2022-11-05
Berlino tratta da sola e strappa al Dragone il no all’arma nucleare
Olaf Scholz e Xi Jinping (Ansa)
Olaf Scholz vola a Pechino, chiede a Xi Jinping di fermare Mosca, resta ambiguo su Taiwan e parla di affari: snobbati gli Stati Uniti.Volodymyr Zelensky ringrazia: «Con i blindati libereremo l’Ucraina». Guido Crosetto: «Roma pronta all’invio». Asse russo-turco per regalare il grano all’Africa. Vladimir Putin arruola i carcerati.Lo speciale contiene due articoli.Mentre rafforzano le loro relazioni, Germania e Cina guardano anche alla crisi ucraina. Non a caso, il tema è emerso ieri, durante un incontro a Pechino tra Olaf Scholz e Xi Jinping. In particolare, il cancelliere tedesco ha esortato il presidente cinese a utilizzare «la sua influenza sulla Russia» per far concludere la «guerra di aggressione» contro l’Ucraina. «Questo riguarda la necessità di rispettare i principi della Carta dell’Onu che tutti abbiamo sottoscritto», ha proseguito Scholz. «Si tratta», ha aggiunto, «di principi come quello della sovranità e dell’integrità territoriale, importanti anche per la Cina». Il cancelliere ha inoltre affrontato la questione taiwanese, adottando una posizione fondamentalmente ambigua: da una parte, ha ribadito fedeltà al principio dell’«unica Cina»; dall’altra, ha affermato che «qualsiasi cambiamento dello status quo delle relazioni nello Stretto di Taiwan deve essere pacifico e consensuale». «Al momento, la situazione internazionale è complessa e mutevole», ha detto Xi al cancelliere, «in quanto potenze influenti, Cina e Germania dovrebbero lavorare insieme in tempi di cambiamento e caos per dare più contributi alla pace e allo sviluppo nel mondo». Il leader cinese ha poi sottolineato che «la Cina sostiene la Germania e l’Ue nello svolgere un ruolo importante nella promozione dei colloqui di pace e nella promozione della costruzione di un quadro di sicurezza europeo equilibrato, efficace e sostenibile». Secondo Xi, la comunità internazionale dovrebbe infine puntare a «creare le condizioni per la ripresa dei negoziati e opporsi congiuntamente all’uso o alla minaccia dell’uso di armi nucleari». Questa sponda tra il cancelliere tedesco e il presidente cinese è ricca di implicazioni dal punto di vista politico. Innanzitutto non si tratta di una novità. Già Angela Merkel (di cui Scholz è stato vicecancelliere dal marzo 2018) aveva fortemente avvicinato Berlino alla Repubblica popolare (si pensi soltanto al controverso accordo sugli investimenti che, proprio su input tedesco, venne siglato con Pechino dalla Commissione europea nel dicembre del 2020). Non è d’altronde un mistero che la Germania intrattenga stretti legami economici con il Dragone. È in tal senso che, in questo viaggio cinese, nella delegazione di Scholz sono stati inclusi alti dirigenti di alcune importanti aziende tedesche operanti nei più disparati settori: pensiamo solo a Bayer, Biontech, Merck, Adidas, Bmw, Volkswagen, Deutsche Bank e Siemens. Il viaggio del cancelliere viene quindi a inserirsi all’interno di questo quadro strutturale, che evidenzia un deciso consolidamento dei rapporti tra Berlino e la Repubblica popolare. In secondo luogo, è chiaro che, con questa visita a Xi, Scholz punta (almeno in parte) a sganciarsi dagli Stati Uniti per quanto riguarda la crisi ucraina. Non è un mistero che l’asse franco-tedesco non abbia mai digerito la linea severa, promossa nei mesi scorsi da Regno Unito e Polonia: una linea che, pur con qualche tentennamento e non sempre in modo lineare, è stata alla fine abbracciata anche dall’amministrazione Biden. Ebbene, il fatto che Scholz abbia dedicato grande attenzione al dossier ucraino nell’incontro con Xi evidenzia una sorta di presa di distanza dalla Casa bianca. Ricordiamo d’altronde che Pechino non ha mai condannato l’invasione russa dell’Ucraina e che, anzi, negli scorsi mesi ha spesso strizzato l’occhio al Cremlino. Il leader cinese ha d’altronde sempre visto nella crisi in corso un modo per scardinare l’ordine internazionale occidentale, rendendo al contempo la Russia sempre più subordinata allo stesso Dragone. Dall’altra parte, è pur vero che, a partire da settembre, qualcosa sembra essersi incrinato. Xi ha espresso preoccupazioni a Putin sull’andamento della guerra e si è mostrato relativamente freddo sull’annessione delle quattro regioni ucraine da parte della Federazione russa. Le sue stesse parole di ieri contro l’uso delle armi nucleari potrebbero essere lette come una sottile bacchettata al Cremlino. Ovviamente non è che Xi si sia improvvisamente convertito alla causa occidentale. È semmai più probabile che sia opportunisticamente impensierito dalle difficoltà che Mosca sta incontrando sul campo. Come che sia, il viaggio cinese di Scholz è uno schiaffo in piena regola a Joe Biden, inferto, tra l’altro, a pochi giorni dalle elezioni di midterm, in cui i democratici, secondo i sondaggi, rischiano una ben magra performance. A rendere più rilevante la questione sta il fatto che, come riferito da Abc News, l’attuale cancelliere tedesco è il primo leader europeo a visitare la Cina dall’inizio dell’invasione russa. Non dimentichiamo inoltre che Berlino e Pechino si stanno avvicinando in una fase in cui i rapporti tra gli Usa e la Repubblica popolare sono tesi su vari dossier: da Taiwan all’approvvigionamento di microchip, passando per la violazione dei diritti umani nello Xinjiang. Sotto sotto, Scholz approfitta della debole leadership di Biden, che finora non è stata realmente in grado di consolidare le relazioni transatlantiche. Dall’altra parte però la linea del cancelliere è azzardata. La Merkel rese la Germania e l’Ue troppo dipendenti da Putin (in barba agli avvertimenti di Donald Trump). Scholz rischia di fare altrettanto oggi con Xi. Il pericolo è quello di cadere dalla padella nella brace. <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/germania-cina-russia-affari-2658602239.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="usa-altri-400-milioni-di-aiuti-militari" data-post-id="2658602239" data-published-at="1667598132" data-use-pagination="False"> Usa, altri 400 milioni di aiuti militari Vladimir Putin ha firmato una legge che abolisce il divieto di arruolamento nell’esercito russo dei cittadini che hanno riportato «una condanna non cancellata o in sospeso» per reati considerati «gravi». Il divieto permane «per chi è stato condannato per abusi su minori e per altri reati». Il presidente russo ha anche parlato del conflitto: «Lo scontro con il regime neonazista emerso sul territorio dell’Ucraina era inevitabile, se a febbraio non fossero state intraprese azioni appropriate da parte nostra, sarebbe stato lo stesso, solo da una posizione peggiore per noi». In attesa che dalle carceri arrivino gli uomini al fronte, le forze russe stanno continuando a ritirare alcuni elementi dal Nordovest della Regione di Kherson, dove ieri gli occupanti hanno prima annunciato e poi smentito il coprifuoco. Importanti novità sono arrivate dall’Aie, l’Agenzia internazionale per l’energia atomica, che ha reso noto: «Gli ispettori nucleari non hanno trovato prove di attività nucleari non dichiarate in tre centrali in Ucraina». Sempre difficile la situazione a Kiev, dove da ieri mattina almeno 450.000 case sono senza corrente elettrica. I danni alle strutture che producono e distribuiscono energia sono dovuti alla recrudescenza degli attacchi dell’esercito invasore, che tra il 27 ottobre e il 3 novembre ha utilizzato 68 missili e 30 droni suicidi, secondo il vicecapo del Dipartimento delle operazioni principali dello Stato maggiore delle forze armate ucraine, Oleksii Hromov. Novità anche sul fronte del grano: il G7, dopo aver chiesto ancora una volta alla Russia di fermare immediatamente la sua guerra di aggressione contro l'Ucraina e di ritirare tutte le sue forze e l’equipaggiamento militare, ha anche esortato Mosca a prolungare l’accordo che consente il passaggio sicuro delle spedizioni di grano dall'Ucraina: lo ha detto un alto funzionario del Dipartimento di Stato americano al G7 Esteri in corso a Munster (Germania). «Tutti hanno concordato sulla necessità di prolungare l’iniziativa sui cereali del Mar Nero», ha affermato il funzionario. E di grano hanno parlato turchi e russi che hanno trovato un accordo per inviarlo gratuitamente ai Paesi che più ne hanno bisogno, in particolare l’Africa. Lo ha annunciato il presidente turco, Recep Tayyip Erdogan, all’agenzia Anadolu, affermando di aver parlato di questo direttamente con Putin: «Abbiamo trovato un consenso su come utilizzare maggiormente il corridoio nel mar Nerodove, dove passano le navi che trasportano grano». Una mossa che servirà anche ad aumentare l’influenza turca e russa in Africa. Mentre il G7 annuncia che aiuterà Kiev a riparare le infrastrutture, non si ferma l’invio di armi da parte degli Stati Uniti. Gli Usa manderanno infatti a Kiev altri 400 milioni di aiuti militari e creeranno un quartier generale in Germania per l’assistenza, la sicurezza e l’addestramento militare per l’Ucraina. Immediato il ringraziamento del presidente ucraino, Volodymyr Zelensky: «Sono grato al presidente Biden e ai cittadini americani. I veicoli blindati ci aiuteranno a liberare la terra ucraina», ha twittato. Sullo stesso tema è intervenuto, su Avvenire, il ministro della Difesa, Guido Crosetto: «In una fase così complessa la sola cosa che non possiamo fare è perdere il contatto con i nostri alleati internazionali, l’Ue e l’Alleanza atlantica e dunque c’è un solo modo di muoversi e di decidere: se non cambierà la situazione in Ucraina ci sarà un sesto decreto per un nuovo invio di aiuti militari». Il ministro della Difesa ha poi aggiunto: «Se devo fare una previsione sincera, dico che ci sarà. E sarà giusto e dovuto».
Il fiume Nilo Azzurro nei pressi della Grande Diga Etiope della Rinascita (GERD) a Guba, in Etiopia (Getty Images)
Ecco #EdicolaVerità, la rassegna stampa podcast del 12 settembre con Carlo Cambi
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Dopo l'apertura dei lavori affidata a Maurizio Belpietro, il clou del programma vedrà il direttore del quotidiano intervistare il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin, chiamato a chiarire quali regole l’Italia intende adottare per affrontare i prossimi anni, tra il ruolo degli idrocarburi, il contributo del nucleare e la sostenibilità economica degli obiettivi ambientali. A seguire, il presidente della Regione Lombardia, Attilio Fontana, offrirà la prospettiva di un territorio chiave per la competitività del Paese.
La transizione non è più un percorso scontato: l’impasse europea sull’obiettivo di riduzione del 90% delle emissioni al 2040, le divisioni tra i Paesi membri, i costi elevati per le imprese e i nuovi equilibri geopolitici stanno mettendo in discussione strategie che fino a poco tempo fa sembravano intoccabili. Domande cruciali come «quale energia useremo?», «chi sosterrà gli investimenti?» e «che ruolo avranno gas e nucleare?» saranno al centro del dibattito.
Dopo l’apertura istituzionale, spazio alle testimonianze di aziende e manager. Nicola Cecconato, presidente di Ascopiave, dialogherà con Belpietro sulle opportunità di sviluppo del settore energetico italiano. Seguiranno gli interventi di Maria Rosaria Guarniere (Terna), Maria Cristina Papetti (Enel) e Riccardo Toto (Renexia), che porteranno la loro esperienza su reti, rinnovabili e nuova «frontiera blu» dell’offshore.
Non mancheranno case history di realtà produttive che stanno affrontando la sfida sul campo: Nicola Perizzolo (Barilla), Leonardo Meoli (Generali) e Marzia Ravanelli (Bf spa) racconteranno come coniugare sostenibilità ambientale e competitività. Infine, Maurizio Dallocchio, presidente di Generalfinance e docente alla Bocconi, analizzerà il ruolo decisivo della finanza in un percorso che richiede investimenti globali stimati in oltre 1.700 miliardi di dollari l’anno.
Un confronto a più voci, dunque, per capire se la transizione energetica potrà davvero essere la leva per un futuro più sostenibile senza sacrificare crescita e lavoro.
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