2020-11-06
Gentiloni nasconde il trucco del prestito Ue
Il commissario europeo continua a tenere segreti i dati del maxi finanziamento Sure per incrementare la cassa integrazione e i fondi agli autonomi. «Non c'è alcun complotto»: ma non spiega a quanto ammonteranno i tassi di interesse da rimborsare.Crollano le stime di crescita dell'Italia per il 2020: tutta colpa del lockdown. E sugli aiuti c'è la minaccia dello stato di diritto.Lo speciale contiene due articoli.Cosa c'è di meglio, di fronte ad una domanda scomoda, che fare finta di non aver capito e rispondere fischi per fiaschi? Pare questa la strategia adottata ieri, a proposito del prestito del Sure, dal commissario europeo Paolo Gentiloni nel corso della conferenza stampa di presentazione delle stime autunnali della Commissione sull'economia europea.La domanda scomoda, che è stata formulata solo sulle colonne di questo giornale lo scorso 30 ottobre, è quella relativa al contratto di finanziamento per il prestito di 27,4 miliardi erogato dalla Commissione all'Italia a fronte di spese eccezionali sostenute per cassa integrazione ed altre indennità ai lavoratori autonomi (Sure, in sigla). Tale contratto non è pubblicamente accessibile e ne è stata negato l'accesso ad un parlamentare europeo che ha chiesto di visionarlo. Esso contiene tutti gli elementi essenziali (tasso di interesse in primis) per valutare la convenienza relativa di questo strumento per le nostre finanze pubbliche e avrebbe già dovuto essere pubblicato dal ministero dell'Economia o dalla Commissione, allo stesso modo in cui sono pubblici i rendimenti delle aste dei titoli di Stato. Invece nulla. Questo è un debito di cui non è dato (ancora) conoscere i costi.Il 3 novembre la nostra richiesta di trasparenza ha trovato eco nella interrogazione a risposta scritta presentata al ministro dell'Economia ed al Ministro degli affari europei, con primo firmatario il senatore della Lega Alberto Bagnai. Nel documento si chiede di sapere «se i Ministri in indirizzo siano in grado di spiegare i motivi della non immediata pubblicità del loan agreement […] e quali azioni intendano intraprendere al fine di renderlo pubblico». La risposta di Gentiloni è degna del teatro dell'assurdo: «Non c'è nessun complotto nell'accordo europeo sui fondi Sure il cui testo non è stato pubblicato». Allora, se non c'è alcun segreto, perché non lo pubblica? Non sappiamo chi abbia suggerito al commissario la parola «complotto», che è totalmente estranea al contenuto della nostra richiesta, effettivamente finalizzata a sapere perché quel contratto non sia pubblico, senza formulare accuse di alcun tipo. Il fatto che Gentiloni, non noi, avanzi la tesi del complotto appare una voce dal sen fuggita che, a questo punto, avvalora i peggiori sospetti. Allora c'è effettivamente qualcosa in quel contratto che è meglio non far conoscere ai cittadini italiani? E la Commissione ed il Mef quanto a lungo si trincereranno dietro le eccezioni al diritto di accesso previste dal Regolamento 1049/2001, molto simili a delle forche caudine manovrabili con eccessiva discrezione?«Credo che ci sia anche una richiesta formale avanzata dal Parlamento italiano e penso che le autorità italiane siano in contatto con la Commissione per verificare le modalità di risposta sul testo dell'accordo Sure. Io – ha continuato Gentiloni - avendone firmati 17, di accordi come questo, sono abbastanza tranquillo sul fatto che non ci sono complotti o segreti. Semmai possono esserci alcuni dati sensibili sul cui trattamento bisognerò fare verifiche nel dialogo tra autorità. Ma certamente non c'è nessun documento misterioso». Il commissario inanella una collana di frasi logicamente scollegate. Delle due, l'una: o un documento è segreto o è pubblico. E se è inizialmente segreto, tale resta fino alla sua pubblicazione. Spiace ribadire l'ovvio, ma pare che Gentiloni ne abbia bisogno. Tuttavia si lascia sfuggire il tema dei dati sensibili, rivelando un nervo scoperto. Infatti un contratto di finanziamento simile è previsto anche per i prestiti del Recovery fund, all'articolo 13 del Regolamento ancora oggetto di trattativa. E in quel documento saranno contenuti il meccanismo di determinazione del tasso di interesse, la scadenza media, le rate e, soprattutto, «gli altri elementi necessari per l'attuazione del prestito». Con esplicito riferimento a riforme aggiuntive richieste. Insomma le famose condizioni che serviranno a rafforzare il vincolo esterno sul nostro Paese. In base a tutto ciò, non possono esserci dati sensibili in quel contratto, ma solo dati essenziali per capire le obbligazioni assunte dal nostro Paese.Sul fronte della sostenibilità del debito italiano, Gentiloni fa strage, in un colpo solo, delle menzogne che durante l'autunno del 2018 ci costarono diverse decine di punti di spread, che arrivò a superare di poco 300 punti. Infatti, sembrava che qualche decimale di deficit/Pil in più per finanziare quota 100 ed il reddito di cittadinanza, a prescindere dal giudizio sulle due misure, fossero sufficienti a mettere in discussione la sostenibilità del nostro debito ed i mercati furono opportunamente aizzati da dichiarazioni incendiarie dei commissari Ue. All'epoca, la crescita era di poco superiore allo zero ed il debito/Pil si attestava intorno al 135%. Oggi il Pil 2020 è previsto in calo del 10% ed il debito/Pil viaggia verso il 160% e Gentiloni crede «che non ci sia oggi alcuna preoccupazione sulla sostenibilità. C'è la necessità, nel medio periodo, di mettere il debito in un percorso di sostenibilità e credo che questa preoccupazione sia pienamente condivisa dal governo italiano».Purtroppo la ferma sicurezza di Gentiloni nasconde un percorso di aggiustamento dei conti pubblici che non promette nulla di buono per il nostro Paese. Ai suoi occhi, ed a quelli della Commissione, la sostenibilità si ottiene solo con avanzi primari crescenti, già previsti dal 2023, che porteranno solo recessione. Il meccanismo già visto all'opera tra 2012 e 2014.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/gentiloni-nasconde-il-trucco-del-prestito-ue-2648637555.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="l-anno-meraviglioso-di-giuseppi-pil-a-99-andati-in-fumo-77-miliardi" data-post-id="2648637555" data-published-at="1604606230" data-use-pagination="False"> L'«anno meraviglioso» di Giuseppi: Pil a -9,9%. Andati in fumo 77 miliardi Capita pure a noi purtroppo di essere d'accordo con la Commissione Ue. E quasi mai è una buona notizia. La stima che abbiamo formulato lo scorso 31 ottobre sulla caduta del Pil nel 2020 (pari al -9,9% quale scenario intermedio fra un ottimistico -8,4% ed un più pessimistico -11,5%) è stato purtroppo confermato in pieno da Bruxelles. Soltanto Gualtieri insiste nel ritenere probabile lo scenario del -8% come ipotizzato nella sua personalissima Nadef. Ma ciò che ci aspetta non è purtroppo la luce in fondo al tunnel ma il traforo dopo aver toccato il fondo. La crescita sarà infatti del 4,1 per cento nel 2021 e del 2,8 nel 2022. Se volessimo nel 2021 tornare al già non esaltante livello di reddito pre Covid dovremmo crescere dell'11%. Ed invece riusciremmo a fare poco più della metà in appena due anni. Il fatto che la Spagna abbia fatto peggio di noi è una magra consolazione. Dal 2012 al 2016 la sua crescita media annua è stata infatti pari allo 0,8% contro un nostro -0,6%. Nell'ultimo triennio ha addirittura toccato un ragguardevole 2,5% contro il nostro 1%. E nel 2021 crescerebbe del 5,8%. Vale a dire il 25% del nostro prossimo anemico tasso di recupero. Cosa di cui pure Bruxelles è pienamente conscia dal momento che la Commissione ritiene «improbabile» - è un dolce eufemismo - che «la ripresa sia sufficiente affinché la produzione reale torni ai livelli pre-pandemici entro il 2022». E tutto questo è ovviamente soggetto ad una «elevata incertezza» con rischi «al ribasso legati alla pandemia». Anche qui perché dare la colpa al virus? Sarebbe un grosso passi in avanti dire le cose come stanno. Le misure di clausura economica sul quale non vi è un consenso all'interno del Paese sono la vera causa del disastro. Ed il costo del lockdown siamo peraltro in grado di stimarlo con ragionevole certezza confrontando il Pil del secondo trimestre 2020 (quello pienamente toccato dalle chiusure) contro l'omologo quarto del 2019. Una perdita di reddito pari a 77 miliardi. Nel frattempo, la risposta europea è forse ancora peggiore della qualità del recupero dell'economia dell'eurozona. Definita sia dalla Commissione Ue che dalla Bce «incompleta, incerta e diseguale». L'accordo preliminare faticosamente raggiunto tra la presidenza semestrale di turno del Consiglio Ue (appannaggio della tedesca Angela Merkel ed ormai in scadenza) con i negoziatori del Parlamento europeo dovrà infatti trovare l'approvazione di quest'ultimo in seduta plenaria e dei ventisette parlamenti nazionali. Cosa tutt'altro che scontata visto che si inizia a parlare di «stato di diritto». Quello che l'Ungheria ritiene un «ricatto inaccettabile». Così infatti Budapest bolla l'accordo preliminare raggiunto da Parlamento e Consiglio europeo sul meccanismo dello stato di diritto, legato al pacchetto economico che comprende il Bilancio europeo ed il Recovery fund. In altre parole, possibilità di sospendere l'erogazione dei sussidi (già molto spalmati nel tempo e quindi incapaci di alimentare una seria ripresa). Basterà che il Paese beneficiario sia ritenuto responsabile di violare lo «stato di diritto» della cui concezione l'Ue ha idee alquanto discutibili. Che vorrà dire? Se non approvi il Ddl Zan sull'odio alla cosiddetta omotransfobia niente soldi? L'«accordo provvisorio» prevede condizionalità. Basterà verificare il non rispetto dello «stato di diritto» e dei valori fondamentale dell'Ue, come la libertà, la democrazia, l'uguaglianza e il rispetto dei diritti umani, compresi i diritti delle minoranze. Il Ddl Zan appunto. La Commissione, dopo aver accertato l'esistenza di una violazione, proporrà di avviare il meccanismo di condizionalità nei confronti del governo in questione. Il Consiglio avrà quindi un mese per adottare le misure proposte (o tre mesi in casi eccezionali), a maggioranza qualificata. Un'ipotizzata riforma della giustizia verrà ritenuta da Bruxelles un attacco «all'indipendenza della magistratura»? Niente soldi. Ed i negoziatori hanno insistito sul fatto che la frode fiscale e l'evasione siano temi da sanzionare con lo stop all'erogazione dei fondi. In altre parole, volete i soldi? Scordatevi la pace fiscale ma solo tasse, tasse e ancora tasse.