2020-01-17
Germania verde a suon di soldi (pubblici)
Angela Merkel avvia il piano di riconversione delle centrali a carbone. Piccolo particolare: ai privati versa una pioggia di miliardi solo per chiudere gli impianti. E a Bruxelles nessuno eccepisce sugli aiuti di Stato. Solo noi, vedi con l'Ilva, ci facciamo fregare.La Germania si paga - letteralmente - la svolta verde. Il governo tedesco e i Lander hanno concordato un piano, volto ad eliminare gradualmente le centrali elettriche a carbone entro il 2038: un piano che prevede risarcimenti complessivi per circa 40 miliardi di euro. Ad annunciarlo è stato ieri il ministro dell'Economia tedesco, Peter Altmaier. Il progetto, che sarà adesso presentato in Parlamento e dovrebbe essere approvato nei prossimi mesi, prescrive una serie di tappe: le centrali energetiche a carbone più vecchie (quelle, cioè, maggiormente inquinanti) dovrebbero venire chiuse già entro la fine di quest'anno, mentre lo stop completo dovrebbe aver luogo entro il 2038 (con la possibilità tuttavia di conseguire il traguardo già nel 2035). La linea è stata tracciata dopo un lungo confronto tra il governo federale e i Lander, alcuni dei quali nutrivano un certo scetticismo nei confronti di questa svolta ambientalista: soprattutto nelle regioni dove si concentra la maggior parte delle centrali finite nel mirino. L'accordo delle ultime ore nasce quindi come una sorta di compromesso, dopo che - già un anno fa - la cancelliera tedesca, Angela Merkel, aveva presentato un progetto di addio al carbone. Non a caso, la compensazione prevista di 40 miliardi di euro riguarderà quei quattro Lander che ospitano miniere di lignite e centrali elettriche a carbone: Brandeburgo, Nord-Reno Vestfalia, Sassonia e Sassonia-Anhalt. «Sono stati negoziati difficili», ha dichiarato il ministro dell'Ambiente, Svenja Schulze, «ma potete vedere il risultato: siamo il primo Paese ad avere un accordo vincolante per uscire dal carbone e dal nucleare. E questo è un segnale importante a livello internazionale».Nello specifico, gran parte dei fondi sarà destinata a nuovi progetti infrastrutturali per le aree maggiormente dipendenti dal carbone, oltre che alla riqualificazione dei lavoratori per nuove attività in loco. Ma sono soprattutto previsti risarcimenti destinati alle aziende per la chiusura delle centrali: risarcimenti che ammontano a un totale di oltre 4 miliardi di euro: secondo Reuters, la compagnia Rwe dovrebbe ottenere almeno 2,6 miliardi di euro per lo smantellamento di due centrali a carbone (guarda caso ieri, quando è trapelata la notizia, le sue azioni hanno raggiunto il picco dal settembre del 2014). Tutto questo, mentre Mibrag si appresterebbe a ricevere oltre 1,7 miliardi di euro. Inoltre, si prevede che - dal 2023 - le imprese ad alta intensità energetica che competono a livello internazionale possano ricevere sussidi annuali per la compensazione dei costi, dovuti alla fine dell'utilizzo del carbone. Con questa mossa, Berlino guarda probabilmente in due direzioni. In primo luogo, c'è in ballo una questione di immagine, soprattutto oggi che l'ambientalismo sta diventando un tema sempre più centrale nelle agende politiche internazionali. In secondo luogo, non dobbiamo trascurare che - come notato ieri dalla Bbc - la Germania abbia oltre 250.000 lavoratori, impiegati nel settore delle energie rinnovabili, molto più che nel comparto carboniero. La questione pone tuttavia in evidenza un nodo di carattere europeo, che chiama in causa anche l'Italia e - nello specifico - lo spinosissimo dossier Ilva. Un dossier in cui - notoriamente - l'aspetto ambientale risulta inestricabilmente connesso a quello dei posti di lavoro. Sotto questo aspetto, soprattutto da quando è esplosa nei mesi scorsi la crisi con ArcelorMittal sul tema dello scudo penale, il dibattito politico italiano si è spesso concentrato sulla questione degli aiuti di Stato in materia di riconversione, con il fucile puntato della Ue pronto a sparare, tanto che si attende adesso l'applicazione del Green New Deal europeo. Green New Deal che, approvato nei giorni scorsi dall'Europarlamento, dovrebbe condurre a una maggiore flessibilità proprio in tema di aiuti pubblici. Non è tra l'altro passato troppo tempo, da quando è stato reso noto che il nuovo fondo europeo per la transizione a un'economia verde possa essere rivolto anche ai casi come l'Ilva. Insomma, l'Italia è rimasta troppo deferente nei confronti di Bruxelles. Da questo punto di vista, lo si è detto, Berlino ha invece agito in modo molto più incisivo, facendo quello che sa fare (giustamente) meglio, ovvero badare ai propri interessi industriali: probabilmente (anche) perché consapevole di una certa benevolenza - eufemismo, ovviamente - da parte di una Commissione europea a guida tedesca. Non sono infatti arrivati gli strali dal commissario alla Concorrenza, la solitamente occhiutissima nei nostri confronti Margrethe Vestager. Mentre qui si ricordano ancora le martellate sul sistema bancario, vedi alla voce Tercas.
Sehrii Kuznietsov (Getty Images)