2025-05-29
Quando Gentile si occupò di Marx, ricevendo i complimenti di Lenin
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Giovanni Gentile e la copertina del suo libro La filosofia di Marx
Sul finire dell’Ottocento, il filosofo siciliano, di cui oggi ricorrono i 150 anni dalla nascita, scrisse un breve e folgorante saggio sul pensatore tedesco. Attirando persino attenzioni «qualificate».Il 29 maggio 1875, ovvero 150 anni fa esatti, nasceva a Castelvetrano, in provincia di Trapani, Giovanni Gentile, di gran lunga il filosofo italiano moderno più influente, letto e discusso. Ma se la statura intellettuale del pensatore siciliano non è mai stata messa in discussione, nemmeno dai suoi nemici, il suo impegno politico nelle file del fascismo non cessa di generare aspri dibattiti. Pochi ricordano, tuttavia, che l’esordio filosofico di Gentile fu dedicato a Karl Marx. E che il suo testo piacque persino a Lenin.Il filosofo scrisse un primo saggio concernente il marxismo, Una critica del materialismo storico, edito nel 1897, e poi un secondo saggio intitolato La filosofia della prassi, che raccolse assieme al primo nel volume La filosofia di Marx nel 1899. Lavori pubblicati, è bene ricordarlo, quando il fondatore dell’attualismo aveva tra i 22 e i 24 anni, ma che, come detto, riuscirono a colpire persino l’agitatore comunista russo, secondo cui il giovane italiano aveva colto «alcuni aspetti importanti della dialettica materialistica di Marx, che di solito sfuggono all'attenzione dei kantiani, dei positivisti, ecc. ». Il giudizio, del quale Gentile si vanterà nell'Avvenenza del 1937, è del periodo in cui Lenin, alla vigilia della Prima guerra mondiale, scopre la Scienza della logica di Hegel e ne raccomanda lo studio per la giusta comprensione del Capitale di Marx, in polemica contro il kantismo. Gentile, insomma, si situa nel pieno di una rilettura in senso idealistico di Marx.Quando il pensatore siciliano inizia a occuparsi di Marx, in Italia infuria un dibattito di altissimo tenore e decisamente influente per il futuro della cultura nazionale: quello nato dalla rilettura filosofica del marxismo operata da Antonio Labriola, che rileggeva il pensiero del filosofo di Treviri come «filosofia della prassi». Benedetto Croce, che di Labriola era amico e persino finanziatore, negava invece con forza il carattere filosofico del pensiero di Marx, relegando l’idealismo a «precoltura» del giovane pensatore di Treviri. Il materialismo storico veniva invece «salvato», sì, ma solo come canone storiografico, come metodo che dava luogo a una «concezione realistica della storia». Gentile si inserì nel dibattito da un lato mettendo in guardia Croce da Labriola, dall’altro, tuttavia, portando egli stesso avanti le intuizioni di quest’ultimo, ma maggior rigore e radicalità.Dell’interpretazione di Croce, Gentile non condivideva né la liquidazione del materialismo storico a mero canone storiografico, né la distinzione fra socialismo e marxismo. Al contrario, il filosofo siciliano non aveva dubbi che il materialismo storico fosse una filosofia della storia e una filosofia della rivoluzione. È, questo, l'argomento del primo saggio. Che filosofia della storia è, il materialismo storico? Si tratta, sostanzialmente di una dialettica applicata non più all’idea, come in Hegel, bensì alla materia. Ovvero non all’assoluto, ma al relativo, secondo Gentile. Il quale, tuttavia, ritiene che non si possa cambiare il contenuto della forma dialettica senza pesanti conseguenze. E infatti la pretesa marxista di descrivere un movimento storico che è nelle cose stesse, necessario e immutabile perché determinato dalla struttura stessa del reale, viene da Gentile demolita pezzo per pezzo: «Certo è che nelle cose, nella storia, intesa come qual cosa di esterno e indipendente da noi, non c'è né significato, né legge; ma siamo sempre noi, che vediamo una storia con un significato, con una legge secondo la quale pensiamo che si muova; siamo sempre noi, insomma, che foggiamo la storia e la legge che la governa». La conclusione è che «il materialismo storico, se vuol essere più che una semplice veduta metodologica, utile allo storiografo, considerato dall'aspetto filosofico ci riesce uno de' più sciagurati deviamenti del pensiero hegeliano, in quanto riconduce ad una metafisica (scienza necessaria ed assoluta) del reale, inteso come oggetto alla maniera prekantiana; e, quel che è più, trascina alla concezione di una dialettica, determinabile a priori, del relativo».Il secondo saggio gentiliano si apre con le tesi di Marx su Feuerbach, che Gentile traduce e pubblica per la prima volta in Italia (si tratta di undici brevi considerazioni scritte da Marx nel 1845 a proposito dell’Essenza del cristianesimo, di Ludwig Feuerbach, in un piccolo quaderno scoperto dall’amico Engels dopo la sua morte). Gentile condivide a pieno la critica di Marx al materialismo dualistico che distingueva soggetto e oggetto. È vero che l’uomo è prodotto dal suo ambiente. Ma tale ambiente è a sua volta prodotto dal soggetto. La realtà non è un oggetto contrapposto al soggetto nella conoscenza, ma prassi, attività del soggetto, produzione soggettiva dell’uomo. La prassi è un pensare e produrre, conoscenza che va di pari passo con l'attività. Scrive Gentile: «Ora se questa prassi è conoscere e fare, gli oggetti di essa sono teorici e pratici, sono conoscenze e fatti; quindi anche circostanze, educazione, ambiente. Ma col conoscere, col progredire, col modificarsi dell’oggetto, cresce, progredisce, si modifica parallelamente anche il soggetto pel fatto stesso del crescere, progredire e modificarsi dell’oggetto. Quindi l’effetto reagisce sulla causa, e il loro rapporto si rovescia, l’effetto facendosi causa della causa, che diviene effetto pur rimanendo causa; e ha luogo insomma una sintesi della causa con l’effetto. La prassi, che aveva come principio il soggetto e termine l’oggetto, si rovescia, tornando dall’oggetto (principio) al soggetto (termine). E però Marx notava che il coincidere del variare delle circostanze e dell’attività umana può essere concepito soltanto come prassi che si rovescia (nur als umwälzende Praxis)».L’importanza del saggio gentiliano travalica la mera esegesi del pensiero di Marx. Augusto Del Noce, ne Il suicidio della rivoluzione, vi ha addirittura voluto vedere l’atto di nascita intellettuale del fascismo. Per l’autore cattolico, l’importanza dell’opera di Gentile «è eccezionale, perché con essa prende inizio una nuova figura della critica marxista, quella dell'inveramento: all'ortodossia - in cui, se pure con un accento particolare, rientrava lo stesso Labriola - e al revisionismo, che intendeva distinguere una parte sana - sociologica, storica o economica - del marxismo e salvarla connettendola con un'altra filosofia, si aggiungeva così un'altra posizione che portava l'attenzione sulla filosofia del giovane Marx per inverarla in una forma superiore, attraverso il passaggio dalla versione oggettivistica alla soggettivistica della filosofia della prassi».
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