2021-08-31
Il Gimbe di Cartabellotta dice di prendere soldi da tutti i produttoridei vaccini anti Covid
Nino Cartabellotta (Ansa)
Sul sito della fondazione di Cartabellotta, schieratissima sul fronte delle inoculazioni, Astrazeneca, Pfizer e Janssen sono citate nella pagina sulle fonti di finanziamento. La replica: «Nessun contributo: pagati per consulenze e corsi». Ma è giusto saperloA Nino Cartabellotta va riconosciuta l’onestà intellettuale in virtù della quale, ieri, s’è detto preoccupato per «il potenziale calo della copertura vaccinale» con il tempo. Una questione scottante, perché l’estensione a 12 mesi della validità del green pass contraddice i dati, raccolti in Israele, sull’affievolimento della protezione offerta dai farmaci anti Covid. D’altronde, lo stesso Cartabellotta sostiene apertamente che la proroga serve solo a «coprire il “buco temporale” aspettando il via libera alla terza dose da Ema o Aifa». Altro che «seguire la scienza»: siamo di fronte a compromessi e pasticci. Ciò premesso, ci domandiamo: come cambierebbe la percezione dei vaticini - di frequente sgangherati - dell’ascoltatissima e veneratissima fondazione Gimbe e del suo presidente, il gastroenterologo siciliano, ex tifoso del lockdown, se si desse adeguata evidenza ai loro partner? I media continuerebbero a presentarci quelle ricerche e quelle indicazioni di policy come oro colato, se la gente leggesse che Gimbe ha collaborato con i produttori dei vaccini anti Covid?Sul sito Internet dell’ente si può consultare la pagina «Fonti di finanziamento», aggiornata a ieri, 30 agosto 2021. Da lì si apprende un dettaglio curioso: la fondazione dichiara di aver «lavorato» con una serie di industrie del settore farmaceutico, tra le quali figurano Astrazeneca, Pfizer e Janssen (oltre ad altre aziende molto note, come GlaxoSmithKline, Abbott, 3M, Roche). Insomma, nella pagina Web della «creatura» di Cartabellotta si precisa che essa ha collaborato con gli scopritori degli immunizzanti ora somministrati in massa. A cosa si riferisca - se e a quali somme di denaro eventualmente percepite da Gimbe - questa formula del «lavoro con...», però, non è chiarissimo. Dall’ufficio stampa specificano che la fondazione «non riceve alcun finanziamento» (e allora perché intitolare la pagina «Fonti di finanziamento»?). Al massimo, come da elenchi visibili online, esiste una serie di «corrispettivi da parte di organizzazioni pubbliche e private per l’erogazione di servizi di formazione e advisorship», illustra ancora la comunicazione ricevuta dalla Verità.Attualmente è disponibile la lista degli anni 2018 e 2019, che indica per lo più gli importi necessari per l’iscrizione ai corsi di formazione. Nella pletora di Asl e atenei indicati, però, non figura nessuna delle ditte farmaceutiche menzionate più in basso nella pagina. Men che meno le tre inventrici dei vaccini contro il Sars-Cov-2. E allora? Gimbe ha effettivamente ricevuto denaro da Pfizer, Astrazeneca e Janssen? Se sì, quando? E quanto? E per quale motivo? Non si tratta di domande oziose, visto che uno dei vanti dell’ente di Cartabellotta è di essere «indipendente». Parafrasando un adagio che vale per la magistratura, si direbbe che non basta «essere indipendenti»; bisogna anche sembrarlo. Ma, soprattutto, per definirsi tali non è sufficiente evitare i contributi diretti, ricevendo invece pagamenti per servizi di consulenza o docenze. Dipende da quanto valgono queste prestazioni e da che rapporti s’instaurano con i propri clienti. In sé, non è strano che una fondazione che si occupa di medicina basata sulle evidenze lavori insieme a società che realizzano farmaci. Ma in che modo ciò possa influire sull’oggettività e l’attendibilità delle tesi con le quali quella fondazione affolla tv e giornali, be’, è un altro paio di maniche. Ieri, ad esempio, Cartabellotta - ripreso da vari quotidiani e agenzie - ha spiegato che l’ultima ondata di Covid è stata contenuta grazie ai vaccini. E ha accusato i sostenitori delle terapie domiciliari, da lui pervicacemente osteggiate, di voler affermare le proprie ragioni «con gli insulti e le manifestazioni di piazza», anziché «con adeguati studi clinici» (che forse esistono, sempre che a qualcuno interessi valutarli: citofonare professor Pietro Luigi Garavelli). Il punto non è se il dottore della Trinacria abbia ragione o torto. Il punto è come prenderebbe il pubblico le sue sortite, se i giornalisti lo informasse in primis sui rapporti tra la sua fondazione e i produttori dei vaccini, piuttosto che promuovere acriticamente certe idee. O Cartabellotta è il nuovo oracolo di Delfi? Come la medicina cara a Gimbe è basata sull’evidenza, così dovrebbero esserlo la stampa e il dibattito da essa innescato.Nel frattempo, peraltro, il governo italiano sembra aver recepito una delle geniali proposte del presidente della fondazione, da egli stesso lanciata durante una delle innumerevoli ospitate in tv (la trasmissione, in questo caso, era Porta a porta): rifilare i vaccini che non vogliamo più ai Paesi poveri. L’Italia, ironia della sorte, ha appena donato 812.000 dosi di Pfizer al Vietnam. Come siamo umani, noi.
Thierry Sabine (primo da sinistra) e la Yamaha Ténéré alla Dakar 1985. La sua moto sarà tra quelle esposte a Eicma 2025 (Getty Images)
La Dakar sbarca a Milano. L’edizione numero 82 dell’esposizione internazionale delle due ruote, in programma dal 6 al 9 novembre a Fiera Milano Rho, ospiterà la mostra «Desert Queens», un percorso espositivo interamente dedicato alle moto e alle persone che hanno scritto la storia della leggendaria competizione rallystica.
La mostra «Desert Queens» sarà un tributo agli oltre quarant’anni di storia della Dakar, che gli organizzatori racconteranno attraverso l’esposizione di più di trenta moto, ma anche con memorabilia, foto e video. Ospitato nell’area esterna MotoLive di Eicma, il progetto non si limiterà all’esposizione dei veicoli più iconici, ma offrirà al pubblico anche esperienze interattive, come l’incontro diretto con i piloti e gli approfondimenti divulgativi su navigazione, sicurezza e l’evoluzione dell’equipaggiamento tecnico.
«Dopo il successo della mostra celebrativa organizzata l’anno scorso per il 110° anniversario del nostro evento espositivo – ha dichiarato Paolo Magri, ad di Eicma – abbiamo deciso di rendere ricorrente la realizzazione di un contenuto tematico attrattivo. E questo fa parte di una prospettiva strategica che configura il pieno passaggio di Eicma da fiera a evento espositivo ricco anche di iniziative speciali e contenuti extra. La scelta è caduta in modo naturale sulla Dakar, una gara unica al mondo che fa battere ancora forte il cuore degli appassionati. Grazie alla preziosa collaborazione con Aso (Amaury Sport Organisation organizzatore della Dakar e partner ufficiale dell’iniziativa, ndr.) la mostra «Desert Queens» assume un valore ancora più importante e sono certo che sarà una proposta molto apprezzata dal nostro pubblico, oltre a costituire un’ulteriore occasione di visibilità e comunicazione per l’industria motociclistica».
«Eicma - spiega David Castera, direttore della Dakar - non è solo una fiera ma anche un palcoscenico leggendario, un moderno campo base dove si riuniscono coloro che vivono il motociclismo come un'avventura. Qui, la storia della Dakar prende davvero vita: dalle prime tracce lasciate sulla sabbia dai pionieri agli incredibili risultati di oggi. È una vetrina di passioni, un luogo dove questa storia risuona, ma anche un punto d'incontro dove è possibile dialogare con una comunità di appassionati che vivono la Dakar come un viaggio epico. È con questo spirito che abbiamo scelto di sostenere il progetto «Desert Queens» e di contribuire pienamente alla narrazione della mostra. Partecipiamo condividendo immagini, ricordi ricchi di emozioni e persino oggetti iconici, tra cui la moto di Thierry Sabine, l'uomo che ha osato lanciare la Parigi-Dakar non solo come una gara, ma come un'avventura umana alla scala del deserto».
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