
La formazione, obbligatoria, veicola il verbo buonista: «Le Ong sono benefattrici». Intervenuta anche Carlotta Sami (Unhcr) per smontare la convinzione «frutto della propaganda politica» che i profughi rubino welfare agli italiani.«Non esiste un'emergenza immigrazione, non è vero che l'Italia è stata lasciata sola. Francia, Spagna e Germania fanno meglio di noi. E poi i migranti non solo non tolgono welfare agli italiani ma contribuiscono alla crescita del nostro Paese e portano valore all'Italia. E infine, ricordatevi che nel nostro Dna ci sono etnie diverse. Quindi smettiamola con questa campagna informativa sbagliata che alimenta l'odio». È questo il mantra che ultimamente sta rimbalzando nei corsi di formazione per giornalisti. La Federazione della stampa e l'Ordine dei giornalisti ultimamente si sono impadroniti del tema immigrazione. E fin qui nulla da eccepire, se non per il fatto che quelle che dovrebbero essere delle sessione formative (obbligatorie per legge) sono state trasformate in veri e propri canali di propaganda politica antigovernativa. I corsi si sono intensificati e tutti con lo stesso taglio, per far passare il messaggio unico: gli immigrati sono un fenomeno fifisiologico, marginale in Italia e che addirittura fa bene al Paese perché molti, soprattutto quelli che vengono dalla Libia, appartengono alla classe media, quindi non sono poveracci. Il tutto corredato da foto ad alto impatto emotivo con bambini dietro le sbarre nei centri di detenzione in Africa o ammassati sui barconi. Non una parola però su cosa accade agli stessi profughi quando arrivano in Italia, al malaffare che si cela dietro la gestione degli sbarchi, alla scarsa trasparenza di alcune Ong.Gli ultimi due incontri di formazione, uno sui «Dieci anni della Carta di Roma», il 25 giugno a Villa Borghese a Roma, e l'altro, ieri, dal titolo allusivo «Migranti, quello che l'informazione non dice», nella sede della Fnsi di Roma, si sono trasformati in una campagna pro immigrazione a tamburo battente. Schierati sul palco, davanti ad una platea annoiata e poi infastidita, i rappresentanti dell'Ordine, del sindacato nazionale e territoriale, di Ong, di organizzazioni per le migrazioni e, non potevano mancare, i giornalisti cosiddetti «amici». Messe all'indice invece le testate definite «non amiche degli immigrati» e indicate in modo colpevole tramite slide con titoli bollati di «razzismo» perché vengono utilizzati termini quali «clandestini», o «Rom» e espressioni tipo «ondate di arrivi» e «invasioni delle coste».Una titolazione che secondo i relatori dei corsi non fanno altro che «alimentare un clima di odio» o come ha detto Anna Meli dell'Associazione Carta di Roma «un'atmosfera ansiogena».È stato chiamato a intervenire, il presidente di Green Cross Italia, Elio Pacifico, per smontare l'espressione «aiutiamoli a casa loro» perché «crea un circuito perverso, pericoloso per le comunità italiane e diffonde rancore». Nella black list anche la definizione «taxi del mare» da evitare come la peste. Carlotta Sami, dell'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati, è stata chiamata per smontare la convinzione «frutto della propaganda politica» che gli immigrati rubino welfare agli italiani. «Niente di più sbagliato», arringa dal palco, e sottolinea che migliaia di rifugiati lavorano bene nel nostro Paese. A Flavio Di Giacomo, portavoce dell'Organizzazione internazionale per le migrazioni, il compito di costruire, dati alla mano, la tesi che l'immigrazione non è un'emergenza. Ecco quindi sciorinare numeri sul calo degli arrivi, sui maggiori ingressi in Francia, Spagna e Germania, dicendo che è una balla la solitudine italiana. «Gli immigrati contribuiscono in modo importante alla crescita del nostro Pil. Se li mandiamo via, la nostra economia si ferma» e poi: «Viviamo in un mondo di percezioni stravolte» afferma, mentre qualcuno in platea aggrotta perplesso le sopracciglia. A conclusione ribadisce che il numero dei morti in mare è aumentato a fronte dei minori ingressi e che «stiamo assistendo nell'ultimo anno a un declino del principio di solidarietà mentre le Ong sono considerate nemiche del popolo. Non è possibile che sia una colpa aiutare qualcuno in difficoltà». E se qualcuno timidamente dalla platea chiede conto della scarsa trasparenza di alcune Ong, il palco, quasi risentito, risponde brevemente che «non si può fare di tutta l'erba un fascio e che sono in corso inchieste». L'ultima pennellata dei vantaggi dell'accoglienza? Lo scrittore Valerio Calzolaio rilancia: «Sappiate che il barolo è fatto da macedoni, il parmigiano reggiano dai sikh. Cerchiamo di accogliere con un sorriso chi arriva». Flavio Di Giacomo, dell'Organizzazione per le migrazioni, è più esplicito: «Se non c'è chi raccoglie i pomodori, scordiamoci la pasta al pomodoro».
Nadia e Aimo Moroni
Prima puntata sulla vita di un gigante della cucina italiana, morto un mese fa a 91 anni. È da mamma Nunzia che apprende l’arte di riconoscere a occhio una gallina di qualità. Poi il lavoro a Milano, all’inizio come ambulante e successivamente come lavapiatti.
È mancato serenamente a 91 anni il mese scorso. Aimo Moroni si era ritirato oramai da un po’ di tempo dalla prima linea dei fornelli del locale da lui fondato nel 1962 con la sua Nadia, ovvero «Il luogo di Aimo e Nadia», ora affidato nelle salde mani della figlia Stefania e dei due bravi eredi Fabio Pisani e Alessandro Negrini, ma l’eredità che ha lasciato e la storia, per certi versi unica, del suo impegno e della passione dedicata a valorizzare la cucina italiana, i suoi prodotti e quel mondo di artigiani che, silenziosi, hanno sempre operato dietro le quinte, merita adeguato onore.
Franz Botrè (nel riquadro) e Francesco Florio
Il direttore di «Arbiter» Franz Botrè: «Il trofeo “Su misura” celebra la maestria artigiana e la bellezza del “fatto bene”. Il tema di quest’anno, Winter elegance, grazie alla partnership di Loro Piana porterà lo stile alle Olimpiadi».
C’è un’Italia che continua a credere nella bellezza del tempo speso bene, nel valore dei gesti sapienti e nella perfezione di un punto cucito a mano. È l’Italia della sartoria, un’eccellenza che Arbiter celebra da sempre come forma d’arte, cultura e stile di vita. In questo spirito nasce il «Su misura - Trofeo Arbiter», il premio ideato da Franz Botrè, direttore della storica rivista, giunto alla quinta edizione, vinta quest’anno da Francesco Florio della Sartoria Florio di Parigi mentre Hanna Bond, dell’atelier Norton & Sons di Londra, si è aggiudicata lo Spillo d’Oro, assegnato dagli studenti del Master in fashion & luxury management dell’università Bocconi. Un appuntamento, quello del trofeo, che riunisce i migliori maestri sarti italiani e internazionali, protagonisti di una competizione che è prima di tutto un omaggio al mestiere, alla passione e alla capacità di trasformare il tessuto in emozione. Il tema scelto per questa edizione, «Winter elegance», richiama l’eleganza invernale e rende tributo ai prossimi Giochi olimpici di Milano-Cortina 2026, unendo sport, stile e territorio in un’unica narrazione di eccellenza. A firmare la partnership, un nome che è sinonimo di qualità assoluta: Loro Piana, simbolo di lusso discreto e artigianalità senza tempo. Con Franz Botrè abbiamo parlato delle origini del premio, del significato profondo della sartoria su misura e di come, in un mondo dominato dalla velocità, l’abito del sarto resti l’emblema di un’eleganza autentica e duratura.
iStock
A rischiare di cadere nella trappola dei «nuovi» vizi anche i bambini di dieci anni.
Dopo quattro anni dalla precedente edizione, che si era tenuta in forma ridotta a causa della pandemia Covid, si è svolta a Roma la VII Conferenza nazionale sulle dipendenze, che ha visto la numerosa partecipazione dei soggetti, pubblici e privati del terzo settore, che operano nel campo non solo delle tossicodipendenze da stupefacenti, ma anche nel campo di quelle che potremmo definire le «nuove dipendenze»: da condotte e comportamenti, legate all’abuso di internet, con giochi online (gaming), gioco d’azzardo patologico (gambling), che richiedono un’attenzione speciale per i comportamenti a rischio dei giovani e giovanissimi (10/13 anni!). In ordine alla tossicodipendenza, il messaggio unanime degli operatori sul campo è stato molto chiaro e forte: non esistono droghe leggere!
Messi in campo dell’esecutivo 165 milioni nella lotta agli stupefacenti. Meloni: «È una sfida prioritaria e un lavoro di squadra». Tra le misure varate, pure la possibilità di destinare l’8 per mille alle attività di prevenzione e recupero dei tossicodipendenti.
Il governo raddoppia sforzi e risorse nella lotta contro le dipendenze. «Dal 2024 al 2025 l’investimento economico è raddoppiato, toccando quota 165 milioni di euro» ha spiegato il premier Giorgia Meloni in occasione dell’apertura dei lavori del VII Conferenza nazionale sulle dipendenze organizzata dal Dipartimento delle politiche contro la droga e le altre dipendenze. Alla presenza del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, a cui Meloni ha rivolto i suoi sentiti ringraziamenti, il premier ha spiegato che quella contro le dipendenze è una sfida che lo Stato italiano considera prioritaria». Lo dimostra il fatto che «in questi tre anni non ci siamo limitati a stanziare più risorse, ci siamo preoccupati di costruire un nuovo metodo di lavoro fondato sul confronto e sulla condivisione delle responsabilità. Lo abbiamo fatto perché siamo consapevoli che il lavoro riesce solo se è di squadra».





