«Dobbiamo cambiare le priorità, essere più rock». Nelle segrete stanze del Nazareno la segretaria Elly Schlein ha ribadito qualche giorno fa la necessità che il più importante partito della sinistra «torni a parlare al popolo». Tutti contenti, anche i reietti di Base riformista messi all’angolo. Tutti contenti perché la sterzata è effettivamente necessaria per non lasciare spazio a Giuseppe Conte e a quel Movimento 5 stelle nel quale l’ideologo dem Goffredo Bettini continua a vedere «l’eco di Pier Paolo Pasolini, di quei ragazzi di borgata assurti a simbolo della critica al consumismo della civiltà capitalistica».
Così, in un solo giorno, ecco due proposte decisive per concretizzare la sterzata in vista delle Europee: la campagna d’opinione per la cittadinanza immediata ai migranti e la richiesta di riforma costituzionale per cambiare nome alla Camera, «non più dei deputati ma delle deputate e dei deputati». Una svolta epocale che avvicina i grillini al 20% e farebbe la felicità anche di Rocco Casalino di ritorno dal five stars di Mykonos. Un bagno di realtà virtuale che va ad aggiungersi ai capisaldi della lotta politica della Kamala Harris di Lugano, imperniata fin qui su temi come il ritorno all’accoglienza diffusa, l’Italia a 30 all’ora, l’allarme fascismo su Marte, la lotta al patriarcato (tranne quello egiziano), l’alleanza di sistema con la famiglia Elkann per dismettere l’automotive italiano e la diffidenza nei confronti degli agricoltori al grido di «Meglio l’Europa potentona del podere operaio».
Della cittadinanza immediata ai migranti e della Camera declinata al femminile si avvertiva effettivamente l’urgenza. La prima è stata lanciata in un forum del quotidiano Avvenire guidato da Marco Girardo, il successore di quel Marco Tarquinio per il quale sarebbe in caldo un seggio da europarlamentare dem. Dal confronto fra il cardinale Augusto Paolo Lojudice (arcivescovo di Siena), Emiliano Manfredonia (presidente Acli), Matteo Biffoni (sindaco di Prato e responsabile Anci migranti), Jean-Renè Bilongo (responsabile politiche migratorie Cgil) e il professor Paolo Morozzo Della Rocca (consulente della Comunità Sant’Egidio) è emerso che «in Italia un milione di ragazzi stranieri vive nel limbo. È nato qui da genitori immigrati, è cresciuto e ha studiato nelle nostre scuole, eppure non ha ancora la cittadinanza italiana». Praticamente si torna allo ius soli, che va ad aggiungersi al nuovo ddl di Alessandro Zan proposto qualche giorno fa per far passare l’utero in affitto. Nel dibattito, Morozzo della Rocca distingue fra accoglienza buona e accoglienza cattiva. Assodato che la cattiva sarebbe quella del governo, «la buona arriva dalla legge di Sandra Zampa (piddina, ndr) che ha rappresentato un’ottima costruzione normativa. Poi abbiamo imboccato una direzione all’insegna del pessimismo». Il docente dell’Università per stranieri di Perugia sottolinea: «Se penso a tanti ex minori stranieri che poi ritrovo nei loro percorsi all’interno dei centri di rimpatrio, mi chiedo: perché sono finiti qui? Dove abbiamo sbagliato? Nel 90% dei casi, gli ospiti di queste strutture vengono dalle carceri. Sono storie di cattiva accoglienza, cui dobbiamo rimediare, perché la cattiva accoglienza porta poi alla devianza».
L’esempio positivo sarebbe quello della Francia, dove bastano cinque anni anche non continuativi per avere i requisiti di cittadinanza. Ma lo stesso Morozzo della Rocca è costretto ad ammettere che «Parigi ha fatto anche errori storici come la creazione di colossali ghetti». Tutto ciò senza indicare una soluzione che risolva il problema principale: il disinteresse per l’integrazione da parte di molti immigrati, che porta inevitabilmente al radicalismo religioso e alla costituzione di clan impermeabili dentro una società dalle regole non riconosciute. Anche la Germania ha abbassato a cinque anni il tempo per ottenere la cittadinanza rapida, ma nel contempo ha approvato una legge che facilita i respingimenti e le espulsioni di chi non ha diritto. Questo significa stare dentro la realtà.
Se il tema della cittadinanza è almeno «alto», quello della Camera al femminile è folcloristico. La proposta di legge è firmata da Gian Antonio Girelli e Sara Ferrari e va nella direzione delle ossessioni boldriniane, dallo schwa all’asterisco. Sembrava che il fremito woke al Nazareno si stesse attenuando, invece il rigurgito conferma che per il Pd la lotta di classe è ferma alla terza elementare. La risposta della maggioranza è di chiusura totale. Alessia Ambrosi (Fdi) commenta con un filo d’ironia: «Non c’è bisogno di queste puntualizzazioni per sentirsi accolte. Occupiamoci piuttosto che la Camera funzioni sempre meglio nell’interesse degli italiani».
Per fortuna è cominciato il Festival di Sanremo, tradizionalmente vicino alle pulsioni della sinistra di panna montata, indecisa fra Rosa Luxemburg e Rosa Chemical.







