2020-03-19
Giornata nera per i morti, ma il contagio cala
Con 475 vittime in 24 ore l'Italia stabilisce un triste record mondiale. Rallentano però i nuovi pazienti e i ricoveri, mentre salgono i guariti (1.084 in un giorno). Positivi i dati del Sud. Attilio Fontana: «Se i lombardi non stanno a casa useremo toni più aggressivi».Mentre l'Italia sta tirando su ospedali da campo e sta riorganizzando le strutture per fare spazio ai contagiati, il coronavirus sembra rallentare la sua avanzata, soprattutto al Sud: ieri i dati forniti dal capo della Protezione civile, Angelo Borrelli, erano stabili, alcuni anche in leggero calo. Sono 28.710 in Italia i positivi al Covid-19, con un incremento rispetto a martedì di 2.648 unità. Il numero complessivo dei contagiati, comprese le vittime e i guariti, ha raggiunto i 35.713 pazienti. Sono 1.084, invece, i guariti. «Un numero importante», sottolinea Borrelli, «con un incremento del 37 per cento rispetto a martedì, che ci fa pensare positivo». In totale il numero dei guariti ha raggiunto quota 4.025. Il dato negativo, invece, è legato alle vittime: i 475 decessi delle ultime 24 ore (che portano il triste bilancio a 2.978) sono un record mondiale. La Lombardia resta una delle regioni più colpite. Qui i morti sono 300 in più di ieri e arrivano a quota 1.959. Sono 17.713 i positivi, 1.493 in più. Ma il dato è in calo rispetto ai contagiati di martedì. I ricoverati sono 7.285, 924 in terapia intensiva. Anche in Lombardia quello dei decessi è il dato in maggiore crescita, mentre rallentano tutte le altre voci. La criticità resta legata al servizio sanitario. «Fra poco non saremo più nelle condizioni di dare una risposta a chi si ammala», ha dichiarato il presidente della Lombardia, Attilio Fontana, chiedendo a tutti di stare a casa. «Amici», ha detto il governatore, «lo sto dicendo in modo educato, ma fra un po' bisognerà cambiare il tono perché se non la capite con le buone bisogna essere più aggressivi anche nel farvela capire». E ancora: «Non vi stiamo chiedendo un sacrificio così, ma per salvare delle vite umane. Ogni uscita di casa è un rischio per voi e per gli altri». Sono parole drammatiche quelle che usa il governatore lombardo, che ha anche chiesto l'aiuto di medici in pensione: «Abbiamo bisogno di personale qualificato. Credo che chi abbia svolto un ruolo importante come quello di medico debba sentire il dovere e la necessità di mettersi nuovamente a disposizione». Ci sono aree della Lombardia in forte sofferenza: nella sola Bergamo i positivi sono 312 più di martedì. E il primo cittadino, Giorgio Gori, ieri ha fornito una nuova lettura dei dati: «Nei Comuni il numero di decessi è superiore a quelli che vengono registrati negli ospedali». Il dato statistico dei decessi nel mese di marzo è stato «superiore di quattro volte a quello dello stesso mese dello scorso anno». Il motivo? «La gente muore a casa e non viene registrata». Parole che ricalcano quanto è accaduto a Napoli, dove un uomo è rimasto in casa 24 ore con la sorella morta perché nessuno è riuscito a dirgli cosa fare. La provincia bergamasca ha anche gli ospedali intasati. Si è previsto il trasferimento di 15 pazienti positivi al Covid-19 al Winter garden hotel di Grassobbio per permettere loro di completare i 14 giorni di isolamento domiciliare, liberando posti in ospedale. E anche ieri si è cercato di trasferire pazienti verso gli ospedali di altre regioni: la centrale remota operazioni di soccorso sanitario ha smistato 55 pazienti dalle terapie intensive lombarde (18 affetti da coronavirus e 37 da altre patologie). I malati sono stati trasportati con ambulanze, elicotteri del 118 e mezzi aerei dell'Aeronautica militare. Undici ora sono in Piemonte, nove in Friuli, nove in Toscana, sei in Veneto, cinque in Abruzzo, quattro nel Lazio, quattro in Umbria, tre in Puglia, due in Molise e due in Sicilia. A Bergamo è quasi pronto anche un ospedale da campo. Già da oggi dovrebbero arrivare medici e infermieri dalla Cina. E si sta lavorando a una struttura messa a disposizione dall'Associazione nazionale alpini. Sarà operativo da venerdì, invece, l'ospedale da campo in allestimento nel parcheggio dell'ospedale di Cremona. Altre due strutture le stanno attivando le forze armate a Piacenza e a Crema. La Campania (dove ieri al Cardarelli si è innescata una polemica sui 249 dottori «malati immaginari», poi rivelatisi 33, secondo i dati della direzione) di ospedali da campo intende costruirne tre: l'importo di gara è di 15,5 milioni di euro. E da ieri è operativo il Covid hospital 3 di Casal Palocco a Roma, con i primi 12 posti disponibili. È il Sud ad alzare la media dei guariti e ad abbassare quella dei contagiati. «Le misure adottate sono finalizzate a non vedere conseguenze al Sud o, comunque, attenuate», ha spiegato il presidente dell'Istituto superiore di sanità, Silvio Brusaferro, «ma non illudiamoci». L'andamento delle curve epidemiche mostra casi confermati in crescita a livello nazionale. «Alcune Regioni del Nord sono maggiormente coinvolte nella circolazione locale, per numero di positivi e ricoverati, specie in terapia intensiva», ha detto Brusaferro, «nelle altre aree c'è una crescita, ma non così veloce. Solo se ci comportiamo come stabilito possiamo rallentare la curva». Il numero uno dell'Istituto si è detto preoccupato: «Sono impegnato a cercare di evitare che gli scenari oggi particolarmente critici al Nord si verifichino in altre aree del Paese». L'unico antidoto, secondo Brusaferro, resta l'isolamento: «Il comportamento, anche se siamo lontani dalla Lombardia, è determinante».
Il presidente di Generalfinance e docente di Corporate Finance alla Bocconi Maurizio Dallocchio e il vicedirettore de la Verità Giuliano Zulin
Dopo l’intervista di Maurizio Belpietro al ministro dell’Ambiente Gilberto Pichetto Fratin, Zulin ha chiamato sul palco Dallocchio per discutere di quante risorse servono per la transizione energetica e di come la finanza possa effettivamente sostenerla.
Il tema centrale, secondo Dallocchio, è la relazione tra rendimento e impegno ambientale. «Se un green bond ha un rendimento leggermente inferiore a un titolo normale, con un differenziale di circa 5 punti base, è insensato - ha osservato - chi vuole investire nell’ambiente deve essere disposto a un sacrificio più elevato, ma serve chiarezza su dove vengono investiti i soldi». Attualmente i green bond rappresentano circa il 25% delle emissioni, un livello ritenuto ragionevole, ma è necessario collegare in modo trasparente raccolta e utilizzo dei fondi, con progetti misurabili e verificabili.
Dallocchio ha sottolineato anche il ruolo dei regolamenti europei. «L’Europa regolamenta duramente, ma finisce per ridurre la possibilità di azione. La rigidità rischia di scoraggiare le imprese dal quotarsi in borsa, con conseguenze negative sugli investimenti green. Oggi il 70% dei cda delle banche è dedicato alla compliance e questo non va bene». Un altro nodo evidenziato riguarda la concentrazione dei mercati: gli emittenti privati si riducono, mentre grandi attori privati dominano la borsa, rendendo difficile per le imprese italiane ed europee accedere al capitale. Secondo Dallocchio, le aziende dovranno abituarsi a un mercato dove le banche offrono meno credito diretto e più strumenti di trading, seguendo il modello americano.
Infine, il confronto tra politica monetaria europea e americana ha messo in luce contraddizioni: «La Fed dice di non occuparsi di clima, la Bce lo inserisce nei suoi valori, ma non abbiamo visto un reale miglioramento della finanza green in Europa. La sensibilità verso gli investimenti sostenibili resta più personale che istituzionale». Il panel ha così evidenziato come la finanza sostenibile possa sostenere la transizione energetica solo se accompagnata da chiarezza, regole coerenti e attenzione al ritorno degli investimenti, evitando mode o vincoli eccessivi che rischiano di paralizzare il mercato.
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Intervistato da Maurizio Belpietro, direttore de La Verità, il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica Gilberto Pichetto Fratin non usa giri di parole: «Io non sono contro l’elettrico, sono convinto che il motore elettrico abbia un futuro enorme. Ma una cosa è credere in una tecnologia, un’altra è trasformarla in un’imposizione politica. Questo ha fatto l’Unione Europea con la scadenza del 2035». Secondo Pichetto Fratin, il vincolo fissato a Bruxelles non nasce da ragioni scientifiche: «È come se io oggi decidessi quale sarà la tecnologia del 2040. È un metodo sovietico, come le tavole di Leontief: la politica stabilisce dall’alto cosa succederà, ignorando il mercato e i progressi scientifici. Nessuno mi toglie dalla testa che Timmermans abbia imposto alle case automobilistiche europee – che all’epoca erano d’accordo – il vincolo del 2035. Ma oggi quelle stesse industrie si accorgono che non è più sostenibile».
Il motore elettrico: futuro sì, imposizioni no. Il ministro tiene a ribadire di non avere pregiudizi sulla tecnologia: «Il motore elettrico è il più semplice da costruire, ha sette-otto volte meno pezzi, si rompe raramente. Pensi al motore del frigorifero: quello di mia madre ha funzionato cinquant’anni senza mai guastarsi. È una tecnologia solida. Ma da questo a imporre a tutti gli europei di pagare la riconversione industriale delle case automobilistiche, ce ne corre». Colonnine e paradosso dell’uovo e della gallina. Belpietro chiede conto del tema infrastrutturale: perché le gare per le colonnine sono andate deserte? Pichetto Fratin replica: «Perché non c’è il mercato. Non ci sono abbastanza auto elettriche in circolazione, quindi nessuno vuole investire. È il classico paradosso: prima l’uovo o la gallina?». Il ministro racconta di aver tentato in tutti i modi: «Ho fatto bandi, ho ripetuto le gare, ho perfino chiesto a Rfi di partecipare. Alla fine ho dovuto riconvertire i 597 milioni di fondi europei destinati alle colonnine, dopo una lunga contrattazione con Bruxelles. Ma anche qui si vede l’assurdità: l’Unione Europea ci impone obiettivi, senza considerare che il mercato non risponde».
Prezzi eccessivi e mercato bloccato. Un altro nodo è il costo delle auto elettriche: «In Germania servono due o tre annualità di stipendio di un operaio per comprarne una. In Italia ce ne vogliono cinque. Non è un caso che fino a poco tempo fa fossero auto da direttori di giornale o grandi manager. Questo non è un mercato libero, è un’imposizione politica». L’errore: imporre il motore, non le emissioni. Per Pichetto Fratin, l’errore dell’Ue è stato vincolare la tecnologia, non il risultato: «Se l’obiettivo era emissione zero nel 2035, bastava dirlo. Ci sono già veicoli diesel a emissioni zero, ci sono biocarburanti, c’è il biometano. Ma Bruxelles ha deciso che l’unica via è l’elettrico. È qui l’errore: hanno trasformato una direttiva ambientale in un regalo alle case automobilistiche, scaricando il costo sugli europei».
Bruxelles e la vicepresidente Ribera. Belpietro ricorda le dichiarazioni della vicepresidente Teresa Ribera. Il ministro risponde: «La Ribera è una che ascolta, devo riconoscerlo. Ma resta molto ideologica. E la Commissione Europea è un rassemblement, non un vero governo: dentro c’è di tutto. In Spagna, per esempio, la Ribera è stata protagonista delle scelte che hanno portato al blackout, puntando solo sulle rinnovabili senza un mix energetico». La critica alla Germania. Il ministro non risparmia critiche alla Germania: «Prima chiudono le centrali nucleari, poi riaprono quelle a carbone, la fonte più inquinante. È pura ipocrisia. Noi in Italia abbiamo smesso col carbone, ma a Berlino per compiacere i Verdi hanno abbandonato il nucleare e sono tornati indietro di decenni».
Obiettivi 2040: «Irrealistici per l’Italia». Si arriva quindi alla trattativa sul nuovo target europeo: riduzione del 90% delle emissioni entro il 2040. Pichetto Fratin è netto: «È un obiettivo irraggiungibile per l’Italia. I Paesi del Nord hanno territori sterminati e pochi abitanti. Noi abbiamo centomila borghi, due catene montuose, il mare, la Pianura Padana che soffre già l’inquinamento. Imporre le stesse regole a tutti è sbagliato. L’Italia rischia di non farcela e di pagare un prezzo altissimo». Il ruolo del gas e le prospettive future. Il ministro difende il gas come energia di transizione: «È il combustibile fossile meno dannoso, e ci accompagnerà per decenni. Prima di poterlo sostituire servirà il nucleare di quarta generazione, o magari la fusione. Nel frattempo il gas resta la garanzia di stabilità energetica». Conclusione: pragmatismo contro ideologia. Nelle battute finali dell’intervista con Belpietro, Pichetto Fratin riassume la sua posizione: «Ridurre le emissioni è un obiettivo giusto. Ma un conto è farlo con scienza e tecnologia, un altro è imporre scadenze irrealistiche che distruggono l’economia reale. Qui non si tratta di ambiente: si tratta di ideologia. E i costi ricadono sempre sugli europei.»
Il ministro aggiunge: «Oggi produciamo in Italia circa 260 TWh. Il resto lo importiamo, soprattutto dalla Francia, poi da Montenegro e altri paesi. Se vogliamo davvero dare una risposta a questo fabbisogno crescente, non c’è alternativa: bisogna guardare al nucleare. Non quello di ieri, ma un nuovo nucleare. Io sono convinto che la strada siano i piccoli reattori modulari, anche se aspettiamo i fatti concreti. È lì che dobbiamo guardare». Pichetto Fratin chiarisce: «Il nucleare non è un’alternativa alle altre fonti: non sostituisce l’eolico, non sostituisce il fotovoltaico, né il geotermico. Ma è un tassello indispensabile in un mix equilibrato. Senza, non potremo mai reggere i consumi futuri». Gas liquido e rapporti con gli Stati Uniti. Il discorso scivola poi sul gas: «Abbiamo firmato un accordo standard con gli Stati Uniti per l’importazione di Gnl, ma oggi non abbiamo ancora i rigassificatori sufficienti per rispettarlo. Oggi la nostra capacità di importazione è di circa 28 miliardi di metri cubi l’anno, mentre l’impegno arriverebbe a 60. Negli Usa i liquefattori sono in costruzione: servirà almeno un anno o due. E, comunque, non è lo Stato a comprare: sono gli operatori, come Eni, che decidono in base al prezzo. Non è un obbligo politico, è mercato». Bollette e prezzi dell’energia. Sul tema bollette, il ministro precisa: «L’obiettivo è farle scendere, ma non esistono bacchette magiche. Non è che con un mio decreto domani la bolletta cala: questo accadeva solo in altri regimi. Noi stiamo lavorando per correggere il meccanismo che determina il prezzo dell’energia, perché ci sono anomalie evidenti. A breve uscirà un decreto con alcuni interventi puntuali. Ma la verità è che per avere bollette davvero più basse bisogna avere energia a un costo molto più basso. E i francesi, grazie al nucleare, ce l’hanno a prezzi molto inferiori ai nostri».
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Giancarlo Giorgetti (Ansa)
Giorgetti ha poi escluso la possibilità di una manovra correttiva: «Non c'è bisogno di correggere una rotta che già gli arbitri ci dicono essere quella rotta giusta» e sottolinea l'obiettivo di tutelare e andare incontro alle famiglie e ai lavoratori con uno sguardo alle famiglie numerose». Per quanto riguarda l'ipotesi di un intervento in manovra sulle banche ha detto: «Io penso che chiunque faccia l'amministratore pubblico debba valutare con attenzione ogni euro speso dalla pubblica amministrazione. Però queste sono valutazioni politiche, ribadisco che saranno fatte solo quando il quadro di priorità sarà definito e basta aspettare due settimane».
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