2022-06-23
Giugno 1940: quando i francesi si trovarono in casa i «barbari pagani» tedeschi
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Francia, giugno 1940. Un soldato tedesco mostra la bandiera di guerra sottratta ad un reggimento francese (Getty Images)
L’invasione tedesca della Francia destò inquietudine e preoccupazione, ma anche una sincera curiosità culturale. Montherlant vi vide un trionfo dei vecchi dèi. E che scandalo per quei soldati sempre nudi…Alle 18.50 del 22 giugno 1940, i vertici delle forze armate della Germania nazionalsocialista e della Francia appena sconfitta firmano l’armistizio a Compiègne, cittadina situata nel dipartimento dell'Oise della regione dell'Alta Francia. La scelta della città non è casuale: Adolf Hitler infatti pretese che il luogo e persino il vagone ferroviario fossero esattamente gli stessi in cui, nel 1918, la Germania aveva firmato la resa. A tale scopo il vagone fu portato fuori dal museo dove era stato collocato e preparato per lo svolgimento delle nuove trattative. Hitler prese posto sulla stessa sedia sulla quale nel 1918 il maresciallo Ferdinand Foch ricevette i tedeschi sconfitti e, dopo la lettura del preambolo, lasciò la carrozza. Una delle grandi ferite storiche ancora sanguinanti nella memoria collettiva dei nazionalisti tedeschi veniva così (temporaneamente) sanata. Le truppe tedesche avevano già sfilato a Parigi sotto l’Arco di Trionfo, mentre il 18 giugno il Führer in persona aveva visitato la capitale francese.L’ingresso delle truppe tedesche a Parigi e l’invasione della Francia fu però anche un evento culturale (in senso lato). Se Martin Heidegger, nelle sue lezioni universitarie su Nietzsche, vi vedeva una sconfitta di Cartesio di fronte al messaggio di Zarathustra, anche nel Paese vinto non furono pochi a restare affascinati dalle truppe crociuncinate. Anche a sinistra del Reno esisteva infatti una nutrita compagine filo fascista. Ma in Francia c’erano più che semplici simpatizzanti del fascismo come ce n’erano in tutta Europa: c’era un’intellighenzia pronta a razionalizzare o a poetizzare la conquista, fatto più unico che raro. Un episodio tipico di questa infatuazione lo vediamo ne Il solstizio di giugno, libro di Henry de Montherlant (recentemente ripubblicato per i tipi di Passaggio al bosco), che già nel titolo fa riferimento proprio alla coincidenza temporale tra la firma dell’armistizio e l’antica festività pagana. Da Marsiglia, proprio in quelle settimane, Montherlant scriveva: «È passata una settimana e oggi è stato firmato l’armistizio. Il giorno del solstizio d’estate. La croce uncinata, che è la ruota solare, trionfa in una delle feste del sole. La sera sono stato a passeggiare lungo questa costa livida […]. A volte si slancia una piccola onda, come un cane che salta per afferrare una mosca. È il mare sopra il quale passò una voce che diceva: “Il grande Pan è morto”, traducete: “Hai vinto, o Galileo”. E sopra il quale, questa sera, sento passare un’altra voce: “Sei vinto, o Galileo” […]. A lungo avevo desiderato di vedere in faccia quell’esercito e di sapere qual era il suo comportamento; chi erano quegli uomini che “chiamano Dio il segreto dei boschi”; ai quali andava l’antica gloria di aver odiato il cristianesimo, e che ora avevano la missione di distruggere la morale borghese e la morale ecclesiastica, dalle rive dell’Atlantico fino ai confini della Russia». L’ingresso delle truppe tedesche è quindi visto come una epifania pagana, il trionfo di una visione del mondo, di una spiritualità post cristiana e post borghese, il trionfo del corpo sulla cultura. Ma non fu solo un miraggio di poeti estetizzanti. In un corposo saggio che fece rumore, qualche anno fa Patrick Buisson descrisse gli anni 1940-1945 come gli Années érotiques. Il confronto, anche estetico, tra l’esercito francese e quello tedesco fu impietoso. «Contrariamente alla Wehrmacht», scrive Buisson, quello francese «è un esercito di padri di famiglia – quasi quattro mobilitati su dieci lo erano già stati 20 anni prima -, un esercito a immagine di una pianta che abbia esaurito l’energia e le qualità del suo suolo». A questa armata stanca, vecchia, sfiduciata, si oppone plasticamente l’immagine dei soldati tedeschi: «In questa estate 1940, la Francia intera è trasformata in un immenso campo naturista. Nelle fattorie requisite per l’alloggiamento delle truppe, nelle città, i villaggi e i borghi in cui esse hanno stabilito i loro accampamenti, i francesi scoprono con stupore i costumi di questa strana popolazione, torso nudo, busto bronzeo, come dei campeggiatori felici della vita. Dalla mattina alla sera, i soldati tedeschi sono nudi. Nudi fino all’astrazione, nudi di una nudità elevata a principio stilistico». L’impatto culturale è tremendo: «Presso i giovani francesi, fra i quali non è ancora in uso di togliersi la maglia, di esibire ginocchia e polpacci sotto i calzoncini o di curare il proprio corpo altrimenti che come una compito da svolgere a riparo da sguardi indiscreti, si insinua l’impressione lancinante di essere relegati nelle tenebre di una umanità inferiore». Particolari che in Montherlant – che, ricordiamolo, era omosessuale, come altri nel circuito dei collaborazionisti francesi – dovettero avere un certo peso.