombardato, soprattutto nell’area dove si svolgevano i processi di spedizione del grano. Abbiamo abbattuto due missili e altri due missili hanno colpito l’infrastruttura portuale dove, ovviamente, c’è il grano». Natalya Gumenyuk, capo del centro stampa della Guardia meridionale all’agenzia stampa Unian ha però ridimensionato l’accaduto: «Nell’attacco di ieri mattina lanciato dai russi contro il porto di Odessa non ci sono state vittime e non ci sono stati danni significativi alle infrastrutture portuali e ai magazzini del grano». Per il governo ucraino con l’attacco al porto di Odessa «la Russia ha sputato in faccia all’Onu e alla Turchia, e il governo di Mosca si dovrà assumere la piena responsabilità dell’eventuale fallimento dell’accordo sul grano»; mentre per l’ambasciatrice degli Stati Uniti in Ucraina, Bridget Brink: «È oltraggioso che la Russia colpisca la città portuale di Odessa meno di 24 ore dopo aver firmato un accordo per permettere il trasporto di esportazioni agricole e Mosca deve essere chiamata a rispondere di tale azione visto che il Cremlino continua a usare il cibo come arma». Il ministro della Difesa turco Hulusi Akar all’agenzia Anadolu ha dichiarato che Mosca ha negato ogni responsabilità per l’attacco: «I russi ci hanno detto che non avevano assolutamente nulla a che fare con questo attacco e che stavano esaminando la questione molto da vicino e in dettaglio». Ma che punto è il conflitto? Per il generale di corpo d’armata Maurizio Boni «è appena iniziata la terza fase della guerra, coincidente con il termine di una pausa operativa iniziata dopo la caduta di Lysychansk e imposta dai russi per riorganizzare le proprie forze. In realtà», prosegue, «la pausa ha interessato le sole forze di manovra dal momento che le artiglierie russe hanno continuato a colpire obiettivi lungo tutto il fronte orientale e nelle retrovie. La direttrice di attacco principale punta questa volta verso Sloviansk e Bakhmut». Quest’ultima città, per il militare, «è il punto nevralgico della linea difensiva Bakhmut-Siversk dove gli ucraini hanno rafforzato le difese, grazie all’accorciamento del fronte, e sostituito unità che avevano combattuto incessantemente sin dall’inizio dell’offensiva». Quindi da qui le forze di Kiev possono ulteriormente retrocedere sino a raggiungere l’area-fortezza di Sloviansk-Kramatorsk caduta la quale, si accede all’area Donetsk? «Ricongiungendosi con le forze provenienti da nord dal settore di Izium», continua Boni, «i russi hanno la possibilità di conseguire l’obiettivo della conquista del Donbass. Il compito è difficile poiché passare le due linee difensive sottoporrà le forze di manovra russe ad un ulteriore e significativo logoramento. Al momento, i russi stanno saggiando le nuove difese delle truppe di Kiev e completando lo schieramento del dispositivo d’attacco in corrispondenza del main effort, mentre nei settori di Kharkiv, a nord e di Kherson, a sud Mosca è sulla difensiva. I russi hanno ancora una superiorità schiacciante in termini di artiglierie e lanciarazzi che hanno determinato il successo delle precedenti operazioni nel Lugansk, ma sono a corto di fanteria. Devono inoltre gestire linee di rifornimento più lunghe e organizzare la logistica lontano dai nodi ferroviari che sono facile bersaglio dei lanciarazzi multipli che gli eserciti occidentali hanno fornito a Kiev. Nell’eventualità di un esito favorevole delle operazioni nel Donetsk, potrebbero svolgere il loro sguardo verso Kharkiv, dove gli ucraini sono arrivati sino a dieci chilometri dal confine russo, e Odessa, ma non contemporaneamente e non senza una lunga pausa operativa in grado di ricostituire forze di manovra dotate di una elevata capacità di combattimento che al momento gli invasori non possiedono. La guerra è ancora lunga».