2018-08-07
Governo all’assalto del pareggio di bilancio
La maggioranza punta a riportare fuori dalla Costituzione il vincolo simbolo dell'austerity. Per farlo dovrà creare un fronte pari ai due terzi del Parlamento. Strada in discesa con Fratelli d'Italia, più difficile convincere i forzisti a dare un dispiacere all'Europa.Cancellare dalla Costituzione il vincolo del pareggio di bilancio. Pochi osservatori lo hanno notato, ma è uno dei punti più dirompenti - soprattutto sul piano dell'immaginario collettivo - contenuti nel programma di governo gialloblù. Questo gesto, politico e simbolico, di fortissimo impatto comunicativo, potrebbe trasformarsi presto in una mossa strategica, in vista delle elezioni europee. Un modo per riaffermare con forza l'identità sovranista della maggioranza di governo su tutte le altre, marcando di nuovo una differenza netta all'interno del Parlamento. O di qua, o di là.Quella modifica costituzionale, quel vincolo di bilancio (pochi lo ricordano), fu approvata praticamente all'unanimità nel pieno della stagione rigorista. Era uno dei passi che contribuirono a costruire l'immagine del governo di Mario Monti in Italia e soprattutto in Europa: una delle tante bandiere agitate nel nome di un presunto europeismo attento ai bilanci. Sta di fatto che, per un paradosso altrettanto incredibile, l'Italia in quella stagione fu l'unico Paese a inserire una norma di questo tipo nella propria Carta. Per un secondo paradosso, ancora più curioso, il Pd (che all'epoca era il primo partito in Parlamento, e che rappresentava il primo gruppo di maggioranza), nel giorno in cui quell'articolo veniva cambiato, quel vincolo non lo ha mai rispettato. Ma l'ultima stranezza è che oggi, se fosse l'attuale governo a ottenere più flessibilità nella sua trattativa con l'Europa (magari anche in accordo con Bruxelles) chiunque potrebbe accusarlo di violare la Costituzione. Un patto politico sarebbe messo in discussione da un vincolo costituzionale, e qualsiasi legge di stabilità subirebbe la pressione dei mercati.Ecco perché la cancellazione di quella modifica costituzionale è un vecchio pallino di Claudio Borghi Aquilini, responsabile economico della Lega e presidente della commissione Bilancio della Camera dei deputati. Il dibattito su cosa fare se il vincolo di Bilancio è rimasto vivo come carbone sotto la cenere, durante tutti i primi sessanta giorni dal governo, trovando concordi sia gli uomini del Carroccio che quelli del M5s, che fecero campagna sui nomi dei parlamentari che lo avevano votato. Tuttavia, in queste ore, di questa modifica gli stessi sovranisti non parlano molto volentieri. Forse perché sono memori di quanto è avvenuto con la proposta del taglio del debito, stravolta e ridicolizzata, dopo le prime anticipazioni stampa. Ma, interrogato sul tema, Borghi non si sottrae, anzi: «Dal momento che la cancellazione del vincolo di pareggio di bilancio fa parte integrante, a tutti gli effetti, del nostro programma di governo, mi pare persino curioso», osserva il cervello economico della Lega, «che qualcuno si possa stupire della nostra volontà di mettere in pratica questo provvedimento». Già, ma quando potrebbe essere programmata la discussione parlamentare? Borghi risponde così: «Abbiamo appena iniziato a lavorare, un calendario preciso ancora non c'è».La mossa ha altri due effetti collaterali, diciamo così, positivi per la maggioranza. Il primo è sull'identità e sulle maggioranze politiche. Chi potrebbe opporsi in Parlamento - oggi - alla cancellazione di questo articolo? Se lo facessero tutti i partiti di opposizione, esclusi i parlamentari della maggioranza di governo, questo voto si caricherebbe di un immediato significato simbolico. È vero che se non raggiungessero la maggioranza dei due terzi Lega e 5 stelle dovrebbero sottoporre la modifica a un referendum popolare confermativo, esattamente come accade a Renzi per la riforma Boschi. Ma ai loro occhi, una campagna di questo tipo, sarebbe due volte sostenibile e vincente: in primo luogo perché sarebbe combattuta per ripristinare su questo tema l'articolo originale della Costituzione.E - in secondo luogo - perché il dibattito su questo tema trasformerebbe di fatto il referendum in un pronunciamento contro il rigore. Se Forza Italia, influenzato dalla linea europeista di Antonio Tajani arrivasse allo strappo con il partito di Salvini e con quello della Meloni, per la Lega diventerebbe un modo naturale per continuare l'opera di prosciugamento del bacino di consenso azzurro. Se invece Forza Italia decidesse di votare a favore, si salverebbe l'unità formale della maggioranza di centrodestra, con una rottura dell'«entente cordiale» nato nei confronti del Pd, ai tempi del caso Foa, per la presidenza della Rai. Fratelli d'Italia, date le sue posizioni in campo internazionale, e data la sua storica opposizione dal vincolo di bilancio ritornerebbe un alleato naturale, e uno dei principali sostenitori della campagna referendaria. Così, di fronte a questa mossa win win, il vero punto interrogativo diventa il timing di questa discussione. Avviare la procedura di revisione costituzionale alla riapertura della Camera, subito dopo la manovra di Bilancio, vorrebbe dire proiettare questo dibattito nel pieno della campagna per le elezioni europee. L'ultimo risultato che i sovranisti saluterebbero come un successo.
Jose Mourinho (Getty Images)