2019-09-11
Schiaffo a Mattarella e Conte. L’Europa ci ha già incastrato
Paolo Gentiloni è un commissario all'Economia commissariato. Deleghe svuotate e il falco Valdis Dombrovskis sul collo. L'erede di Jean-Claude Juncker gli ordina: «Applica il patto di stabilità». Addio ai sogni di gloria del presidente della Repubblica.Il bis di Margrethe Vestager alla Concorrenza e di Michel Barnier alla Brexit irritano Donald Trump. Con Sylvie Goulard Parigi incassa l'aerospazio.Lo speciale contiene due articoli.Povero Paolo Gentiloni. Nemmeno il tempo di gioire per la nomina a commissario europeo per l'Economia che scopre di essere già commissariato. Per tutto il tempo della sua avventura a Bruxelles, infatti, l'ex premier dovrà muoversi sotto la supervisione del vicepresidente esecutivo Valdis Dombrovskis. «Dovranno collaborare moltissimo», ha specificato a margine dell'evento di presentazione della nuova squadra la presidente Ursula von der Leyen, facendo intendere che il guinzaglio al quale sarà legato Gentiloni minaccia di essere molto corto.Solo lunedì, nel discorso tenuto alla Camera, il premier Giuseppe Conte si era preoccupato di specificare che «è dentro il perimetro dell'Unione europea e non fuori da esso che si deve operare alla ricerca del benessere degli italiani». Ebbene, ieri la von der Leyen ha tracciato con precisione i confini del recinto entro il quale il nuovo esecutivo sta confinando l'Italia. La lettera di incarico parla chiaro: «Ti occuperai di far rispettare il Patto di stabilità». E subito la mente corre agli annunci dei giorni scorsi da parte di Conte e del presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Parlando lunedì a Montecitorio, il presidente del Consiglio aveva espresso la necessità di «migliorare il Patto di stabilità e di crescita e la sua applicazione, per semplificarne le regole, evitare effetti pro-ciclici, e sostenere gli investimenti». Nel corso del fine settimana appena trascorso, invece, il capo dello Stato nel messaggio inviato al Forum Ambrosetti di Cernobbio auspicava un «riesame delle regole del Patto», al fine di «contribuire a una nuova fase, rilanciando gli investimenti in infrastrutture, reti, innovazione, educazione e ricerca». Tra le consegne affidate a Gentiloni non si fa menzione degli annunci sbandierati da Palazzo Chigi e dal Colle, sintomo che la revisione delle norme non figura nemmeno lontanamente nell'agenda della Commissione. Se qualcuno avesse dubbi al riguardo, ci pensa Ursula von der Leyen in persona a dissipare ogni incertezza: «Intorno al Patto di stabilità c'è oggi un ampio consenso, le regole sono chiare, i limiti sono chiari, la flessibilità è chiara». Chissà se oggi Conte parlerà anche di questo nella sua visita a Bruxelles, durante la quale incontrerà la stessa von der Leyen, il presidente del Consiglio europeo Donald Tusk e il presidente dell'Europarlamento David Sassoli. Previsto invece nei prossimi giorni (il 18 settembre) un incontro con Emmanuel Macron.Sulla gestione dei nostri conti pubblici prevale intanto, in piena continuità con la precedente Commissione, la logica dei «pizzini»: «L'ultima parola non spetta a Gentiloni, tutte le decisioni saranno prese dal Collegio e le spiegheremo insieme». Ancora più chiaro il messaggio rivolto al ministro dell'Economia Roberto Gualtieri: «Conosce perfettamente il Patto di stabilità e sa esattamente quali sono le regole che abbiamo stabilito in Europa. Gualtieri sa cosa ci aspettiamo nella prossima legge di stabilità». A fare da contraltare ai paletti imposti al commissario italiano, i poteri pressoché illimitati attribuiti a Valdis Dombrovskis: l'ex premier lettone tiene l'importantissima delega alla Stabilità finanziaria, ai servizi finanziari e al mercato unico attribuitagli nel 2016 da Jean-Claude Juncker. Nel prossimo quinquennio si occuperà, tra l'altro, del rafforzamento dell'euro, del completamento dell'unione bancaria, delle criptovalute. L'azione di Gentiloni sarà arginata anche dalla presenza del commissario al Bilancio, carica affidata all'austriaco Johannes Hahn. Tra i compiti di quest'ultimo, supportare il presidente nella chiusura degli importantissimi negoziati del bilancio settennale 2021-2027. Hahn è compagno di partito dell'ex premier Sebastian Kurz, che proprio l'altro giorno ha criticato duramente la proposta di Sergio Mattarella di modificare le regole di bilancio. La strada per Gentiloni, dunque, si fa tutta in salita sin dall'inizio. Si mostra fortemente contrariato il Ppe che, per bocca del portavoce in commissione Affari economici e monetari Markus Feber, fa notare come «nel corso del suo mandato Paolo Gentiloni non sia riuscito a tirar fuori l'Italia dalla depressione», precedente che «non rende fiduciosi sul fatto che farà meglio in qualità di commissario all'Economia». Anche in questo caso, l'attacco alle velleità di Conte e Mattarella è feroce: «Sotto Juncker il Patto di stabilità ha perso credibilità, ora Gentiloni deve dimostrare tutta la sua determinazione quando si tratta di far rispettare le regole fiscali». L'avvertimento non è da sottovalutare, anche perché la parola passa ora alle commissioni competenti. La bocciatura è una possibilità remota, ma reale: ne sa qualcosa Rocco Buttiglione, la cui nomina fu respinta nel 2004 a causa delle contestate dichiarazioni sugli omosessuali. Una scenario da incubo sia per il Colle che per Palazzo Chigi.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/gentiloni-dimezzato-e-colle-scornato-bruxelles-ci-ha-gia-messi-allangolo-2640296554.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="la-von-der-leyen-tira-le-poltrone-ue-in-testa-agli-usa-e-macron-se-la-ride" data-post-id="2640296554" data-published-at="1762535984" data-use-pagination="False"> La Von der Leyen tira le poltrone Ue in testa agli Usa. E Macron se la ride L'asse franco-tedesco brinda per la composizione della nuova Commissione europea, ufficializzata ieri a mezzogiorno. Francia e Germania sono riuscite a mantenere di fatto il controllo delle poltrone maggiormente strategiche, confermando la loro posizione di forza in seno all'Unione europea. Un elemento che potrebbe creare qualche significativo attrito con gli Stati Uniti. Come è noto, Berlino ha ottenuto la presidenza della Commissione con Ursula von der Leyen, ribadendo così la propria centralità politica tra le alte sfere di Bruxelles. Fattore, quest'ultimo, che non deve essere stato troppo digerito dalla Casa Bianca. Non dimentichiamo del resto che Donald Trump sia da anni un feroce critico della Germania soprattutto sul fronte commerciale. E che, con l'avvicinarsi delle elezioni presidenziali americane, gli attriti tra Washington e Berlino potrebbero aumentare nei prossimi mesi. La presidenza non costituisce tuttavia l'unico aspetto problematico. Anche altre poltrone potrebbero infatti risultare indigeste dalle parti dello studio ovale. In primo luogo, troviamo la riconferma a commissario per la Concorrenza della danese Margrethe Vestager, che ha ottenuto anche la vicepresidenza con delega all'Industria digitale. Una nomina che, a prima vista, sembrerebbe rompere le uova nel paniere all'asse franco-tedesco, visto che - lo scorso febbraio - aveva bocciato la fusione tra la francese Alstom e la tedesca Siemens, suscitando malumori a Parigi e Berlino. Ciò detto, non bisogna tuttavia neppure dimenticare che, come capo dell'antitrust nella Commissione uscente, la Vestager abbia spesso adottato un approccio particolarmente duro verso i colossi del Web americani (si pensi solo alla multa da 4,3 miliardi di euro comminata a Google l'anno scorso). Un atteggiamento che ha prodotto due conseguenze. Da una parte, ha suscitato le vive proteste di Trump («costei odia gli Stati Uniti», ebbe a dire il presidente americano una volta). Dall'altra, ha indubbiamente fornito un assist a Emmanuel Macron, da sempre ostile ai colossi americani del digitale, con lo scopo di tutelare l'industria online francese (a partire dal motore di ricerca Qwant). Ma non è finita qui. Un altro elemento di attrito potrebbe sorgere dal fatto che, nella nuova Commissione, la francese Sylvie Goulard abbia ottenuto la direzione generale dell'industria della difesa e dell'aerospazio. Un punto problematico, visto che proprio Macron risulta da tempo tra i principali fautori di una difesa europea: una posizione che ha in passato determinato forti tensioni tra l'attuale presidente francese e Trump. Tensioni che adesso potrebbero riesplodere, visto che Parigi sembra avere tutta l'intenzione (forte dell'atomica) di procedere verso la creazione di un esercito europeo. Anche sul fronte della Brexit non ci sono notizie troppo incoraggianti per la Casa Bianca. Come commissario al Commercio è stato infatti scelto l'irlandese Phil Hogan, notoriamente ostile a un'uscita senza accordo del Regno Unito dall'Unione europea. Senza poi trascurare che il portafoglio al Mercato Interno sia andato proprio alla Goulard, da sempre molto critica della Brexit. Inoltre, la von der Leyen ha annunciato di pensare al rinnovo di Michel Barnier come negoziatore con Londra. Insomma, una linea nettamente contraria a quella del premier britannico, Boris Johnson, e dello stesso Trump il quale auspica una hard Brexit per poter negoziare così un trattato commerciale bilaterale tra Washington e Londra. Senza poi contare che, nell'ottica della Casa Bianca, quest'obiettivo sarebbe principalmente volto indebolire il potere della stessa Germania. La nuova Commissione sembra quindi del tutto intenzionata ad ostacolare la convergenza geopolitica e commerciale tra Trump e Johnson. Fibrillazioni si rischiano poi anche in materia di relazioni diplomatiche. A ricevere l'incarico di Alto rappresentante per la politica estera è infatti il socialista spagnolo, Josep Borrell: una figura non esattamente amichevole verso l'attuale inquilino della Casa Bianca. In passato, ha duramente criticato l'approccio di Trump al Venezuela, definendolo spregiativamente «politica del cowboy». Ha inoltre espresso posizioni di sostegno e forte vicinanza nei confronti dell'Iran: un altro elemento che certo non può far troppo piacere agli Stati Uniti. Se già con Federica Mogherini i rapporti diplomatici tra Bruxelles e Washington non potevano dirsi idilliaci, con Borrell la situazione potrebbe addirittura peggiorare. Anche perché, esattamente come Trump, pare abbia un carattere abbastanza irrequieto. Infine, anche con Paolo Gentiloni potrebbe sorgere qualche problema. Non solo per la sua strettissima vicinanza a Francia e Germania ma anche perché, quando era presidente del Consiglio in Italia, aveva manifestato un significativo apprezzamento verso il progetto cinese della Nuova Via della Seta. Un interessamento in ottica commerciale, che potrebbe non essere granché digerito da Trump, nel pieno della guerra tariffaria tra Washington e Pechino. Per trovare un profilo «amico» il presidente americano deve forse rivolgersi al nuovo commissario all'Allargamento, l'ungherese Laszlo Trocsanyi che, da ministro della Giustizia, ha appoggiato la stretta di Viktor Orban sull'immigrazione clandestina. Un profilo tuttavia probabilmente isolato nella nuova Commissione. La cui linea franco-tedesca si fa sempre più evidente.
Un appuntamento che, nelle parole del governatore, non è solo sportivo ma anche simbolico: «Come Lombardia abbiamo fortemente voluto le Olimpiadi – ha detto – perché rappresentano una vetrina mondiale straordinaria, capace di lasciare al territorio eredità fondamentali in termini di infrastrutture, servizi e impatto culturale».
Fontana ha voluto sottolineare come l’esperienza olimpica incarni a pieno il “modello Lombardia”, fondato sulla collaborazione tra pubblico e privato e sulla capacità di trasformare le idee in progetti concreti. «I Giochi – ha spiegato – sono un esempio di questo modello di sviluppo, che parte dall’ascolto dei territori e si traduce in risultati tangibili, grazie al pragmatismo che da sempre contraddistingue la nostra regione».
Investimenti e connessioni per i territori
Secondo il presidente, l’evento rappresenta un volano per rafforzare processi già in corso: «Le Olimpiadi invernali sono l’occasione per accelerare investimenti che migliorano le connessioni con le aree montane e l’area metropolitana milanese».
Fontana ha ricordato che l’80% delle opere è già avviato, e che Milano-Cortina 2026 «sarà un laboratorio di metodo per programmare, investire e amministrare», con l’obiettivo di «rispondere ai bisogni delle comunità» e garantire «risultati duraturi e non temporanei».
Un’occasione per il turismo e il Made in Italy
Ampio spazio anche al tema dell’attrattività turistica. L’appuntamento olimpico, ha spiegato Fontana, sarà «un’occasione per mostrare al mondo le bellezze della Lombardia». Le stime parlano di 3 milioni di pernottamenti aggiuntivi nei mesi di febbraio e marzo 2026, un incremento del 50% rispetto ai livelli registrati nel biennio 2024-2025. Crescerà anche la quota di turisti stranieri, che dovrebbe passare dal 60 al 75% del totale.
Per il governatore, si tratta di una «straordinaria opportunità per le eccellenze del Made in Italy lombardo, che potranno presentarsi sulla scena internazionale in una vetrina irripetibile».
Una Smart Land per i cittadini
Fontana ha infine richiamato il valore dell’eredità olimpica, destinata a superare l’evento sportivo: «Questo percorso valorizza il dialogo tra istituzioni e la governance condivisa tra pubblico e privato, tra montagna e metropoli. La Lombardia è una Smart Land, capace di unire visione strategica e prossimità alle persone».
E ha concluso con una promessa: «Andiamo avanti nella sfida di progettare, coordinare e realizzare, sempre pensando al bene dei cittadini lombardi».
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Francesco Zambon (Getty Images)
La deposizione in mare della corona nell'esatto luogo della tragedia del 9 novembre 1971 (Esercito Italiano)
Quarantasei giovani parà della «Folgore» inghiottiti dalle acque del mar Tirreno. E con loro sei aviatori della Royal Air Force, altrettanto giovani. La sciagura aerea del 9 novembre 1971 fece così impressione che il Corriere della Sera uscì il giorno successivo con un corsivo di Dino Buzzati. Il grande giornalista e scrittore vergò alcune frasi di estrema efficacia, sconvolto da quello che fino ad oggi risulta essere il più grave incidente aereo per le Forze Armate italiane. Alle sue parole incisive e commosse lasciamo l’introduzione alla storia di una catastrofe di oltre mezzo secolo fa.
(…) Forse perché la Patria è passata di moda, anzi dà quasi fastidio a sentirla nominare e si scrive con la iniziale minuscola? E così dà fastidio la difesa della medesima Patria e tutto ciò che vi appartiene, compresi i ragazzi che indossano l’uniforme militare? (…). Buzzati lamentava la scarsa commozione degli Italiani nei confronti della morte di giovani paracadutisti, paragonandola all’eco che ebbe una tragedia del 1947 avvenuta ad Albenga in cui 43 bambini di una colonia erano morti annegati. Forti le sue parole a chiusura del pezzo: (…) Ora se ne vanno, con i sei compagni stranieri. Guardateli, se ci riuscite. Personalmente mi fanno ancora più pietà dei leggendari piccoli di Albenga. Non si disperano, non singhiozzano, non maledicono. Spalla a spalla si allontanano. Diritti, pallidi sì ma senza un tremito, a testa alta, con quel passo lieve e fermissimo che nei tempi antichi si diceva appartenesse agli eroi e che oggi sembra completamente dimenticato (…)
Non li hanno dimenticati, a oltre mezzo secolo di distanza, gli uomini della Folgore di oggi, che hanno commemorato i caduti di quella che è nota come la «tragedia della Meloria» con una cerimonia che ha coinvolto, oltre alle autorità, anche i parenti delle vittime.
La commemorazione si è conclusa con la deposizione di una corona in mare, nel punto esatto del tragico impatto, effettuata a bordo di un battello in segno di eterno ricordo e di continuità tra passato e presente.
Nelle prime ore del 9 novembre 1971, i parà del 187° Reggimento Folgore si imbarcarono sui Lockheed C-130 della Raf per partecipare ad una missione di addestramento Nato, dove avrebbero dovuto effettuare un «lancio tattico» sulla Sardegna. La tragedia si consumò poco dopo il decollo dall’aeroporto militare di Pisa-San Giusto, da dove in sequenza si stavano alzando 10 velivoli denominati convenzionalmente «Gesso». Fu uno di essi, «Gesso 5» a lanciare l’allarme dopo avere visto una fiammata sulla superficie del mare. L’aereo che lo precedeva, «Gesso 4» non rispose alla chiamata radio poiché istanti prima aveva impattato sulle acque a poca distanza dalle Secche della Meloria, circa 6 km a Nordovest di Livorno. Le operazioni di recupero dei corpi furono difficili e lunghissime, durante le quali vi fu un’altra vittima, un esperto sabotatore subacqueo del «Col Moschin», deceduto durante le operazioni. Le cause della sciagura non furono mai esattamente definite, anche se le indagini furono molto approfondite e una nave pontone di recupero rimase sul posto fino al febbraio del 1972. Si ipotizzò che l’aereo avesse colpito con la coda la superficie del mare per un errore di quota che, per le caratteristiche dell’esercitazione, doveva rimanere inizialmente molto bassa.
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