2021-11-12
Spunta la legge sui cda che s’incunea nella lotta Caltagirone-Generali
Il ceo di Generali Philippe Donnet (Getty Images)
Il ddl sui board escluderebbe soggetti in carica da 6 anni: proprio il caso dell'ad Donnet.Le Generali hanno chiuso i conti dei 9 mesi con un balzo del 10% del risultato operativo di 4,4 miliardi, un aumento dei premi lordi che ammonta a 54,9 miliardi (+6,4%), sia nel Vita (+6,5%) sia nel Danni (+6,2%) mentre l'utile netto è in crescita del 74% a 2,25 miliardi. L'obiettivo del pagamento dei dividendi cumulati 2019-2021 tra 4,5 e 5 miliardi è stato raggiunto con l'erogazione della seconda tranche del dividendo 2019. La compagnia triestina ha ancora un miliardo in cassa per eventuali fusioni o acquisizioni e ha anche chiuso con successo l'Opa su Cattolica, raggiungendo una quota pari all'84,5% della società veronese, che verrà fusa nei prossimi mesi facendo diventare Generali il primo gruppo nel mercato Danni.Eppure, sul governo societario del Leone è in corso una battaglia silenziosa. Mediobanca, ora al 17,2%, tira dritto per confermare l'ad Philippe Donnet, anche se con il voto contrario del patto costituito da Leonardo Del Vecchio, Francesco Gaetano Caltagirone e Fondazione Crt. A metà dicembre, Donnet presenterà il nuovo piano industriale. Dopo di che, il patto dovrà dire se presenterà una sua lista per il rinnovo del board a primavera oppure no, insieme a un eventuale contropiano. Nel frattempo, però, nella partita si è inserito un nuovo giocatore: la politica. Ieri il quotidiano MF ha scritto che se le novità contenute nel disegno di legge sulle liste del board presentato dai senatori Luciano D'Alfonso (Pd), con cofirmatario tra gli altri da Emiliano Fenu (M5s) divenissero subito operative, Donnet non potrebbe più essere indicato dal consiglio come prossimo ad, così come pure l'attuale presidente, Gabriele Galateri di Genola non sarebbe più ripresentabile al vertice dalla lista del consiglio. Il ddl prevede in particolare che nella lista del cda non possano essere candidati soggetti in carica da sei o più anni (come appunto Donnet e Galateri) e che tutti i soci con più dello 0,5% che l'hanno votata siano considerati parti correlate. In pratica i grandi fondi potrebbero essere spinti a votare per le liste alternative al cda. A quanto pare, scrive Mf, si starebbe concretizzando l'ipotesi che il ddl, composto da un solo articolo, possa trasformarsi in un emendamento che potrebbe essere approvato prima dell'assemblea di aprile, entrando a gamba tesa nella contesa che in Generali vede contrapposta Mediobanca (a favore di una riconferma di Donnet e di una lista del consiglio) ai soci privati Del Vecchio-Caltagirone-Fondazione Crt. Intanto, sempre ieri, sulle pagine del Messaggero - quotidiano di Caltagirone - è comparsa un'intervista a Sestino Giacomoni, coordinatore dei coordinatori regionali di Forza Italia ma anche presidente della commissione di Vigilanza su Cassa depositi e prestiti ed ex private banker di Mediolanum. E cosa gli viene chiesto? Un giudizio sull'iniziativa del Parlamento di occuparsi dei meccanismi di nomina dei cda delle società, in particolare della cosiddetta lista del consiglio, che in Italia non sono regolati da una norma specifica. «L'istituto attualmente non risulta regolamentato, ma soltanto previsto negli statuti di talune società, ben vengano quindi iniziative atte a introdurre procedure di trasparenza, di contendibilità dei ruoli e di democrazia anche nell'economia di mercato e nelle società quotate in Borsa, anche in relazione ai meccanismi di nomina dei cda e della cosiddetta lista del consiglio che in Italia non trova basi giuridiche», risponde Giacomoni. Secondo cui addirittura evitare «l'inserimento di rappresentanti di società estere è un buon punto di partenza per migliorare la prassi vigente». In sostanza, invocando manager «meno referenziali», Giacomoni, ha lanciato un assist politico a Caltagirone. Sul suo stesso giornale.
Getty Images
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