2024-01-16
La Germania è finita sotto il trattore
Olaf Scholz (Getty Images)
Gli agricoltori paralizzano Berlino nel giorno in cui il Pil crolla al limite della recessione (un guaio anche per noi) e Afd, la destra all’opposizione, diventa il primo partito nei sondaggi. Il risultato delle sconsiderate scelte Ue su Ucraina, ambiente e immigrazione.La Germania è il vero malato d’Europa, ha scritto mesi fa l’Economist, provocando la reazione stizzita del presidente della Bundesbank Joachim Nagel, il quale si è affrettato a dire che il modello tedesco non è in scadenza. Sarà, ma il consuntivo del 2023 sembra dar ragione al settimanale britannico. I dati diffusi ieri dall’istituto di statistica di Berlino, dimostrano infatti che l’economia di quella che un tempo era considerata la locomotiva della vecchia Europa è in recessione. Ufficialmente, il Pil si è assestato intorno allo 0,3%, ma al netto degli effetti di calendario, la crescita pur minima diventa lo 0,1%, ma con un meno davanti.Un dato che, se confrontato con l’anno precedente, quando la Germania registrò un aumento dell’1,8%, appare se non disastroso preoccupante, visto che la produzione industriale è sotto il livello pre Covid e si registra un boom di fallimenti. I guai di Berlino, tuttavia, non possono essere motivo di gioia per noi. È vero, per anni i tedeschi si sono atteggiati a primi della classe e dunque, a scorrere gli indici negativi della Germania, qualche sorrisino può scappare, soprattutto ricordando l’aria di superiorità con cui, anni fa, Angela Merkel, in compagnia di Nicolas Sarkozy, accolse una domanda riguardante il nostro Paese. Però non è il caso di stappare bottiglie di spumante, perché non abbiamo nulla da festeggiare, ma molto su cui riflettere. Già: se l’economia tedesca dopo anni di successi oggi è in frenata, oltre ad avere un impatto sul resto d’Europa, in quanto l’interscambio commerciale fra i Paesi Ue ha un peso rilevante, è motivo per ragionare sugli effetti che certe decisioni di Bruxelles hanno sull’economia dell’Unione. Sì, lasciamo perdere per un attimo che se l’industria automobilistica della Germania sbanda, anche le aziende italiane dell’indotto saranno costrette ad andare a zig zag e come loro pure quelle di altri comparti che riforniscono le fabbriche di Berlino con componenti e materie prime. E non prendiamo in considerazione altri effetti collaterali, per esempio il fatto che se l’inflazione a Berlino scende in fretta, come purtroppo non sta avvenendo, la Banca centrale europea non deciderà di abbassare i tassi d’interesse con una strategia differenziata. No. Continuando la politica per raffreddare la crescita dei prezzi, Christine Lagarde manterrà alti i tassi e noi - nonostante i rincari dei prodotti siano più contenuti rispetto allo scorso anno - saremo costretti a subire la politica della Bce. Vale a dire che continueremo a pagare un alto costo del denaro, ovvero mutui più cari, prezzi più elevati perché altrimenti le aziende si vedrebbero ridurre i margini e così via.Queste, come dicevamo, sono le ripercussioni di una situazione che si riflette sulla nostra economia e che non ci può dunque far sorridere delle disgrazie tedesche. Però, oltre agli effetti immediati, c’è qualche cosa di più complesso da valutare ed è il modello che la Germania, insieme alla Francia, hanno imposto all’Europa negli ultimi decenni, a cominciare dalla transizione verde per finire all’accoglienza indiscriminata, passando per l’appoggio incondizionato all’Ucraina. I problemi tedeschi nascono con il sostegno a Kiev, portato fino a estreme conseguenze di atti lesionistici come lo stop all’importazione del gas russo. Lungi dal mettere in ginocchio l’economia russa, il blocco deciso dai Paesi europei sta piegando l’industria del vecchio continente e in particolare quella di Berlino, che per anni ha potuto alimentarsi con un’energia a basso prezzo. Avendo sposato la causa americana (perché era ed è principalmente una causa dell’amministrazione Biden) della difesa dell’Ucraina a qualsiasi costo, oggi ci viene presentato il conto. Un prezzo salatissimo, soprattutto considerando che in contemporanea la Ue sta facendo uno sforzo enorme per combattere la propria industria ritenuta inquinante. Con il risultato che le aziende, schiacciate fra bollette record e cambiamenti imposti dal green deal, rischiano di saltare. Un segnale di quali danni possa fare il furore ecologista di Bruxelles è dato anche dalle manifestazioni dei contadini, che da giorni assediano la capitale tedesca con i loro trattori, per protestare contro il taglio dei sussidi per l’acquisto del gasolio da impiegare in agricoltura.C’è un ulteriore elemento che deve far riflettere. Per anni, con Angela Merkel, la Germania ha spalancato le porte all’immigrazione, alla ricerca di manodopera a basso prezzo per la propria industria. Oggi, con milioni di stranieri che hanno piantato le tende nel cuore dell’Europa, Afd, il partito che si oppone agli extracomunitari, viene segnalato dai sondaggisti come in testa alle rilevazioni, sopra i socialdemocratici e i cristianodemocratici. Con il 25 per cento, Alternative für Deutschland, ossia lo schieramento di estrema destra, alle prossime elezioni rischia di fare il pieno.Insomma, la Germania è il malato d’Europa, non soltanto perché in economia le cose vanno male, ma anche perché siamo di fronte al fallimento della politica dell’Unione negli ultimi trent’anni. Dalle regole folli dei parametri di bilancio, alle imposizioni altrettanto incredibili per la difesa dell’ambiente, per finire alla politica di accoglienza indiscriminata che ha portato il governo tedesco a sostenere le Ong. Una serie di scelte sbagliate che oggi i tedeschi rischiano di pagare a caro prezzo. E noi, purtroppo, con loro.
«Haunted Hotel» (Netflix)
Dal creatore di Rick & Morty arriva su Netflix Haunted Hotel, disponibile dal 19 settembre. La serie racconta le vicende della famiglia Freeling tra legami familiari, fantasmi e mostri, unendo commedia e horror in un’animazione pensata per adulti.