2019-04-17
Già donati 700 milioni. Ma il rogo è figlio dell’incuria di Stato
È partita la corsa ai contributi dei «paperoni» del lusso. L'onta della cattedrale confiscata e abbandonata però non si cancella.Una colletta «griffata». Ci voleva l'incendio di lunedì sera per costringere Emmanuel Macron a chiedere aiuto e i ricchi parigini a mettere mano al portafoglio. In effetti, da anni, il gioiello gotico con otto secoli di storia sulla struttura, simbolo non solo della Francia era senza manutenzione e aveva bisogno di interventi di restauro perché, come più volte denunciato dal rettore di Notre Dame, cadevano a pezzi chimere, altorilievi e pezzi di arcate.Colpa tutta riconducibile allo Stato e, secondo gli oppositori, a Macron, monsieur le president, già in caduta di consensi, che sarà sicuramente «lambito» dalle fiamme della cattedrale maronita. Un effetto, questo, della legge che nel 1905 ha confiscato i beni della Chiesa e quindi Notre Dame non appartiene più al Vaticano ma allo Stato francese che ha decisamente trascurato il suo patrimonio. Soltanto lo scorso anno la Sovrintendenza aveva finalmente destinato 2 milioni di euro al restauro della guglia, esattamente la metà di quanto lo Stato incassa ogni anno facendo pagare il biglietto ai turisti. Cifra irrisoria rispetto il restauro completo, valutato 150 milioni di euro dall'americano Andrew Tallon massimo esperto dell'edificio. «Ogni anno», spiegava il portavoce della cattedrale, André Finot, citato da Le Figaro, «raccogliamo circa 5 milioni di euro tra offerte e donazioni; da parte sua, lo Stato attribuisce 2 milioni di euro per la manutenzione. Bisogna cambiare paradigma». Infatti come raccontava ieri Michel Picaud, il presidente dell'associazione Friends of Notre Dame, incaricata dal mecenate per finanziare una parte dei lavori, «Ci siamo battuti per restaurare questa meraviglia e tutti i nostri sforzi sono stati spazzati via in qualche ora. Il programma era iniziato l'anno scorso e doveva durare una decina d'anni. Finanziati all'inizio dallo Stato francese per 150 milioni di euro, avevamo realizzato una sottoscrizione per 10 milioni di euro. Il mondo intero contribuisce per Notre Dame in particolare gli americani che danno praticamente quanto i francesi».Forse perché toccati nel vivo i grandi nomi del lusso hanno dato il via a una gara di solidarietà a colpi di milioni. La famiglia Pinault, a capo di Kering, il gigante del lusso che controlla tra gli altri Gucci e Balenciaga, ieri mattina ha annunciato la donazione di 100 milioni di euro. Poche ore dopo, l'altro big del lusso, Lvmh (Louis Vuitton Moet Hennessy) - a capo di marchi del calibro di Fendi, Bulgari, Christian Dior, Bulgari, Dkny, Ce'line, Guerlain, Givenchy, Kenzo, Loro Piana e Louis Vuitton - e la famiglia Arnault, quarto patrimonio mondiale, ha rilanciando raddoppiando: 200 milioni di euro. Sempre 200 milioni dalla famiglia Bettencourt-Meyers, erede del colosso L'Oreal, mentre il petroliere Total, attraverso l'ad, Patrick Pouyanné, ha promesso 100 milioni. Poi sono arrivati Capgemini Group, società attiva nella consulenza informatica, e il presidente del Parlamento europeo, Antonio Tajani, che ieri ha aggiunto una proposta: «Un deputato mi ha proposto di raccogliere del denaro oggi quindi metteremo fuori dalla plenaria una scatola per queste offerte». Contemporaneamente il presidente del Consiglio europeo, Donald Tusk, ha chiesto fondi agli Stati dell'Unione. In totale, si parla di oltre 700 milioni di euro già raccolti. La sindaca di Parigi, Anne Hidalgo, ha annunciato un contributo di 50 milioni di euro proponendo «di indire una conferenza internazionale di donatori con mecenati del mondo intero mentre Ile-de-France sbloccherà 10 milioni di aiuti per aiutare l'arcivescovo a realizzare i primi interventi» di ricostruzione.