2025-05-11
Germania in retro sulle rinnovabili. Cresce l’allarme per il caro energia
Il ministro tedesco dell'Economia e dell'Energia Katherina Reiche (Ansa)
Il nuovo ministro dell’Economia tedesco sconfessa il green e annuncia l’installazione di 20.000 megawatt a gas. Presto tariffe ad hoc per l’industria. In Italia, la Marcegaglia denuncia l’aumento delle bollette.Ennesima giravolta in quel di Berlino: il nuovo ministro tedesco dell’Economia e dell’energia, la conservatrice cristiano-democratica (Cdu) Katherina Reiche, ha affermato che sulle fonti rinnovabili «i rischi e i costi sistemici sono stati sottostimati» e che «le sole fonti di energia rinnovabile non saranno in grado di fornire elettricità in modo affidabile e conveniente a una nazione industrializzata come la Germania». Affermazioni che suonano come una robusta sconfessione di quanto fatto sinora in termini di politiche green in Unione europea e in Germania in particolare.Il neo ministro, con un passato importante come manager di compagnie nel settore energetico, dunque certamente competente in materia (per una volta), è stata scelta da Friedrich Merz per un ruolo delicatissimo, che ha a che fare soprattutto con il rilancio dell’industria tedesca, dopo anni di governo semaforo (Verdi, socialisti dell’Spd e liberali del Fdp) che hanno condotto la Germania in recessione. La questione energetica è al primo punto del programma di lavoro del neo ministro che nel suo discorso inaugurale ha parlato della sua intenzione di fare un «controllo di realtà» rispetto alle politiche green attuate sinora dalla Germania.Secondo Reiche la Germania deve «trovare un nuovo accordo sui fondamentali» per gestire un mercato energetico più libero e raggiungere maggiore innovazione nel settore, con la sicurezza energetica come massima priorità. «Tutti i principali settori industriali stanno attraversando una trasformazione radicale», ha detto il ministro. «Il blackout nella penisola iberica ha mostrato quanto possa essere vulnerabile un sistema elettrico. Dobbiamo prepararci a ridurre al minimo rischi di questo tipo», ha poi affermato Reiche.Cosa significano in pratica queste parole? Intanto, un migliore coordinamento dello sviluppo delle fonti rinnovabili e di quello delle reti elettriche. Ad esempio, recentemente uno studio di Entso-e (organismo che riunisce i gestori delle reti elettriche europee) ha proposto di dividere la rete elettrica tedesca in cinque zone per affrontare le inefficienze del sistema, attualmente congestionato a causa di una capacità di rete interna insufficiente.Ma soprattutto le parole di Reiche significano che saranno avviate al più presto le procedure per l’installazione di nuovi 20.000 megawatt di capacità produttiva alimentata a gas naturale. Nel nome di un ritrovato pragmatismo, la Germania ora prende atto della instabilità generata nel sistema a causa dell’assalto delle fonti rinnovabili alla rete, senza che i criteri di sicurezza, robustezza e stabilità della rete siano stati adeguatamente considerati. Le centrali a gas serviranno a garantire più stabilità al sistema, secondo Reiche, che ha parlato anche di un nuovo approccio alla decarbonizzazione del settore del riscaldamento «con regole flessibili basate sulla riduzione di CO2 a lungo termine», l’introduzione di un prezzo dell’energia elettrica per l’industria e l’uso di centrali elettriche di riserva per stabilizzare i prezzi invece di garantire solo la stabilità della rete. Il primo riferimento è al sistema Ets2, previsto dal 2026 e che riguarderà le emissioni del riscaldamento civile. Il prezzo dell’energia esclusivo per le aziende rappresenta una assoluta novità ed è ancora da capire come sarà strutturato. Anche l’uso di impianti di riserva per fissare il prezzo dell’energia rappresenta, in apparenza, una novità sulla quale mancano dettagli.Il tema del costo dell’energia è un tema caldo pure in Italia. Ieri ne ha parlato anche Emma Marcegaglia: «È un problema di strategia nazionale: non si può far finta di non vedere che un gap del genere ammazza le imprese», ha detto l’ex presidente di Confindustria.Il ministro ha anche affermato che il suo approccio sarà «una politica che non si basa principalmente sulla regolamentazione, ma sull’attivazione e sul lasciare che gli operatori di mercato si assumano la responsabilità da soli». Il che rappresenta certamente una dichiarazione interessante, in linea di principio, considerati i guasti prodotti dalla soffocante e caotica regolamentazione europea. Proprio questo è il terreno su cui le nuove intenzioni tedesche saranno messe alla prova. All’atto pratico la Germania ha sempre imposto in Europa la politica delle regole, anche a costo di schiantarsi contro il muro della realtà. Il governo delle cose attraverso regole rigide è la cifra distintiva dell’Unione europea, contrapposta alla politica della logica, della discrezionalità, dell’opportunità e del buon senso.Vedremo come e in che misura Berlino riuscirà a riformare se stessa e a trasmettere l’annunciato pragmatismo a Bruxelles. «Siamo consapevoli che questo significa molto lavoro» a livello Ue, ha detto Reiche nel suo discorso. Ancora una volta, dunque, si prende atto che è l’agenda politica tedesca a dettare legge in EuropaPoliticamente, due sono i punti critici del nuovo corso del governo di Berlino. Da una parte vi sono le contraddizioni con cui si scontrerà da ora in avanti l’alleato di governo della Cdu, cioè l’Spd, che fino a ieri ha fatto parte di un governo in cui le politiche green erano glorificate. Dalla conferma della chiusura delle centrali nucleari a quella delle centrali a carbone, dal disastro sul gas dalla Russia alla fallimentare politica industriale, la Spd è tra i principali artefici della disfatta industriale tedesca. Ora, pur avendo perso nettamente le elezioni dello scorso febbraio, si trova di nuovo al governo, essendo altresì riuscita a strappare dicasteri importanti nel nuovo esecutivo.Dall’altra parte vi è la netta retromarcia del nuovo governo tedesco rispetto alle politiche della prima Commissione guidata da Ursula von der Leyen, costretta a più miti consigli dagli insuccessi dell’invasivo e controproducente Green deal.
Edoardo Raspelli (Getty Images)
Nel riquadro: Mauro Micillo, responsabile Divisione IMI Corporate & Investment Banking di Intesa Sanpaolo (Getty Images)
L'ex procuratore di Pavia Mario Venditti (Ansa)